cospito carcere
(Ansa)
Politica

Dietro la visita dei 4 dem a Cospito i soliti vizi della sinistra sulla giustizia e sui diritti dei carcerati

Ai 4 deputati che sono andati nel carcere di Sassari a controllare le condizioni del leader anarchico «per ragioni umanitarie» una semplice domanda: fosse stato un terrorista di destra o un agente della Polizia Penitenziaria avreste fatto lo stesso?

Da 24 ore il mondo della politica è impegnato nel commentare le frasi di Donzelli alla Camera sul caso Cospito. Frasi che hanno rialzato il livello dello scontro con l’opposizione ed il volume delle polemiche. Un caos dentro il quale però si nasconde un dubbio, una domanda, a cui fatichiamo a trovare una risposta. O, meglio, una spiegazione.

Partiamo dalla notizia, e cioè che pochi giorni fa, nel pieno dell’esplosione delle violenze tra Italia ed Europa, quattro parlamentari del Partito Democratico, Debora Serracchiani, Walter Verini, Silvio Lai e l’ex ministro Andrea Orlando si sono recati nel carcere di Sassari per incontrare Alfredo Cospito.

«Siamo andati per ragioni umanitarie - è stata la spiegazione univoca dei 4 - siamo andati a verificare le sue condizioni di salute e che nel carcere di Sassari ci fossero le condizioni ed i mezzi necessari per la gestione medica del caso».

Preoccuparsi delle condizioni di un essere umano, fosse pure un detenuto, fosse pure una persona condannata per Strage e che ha fatto della lotta allo Stato la guida della propria vita, è umano, è giusto e comprensibile. E quindi non si può di certo condannare il gesto dei 4 parlamentari. Che però al di là del lato umanitario della visita racconta molto del pensiero e delle azioni di una certa parte della sinistra.

Andare a verificare infatti di persona delle condizioni di Cospito significa non fidarsi delle dichiarazioni e rassicurazioni che il Ministro della Giustizia Carlo Nordio ha fatto sulla questione: «La salute del detenuto è la priorità e faremo tutto il possibile per garantire le cure necessarie»; parole confermate dai fatti di tutti questi giorni, ultimo il trasferimento nel carcere di Opera cioè quanto di meglio il nostro sistema carcerario possa offrire dal punto di vista sanitario. A quanto pare però ai 4 nobili deputati del Pd le parole non bastavano e così sono andati a «toccare con mano» come stessero le cose.

C’è poi un altro discorso, più generale, più ampio. Da anni il nostro sistema carcerario ha mostrato tutti i propri limiti e le proprie debolezze. Da anni in molti istituti si vive in condizioni complicate, difficili, per i detenuti come per le migliaia di uomini e donne della Polizia Penitenziaria. Da anni il numero dei suicidi è in crescita e segna il disagio profondo che si vive ogni giorno nelle nostre carceri. Eppure, dai 4 non ricordiamo in questi anni parole di sostegno alle persone in divisa, piuttosto di sostegno ai carcerati. In una visita al penitenziario di Trieste pochi mesi fa ad esempio la Serracchiani riferendosi all’alto numero di persone in carcere per reati connessi agli stupefacenti, spiegava che “Il carcere non può essere la risposta a tanti tipi di disagio bensì ma l’extrema ratio”.

Verrebbe da chiedersi come mai, in tutti gli anni in cui il Pd è stato al governo negli ultimi decenni, non si sia mai fatto nulla di concreto sul tema ma ci si sia fermati alle parole. Soprattutto resta, forte, la sensazione è che la priorità per la sinistra sia sempre il carcerato, chi ha sbagliato, e non chi è nel giusto.

E siamo sicuri che se a fare il digiuno e a rischiare la vita in galera fosse stato un detenuto di destra, e non un anarchico, i 4 sarebbero rimasti comodamente a casa a fare altro.

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Andrea Soglio