Meloni parte prudente. Ma i guai dell'economia vanno anticipati
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Politica

Meloni parte prudente. Ma i guai dell'economia vanno anticipati

Il governo sarà chiamato sia a uno sforzo legislativo che all’apertura di una negoziazione con l’Unione europea. La prudenza è opportuna, ma la politica pura reclama dei segnali e l’economia richiede l’anticipazione dei problemi. Gestire soltanto l’emergenza rischia di non bastare sia sul piano politico che economico.

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La prudenza in politica è importante. Serve per innestarsi al potere, soprattutto quando si entra in un ciclo politico diverso. La strategia prudente è quella scelta dal governo di Giorgia Meloniper la nuova legge di bilancio. Mercati e Unione europea chiedono affidabilità, il nuovo esecutivo italiano sembra intenzionato a fornirla. La legge di bilancio conterrà il deficit, senza la pretesa di realizzare tutto e subito. La priorità resta l’energia, con 30 miliardi di sgravi totali, ed è logico e comprensibile poiché c’è una emergenza da fronteggiare, un sistema industriale da salvare. Gli altri Paesi europei hanno investito quanto o più di noi per calmierare i prezzi. Mossa inevitabile per arrivare almeno a marzo 2023 senza catastrofi, dato che in sede europea non si trova un accordo sostanziale. Ben venga la priorità, ma non va dimenticato che esiste anche un programma di governo, e con una legge di bilancio stretta tra inflazione energetica e austerity sembra difficile che il governo inizi a realizzare qualcosa. Qui il pensiero va alla riforma fiscale, all’attuazione del Pnrr e al lavoro.

Non c’è soltanto la necessità di rottamare le cartelle del periodo pandemico, ma anche quello di soddisfare la promessa di ossigeno ai piccoli produttori. Un rialzo del forfettario per le partita Iva è un segnale che, pur minimo, andrebbe dato al blocco elettorale più leale al centrodestra. Lo stesso dicasi per il lavoro in uno scenario economico complesso: il reddito di cittadinanza andrebbe tagliato e riformato, servirebbe un alleggerimento fiscale del costo del lavoro, forme contrattuali flessibili per fronteggiare la crisi. Tutto questo si può finanziare non soltanto col deficit, ma anche ricorrendo alla revisione della spesa pubblica. Eliminare bonus e sussidi ad hoc dei governi di sinistra non è soltanto possibile, ma giusto. Veniamo al Pnrr. È opinione comune dei sindaci che con le regole attuali per la spesa e gli appalti i tempi del programma europeo sono impossibili da rispettare. Servono regole differenti, simili a quelle delle emergenze (terremoto, ponte Morandi) o delle grandi opere, anche per le ristrutturazioni e le piccole opere. Inoltre, il Pnrr va ridotto nelle ambizioni poiché con costi delle materie industriali cresciuti del 30-40% non è sostenibile la realizzazione dell’intero programma. Meglio fare di meno e meglio che iniziare lavori poi destinati a restare incompleti. Su questo il governo sarà chiamato sia a uno sforzo legislativo che all’apertura di una negoziazione con l’Unione europea. In conclusione, la prudenza è opportuna, ma la politica pura reclama dei segnali e l’economia richiede l’anticipazione dei problemi. Gestire soltanto l’emergenza rischia di non bastare sia sul piano politico che economico.

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Lorenzo Castellani