C’era un tempo in cui la sinistra era depositaria della cultura di questo paese. C’era un tempo in cui quella parte politica esprimeva le intelligenze più profonde nel campo delle arti e della letteratura, mentre a destra erano più impegnati a occupare i consigli di amministrazione.
Cosa abbiamo fatto di male per passare da Pasolini a Fedez? Chi ha bombardato il pantheon culturale democratico seppellendo Chomsky, Alberto Asor Rosa, e piazzando al loro posto Damiano dei Maneskin? A causa di quale catastrofe siamo passati, anche in ambito televisivo, dal genio di Angelo Guglielmi alla canottiera di Zoro?
I tempi, lo sappiamo, cambiano in fretta. La sinistra politica si è prosciugata, il bacino operaio non esiste più (e quello che rimane vota a destra), le ridotte elettorali coincidono con le isole pedonali dove si gira con la porsche elettrica targata Lugano. Ma possibile che persino i mostri sacri della cultura democratica siano tramontati per sempre? Perché quando senti illustri esponenti del Pd ripararsi sotto l’ombrello intellettuale di Zero Calcare, il fumettista che diserta il Lucca Comic Festival per via del patrocinio di Israele, viene da chiedersi che brutta fine abbiamo fatto tutti. Costretti a inchinarci a Nanni Moretti, meglio quando c’era lui, un gigante in confronto agli idoli progressisti di oggi. Se prima a incitare alla Resistenza era Togliatti, oggi è Francesca Michielin. Come si sono, ci siamo ridotti?
Sì, parlavamo della cultura di sinistra come una cupola di egocentrismo, ed è vero. Un fortino inespugnabile, per decenni. Però dentro il fortino, se non altro, ci trovavi dei cervelli che il mondo ci invidiava: ci trovavi comunque un Pennacchi, un Camilleri, un Bobbio, uno Scalfari. Oggi ci trovi al massimo Fedez e Ferragni, una manica di influencer fluidi, e per il resto Luciana Littizzetto e Fabio Fazio. Grandi professionisti sicuramente, ma per carità non facciamo tristi paragoni con il glorioso passato che non c’è più.
Non che dall’altra parte si navighi meglio: ma al complesso di inferiorità della destra ci siamo abituati. Lì la cultura è sempre stata semiclandestina, incline al populismo, spesso agitata da monadi in guerra tra loro. Gli intelligenti, i colti, gli artisti, i grandi registi, scrittori, pensatori, sono sempre stati a sinistra, con l’aggiunta di una buona dose di spocchia (spesso giustificata). Oggi le menti eccelse non ci sono più: resta solo la spocchia. E la convinzione di aver sempre ragione.