Primarie Pd: gli umori della base
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Primarie Pd: gli umori della base

Ai gazebo senza grande entusiasmo

"Al popolo del Pd le primarie piacciono ancora, andranno a votare tutti. Forse con meno entusiasmo che in passato”.

Diligente ma disincantata. La base del partito, quella formata dagli iscritti (quasi dimezzati rispetto alle precedenti primarie del 2009) per la segreteria non diserterà i gazebo nemmeno questa volta.

Dopo aver partecipato a quella sorta di primo turno che è servito a ridurre da quattro a tre i candidati (è rimasto fuori Gianni Pittella che ha già dichiarato il suo sostegno a Matteo Renzi), domenica gli iscritti torneranno a votare, insieme a tutti gli altri, per il futuro segretario nazionale.

Nonostante ogni volta si parli di brogli, irregolarità, numeri truccati, sono ancora convinti della bontà di uno strumento che permette loro di scegliere, di avere voce, di portare il partito da una parte all'altra anche nel giro di pochi mesi.

Pensano, in larga maggioranza, che le primarie servano davvero a rinnovare la classe dirigente del partito e – lo si è visto con le parlamentarie dello scorso dicembre – anche del paese. Per questo non accetterebbero che si torni indietro su questa scelta.

Anche quando, come in questo caso, nessuno dei candidati riesca a convincere davvero fino in fondo. Gianni Cuperlo perché dà poche garanzie di vittoria come ipotetico candidato premier di una coalizione di centrosinistra; Matteo Renzi perché ancora considerato, almeno da una buona parte del partito, compresa quella che si è affrettata a saltare sul suo carro, un corpo estraneo alla sinistra; Pippo Civati perché troppo movimentista, al limite del grillismo.

Vincerà Renzi – profetizza il segretario di un circolo romano – ma anche tra chi lo voterà, escluso ovviamente lo zoccolo duro dei suoi sostenitori, c'è chi sa benissimo che non sarà il segretario giusto”.

Ecco perché, giorno dopo giorno, nonostante le riserve che buona parte del partito conserva su di lui, è Pippo Civati (che continua a dirsi convinto di vincere) a guadagnare terreno sugli altri due.

Su Cuperlo perché considerato “vecchio”, su Renzi perché “non più nuovo”.

A un anno dalla sfida con Pier Luigi Bersani, la verve comunicativa del sindaco rottamatore appare sterilizzata. Se fino a dodici mesi fa Renzi aveva solo da guadagnare e poteva permettersi di sparare contro tutto e tutti, oggi sa benissimo di aver quasi solo da perdere.

Lo scorso anno il 40% degli elettori lo scelse per la sua spinta innovatrice. Ma questa si è esaurita nel momento in cui sono iniziati a fioccare gli endorsment da parte di tanti fra quelli che il sindaco avrebbe voluto rottamare. Tra pochi giorni Renzi prenderà almeno il 20% in più, ma tra chi metterà una croce sul suo nome, non saranno in pochi a farlo controvoglia.

Anche i sostenitori di Cuperlo non si nascondono i limiti del proprio candidato. “Gianni Cuperlo è uno che sa parlare bene a suoi, a noi – ammette uno di loro – meno a tutti gli altri. Nel confronto televisiva su Sky è apparso abbastanza impacciato”.

Cuperlo eredita l'elettorato di Bersani, quello ancora sotto choc dai tempi della non vittoria del 24 febbraio, degli inutili tentativi di formare un governo con Grillo, dei 101 che impallinarono Prodi e della definitiva rinuncia dell'ex segretario.

Non è che noi cuperliani siamo proprio galvanizzati – dicono i suoi – lo sappiamo già come andrà a finire. Anche se a Roma, e in altre grandi città, vinceremo noi, dal 9 dicembre ci aspettiamo uno smottamento”.

A meno che Renzi, impegnato in una nuova campagna elettorale, questa volta da candidato premier, non abbia nemmeno il tempo di rivoluzionare il partito come ha promesso di fare e tutto rimanga più o meno come prima. Apparato compreso.

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Claudia Daconto