Urbano Cairo
ANSA/MOURAD BALTI TOUATI
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Cairo in politica, vi spiego come e perché

I "mandrogni" sono una furba etnia piemontese di cui fa parte Urbano Cairo che entrerà in politica, malgrado dica il contrario

Era molto interessante l’intervista che Cesare Lanza ha fatto a Urbano Cairo, pubblicata lunedì 3 dicembre su La Verità. E tuttavia in quel colloquio si avvertiva la mancanza della domanda cruciale, il quesito che taglia la testa al toro e mette allo scoperto i segreti di chi viene interrogato. Nel caso di Cairo, il segreto riguarda la sua voglia di darsi alla politica. Un desiderio che si coglieva dietro una ripetuta confessione: «A volte ci penso, ma poi mi dico che si rischia troppo». Però la verità è un’altra. Cairo non soltanto ci pensa, ma conosce molto bene come attenuare o annullare i rischi che paventa. Il Bestiario ritiene di saperlo e tra un istante lo spiegherà.

Prima devo ammettere che ho sempre diffidato dei personaggi alla Cairo. Per un motivo che riguarda la sua etnia: i mandrogni. Non è una tribù dell’Africa centrale, bensì della pianura alessandrina, a sud del capoluogo provinciale. Mia nonna Caterina, analfabeta, però molto ferma nelle proprie opinioni, odiava gli alessandrini. Li riteneva bugiardi, infidi, doppi e tripli. Molto diversi, nel senso di peggiori, di noi del Monferrato casalese. Eravamo pure noi dei manigoldi, ma in modo dichiarato. Un motto che ho ascoltato qualche migliaio di volte da bambino e recito spesso: ogni due monferrini, tre fanno i ladri e il quarto è un assassino.

Quando Cairo si è staccato dal suo maestro, Silvio Berlusconi, per mettersi in proprio, hanno cominciato a essere noti i suoi dati personali. Data di nascita il 21 maggio 1957 a Masio, in Piemonte: un paese di pianura che non è di certo un posto destinato a finire nelle guide del Touring Club per i viaggiatori intelligenti. Eppure anche in un luogo dimenticato da Dio e dagli uomini, ha avuto inizio una di quelle storie che crediamo possibili soltanto nell’America più profonda. Con il ragazzo appena laureato che si presenta nella reggia di un padreterno come Silvio Berlusconi e comincia a lavorare con lui. Imparando i suoi segreti e mettendoli in pratica.

Oggi siamo nel 2018, Cairo ha appena 61 anni ed è nel pieno del suo potere. Possiede due quotidiani cruciali nell’Italia di questi tempi: il Corriere della Sera e La Gazzetta dello sport. E poi ha una emittente televisiva, La7, che è la sua vera arma da mostrare agli avversari o a chi gli vuole male. Ben più della squadra di calcio del Torino, che non vince mai niente. Nel frattempo l’antico maestro, ossia il Berlusconi, sta invecchiando all’ombra dei suoi miliardi. Nella battaglia politica italiana non conta più nulla, o quasi. Anche l’epoca del Bunga Bunga si è chiusa per sempre. Gli è rimasto un piccolo manipolo di ragazze giovani, belle e fedeli. Ma nel mondo dei partiti che fanno e disfanno le sorti della nostra povera nazione è un pensionato d’oro, senza più parole in capitolo. I suoi alleati, o presunti tali, stanno al governo, però se ne fregano delle bellone che compaiono ancora nelle reti televisive del Cavaliere.

Adesso come in tutte le vicende umane è scoccata l’ora del Mandrogno, ossia di Cairo. L’ex ragazzo di Masio ha imparato da Silvio a dire le bugie. E infatti le dice anche nell’intervista a La Verità. La menzogna più spudorata riguarda il timore che gli incute una possibile incursione nella politica nazionale. Se decidesse di attuarla, Cairo non dovrebbe temere nulla. Infatti potrà contare su un alleato che forse lo sta aspettando: Matteo Salvini, il capitano della Lega, da tempo in campagna per diventare il prossimo presidente del Consiglio. Per riuscirci che cosa manca al capo leghista? Di certo i voti, ma quelli se li cercherà da solo. E con l’aria che tira in questo dicembre 2018, con un governo Conte più di là che di qua, il caos nella maggioranza, la scomparsa dell’opposizione di sinistra e l’impotenza del premier e dei suoi vassalli, Salvini non farà molta fatica a raccoglierli. Il carburante più difficile da scovare è semmai un altro: i soldi. Ma a colmare questo buco potrà pensarci il Mandrogno. Non sto rivelando un segreto strappato al dottor Cairo oppure al dittatore leghista. La mia è soltanto una supposizione. Dopo il pensionamento del Berlusca, chi è rimasto in campo con un bel malloppo di euro da usare come gli pare e piace? Il dottor Urbano.

Grazie all’intervista del bravo Lanza, sappiamo che teme le insidie di un impegno politico in prima persona. Dunque gli resta da percorrere una sola strada: quella di allearsi con un ras di partito destinato a vincere. Ossia il bel tenebroso della Lega rampante, il Salvini. Dunque il Bestiario azzarda una profezia: l’Italia verrà conquistata da una coppia di signori che sino a ieri nessuno credeva possibile: il Mandrogno e il capitano della Lega. Se ci rifletto, mi auguro di sbagliarmi.

Cairo se ne può fottere di dove vive. Sarebbe un super ricco ricco persino nell’angolo più sventurato del pianeta. Ma il sottoscritto seguiterà a vivere in Italia, finché il Padreterno lo vorrà. E non gli piacerebbe trovarsi sotto un regime salviniano, arrogante e volgare. Da piccolo, ossia da figlio della Lupa, ho visto con i miei occhi il regime di un signore in camicia nera che si chiamava Benito Mussolini. Questo mi ha vaccinato contro tutte le camicie dal colore obbligato, comprese quelle verdi che piacciono tanto al generalissimo leghista. Per questo ogni sera, prima di dormire, recito la mia giaculatoria personale: «Europa, salvaci tu!».

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Giampaolo Pansa