La battaglia della Cgil contro il contratto dei rider
Rider a Milano (Pier Marco Tacca/Getty Images)
Politica

La battaglia della Cgil contro il contratto dei rider

Da una parte una sigla sindacale, la Ugl, che per la prima volta raggiunge un accordo storico per i rider garantendo loro tutele e una paga minima oraria. Dall'altra parte la Cgil che si scaglia con forza contro il patto. In mezzo, il ministero del Lavoro che pende verso il sindacato di sinistra.

Ripercorriamo i punti di questa vicenda. Dopo un lungo tira e molla, lo scorso 15 settembre Assodelivery, l'associazione che rappresenta l'industria italiana delle consegne cui aderiscono Deliveroo, Glovo, Just eat, Social food e Uber eats, ha siglato un contratto collettivo di lavoro con il sindacato Ugl. È un'intesa che, per la prima volta in Italia (e in Europa), tutela i rider che operano come lavoratori autonomi nell'industria italiana del «food delivery».

La decisione, tuttavia, non piace ai sindacati confederali e Maurizio Landini della Cgil tuona: «È un accordo firmato da soggetti che non rappresentano nulla, e fatto sulla pelle delle persone. Dev'essere chiaro che non lo permetteremo: il governo deve intervenire per dichiararlo illegittimo».

A dire il vero, il contratto, celebrato anche da testate internazionali come El Mundo spagnolo, è tutt'altro che un pessimo affare. Il testo prevede infatti una serie di vantaggi per i ciclofattorini. Pur rimanendo lavoratori autonomi a tutti gli effetti, viene stabilito per loto un compenso minimo di 10 euro lordi per ogni ora lavorata. In caso di lavoro notturno, festività e maltempo, l'intesa tra Ugl e Assodelivery prevede indennità integrative crescenti. Non solo. Nei primi quattro mesi dall'apertura del servizio in una nuova città, ai rider viene garantito un incentivo di 7 euro l'ora, anche se non dovessero esserci richieste di consegne, purché si rendano reperibili. Le società online del delivery dovranno anche fornire, a loro spese, le dotazioni di sicurezza dei rider: indumenti ad alta visibilità e caschi, che dovranno essere sostituiti rispettivamente ogni 1.500 e ogni 4.000 consegne e dovranno dotare i fattorini di coperture assicurative contro gli infortuni (presso l'Inail) e per i danni contro terzi. Il contratto prevede altre tutele: formazione in materia di sicurezza stradale e di sicurezza nel trasporto degli alimenti; divieto di discriminazione; pari opportunità e tutela della privacy nei sistemi informatici di gestione. Infine, stabilisce anche un premio: 600 euro ogni 2.000 consegne.

Per domani, il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo ha convocato un tavolo sullo smartworking. Il tutto, però, senza invitare né Assodelivery né Ugl. L'idea della Cgil sarebbe quella di spingere affinché tutti i rider (circa 30.000 solo nella nostra Penisola) un contratto che li renderebbe lavoratori subordinati e che, al massimo, piace a circa 5.000 ciclofattorini.

Il 3 novembre entrerà in vigore il decreto Rider approvato proprio dal governo giallorosso. Senza un contratto nazionale, dal 4 novembre i rider dovranno passare a quello della logistica che al di là dei contenuti bloccherebbe il sistema nel suo complesso perché nessuna app è in grado di pagare i lavoratori se non con l'unità di misura delle consegne fatte.

Nella battaglia sulle due ruote, quelle delle biciclette su cui i rider sono costretti a correre per effettuare le consegne a domicilio a ogni ora del giorno e della notte e in qualsiasi condizione climatica, si schiera anche Matteo Salvini che oggi da Roma, durante la presentazione dell'accordo tra Ugl e ambulanti e tornato sul tema rider. «Non vorrei che qualcuno volesse abituarci alla vita a distanza dove non c'è più il cittadino, il lavoratore, ma c'è il consumatore” ha commentato Salvini “faccio clic e poi non importa che arrivi un ragazzo sottopagato a 2 euro se va bene e se poi l'Ugl si permette di entrare nel tempio che dovrebbe essere riservato alla Cgli». «Ma se la Cgil e il governo dormono e arriva l'Ugl a garantire i diritti di migliaia di lavoratori» ha concluso Salvini «viva l'Ugl e che si svegliassero gli altri».

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Marianna Baroli

Giornalista, autore

(Milano, 1986) La prima volta che ha detto «farò la giornalista» aveva solo 7 anni. Cresciuta tra i libri di Giurisprudenza, ha collaborato con il quotidiano Libero. Iperconnessa e ipersocial, è estremamente appassionata delle sfaccettature della cultura asiatica, di Giappone, dell'universo K-pop e di Hallyu wave. Dal 2020 è Honorary Reporter per il Ministero della Cultura Coreana. Si rilassa programmando viaggi, scoprendo hotel e ristoranti in giro per il mondo. Appena può salta da un parco Disney all'altro. Ha scritto un libro «La Corea dalla A alla Z», edito da Edizioni Nuova Cultura, e in collaborazione con il KOCIS (Ministero della Cultura Coreana) e l'Istituto Culturale Coreano in Italia.

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