La base Pd attacca Pelù: "Pollo bollito"
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La base Pd attacca Pelù: "Pollo bollito"

Anche i militanti meno filo-renziani contro il rocker fiorentino

Capita spesso agli artisti sulla via del tramonto che cedono al richiamo dell'ancora di salvataggio, se non di rilancio, di un programma tv commerciale di sentirsi poi in colpa e avvertire l'urgenza di rifarsi una sorta di verginità rockettara e pseudo-diabolica. Forse per giustificarsi agli occhi di un pubblico presumibilmente più impegnato di quello che lo segue a The Voice nelle vesti di giudice di un talent show che certo non vanta ascolti strabilianti. 

È il caso di Piero Pelù che ieri, sul palco del tradizionale concertone del 1 maggio organizzato dai sindacati in piazza San Giovanni a Roma, ha rispolverato uno dei suoi cavalli di battaglia, l'orazione funebre contro la P2 e Licio Gelli. Già in passato infatti, in occasione di un concerto a Milano nel 2010, aveva celebrato davanti al pubblico una sorta di funerale di Licio Gelli e dei suoi eredi, "la mafia siciliana, la 'ndrangheta calabrese, la camorra napoletana, la sacra corona unita pugliese e poi Marcellino dell'Utri e naturalmente Silviuccio Berlusconi".

Ieri invece è toccato a Matteo Renzi, definito "boy scout di Licio Gelli". Una specie di ossessione per il rocker fiorentino che ha rivendicato la sua uscita. 

"Pagherò le conseguenze di quello che ho detto ma non me ne frega nulla. Questi ragazzi hanno bisogno di sentire qualcuno che dica certe cose. Ormai i mezzi di distrazione di massa sono compatti sulla propaganda. Ci vuole una voce fuori dal coro" ha detto Pelù confortato dalla telefonata della mamma che l'avrebbe rassicurato "hai detto tutto bene".

Un parere non condiviso da elettori, simpatizzanti e dirigenti locali e nazionali del Partito democratico, compresi quelli che al segretario e presidente del Consiglio non hanno mai risparmiato critiche anche feroci. 

Un militante storico del partito romano, che alle primarie dell'8 dicembre sostenne la candidatura di Gianni Cuperlo alla segreteria nazionale, oggi non esita a prendere le difese del capo del suo partito: "Almeno prima nei suoi sproloqui contro tutto e tutti Pelù andava a braccio, adesso, con la vecchiaia che incombe, è costretto a leggere i suoi patetici pamphlet grazie ai quali è rimasto tra i pochi a conservarsi un lavoro in questo Paese. Nel '90 i bersagli erano Craxi e Spadolini, nel 2000 Silvio Berlusconi, oggi Renzi. Pelù ha sempre avuto bisogno di qualcuno contro cui sparare a zero, con la differenza che in passato le sue canzoni erano ascoltabili, oggi no".

Anche Federica invita il cantante a rifondare i Litfiba piuttosto che abbandonarsi a esternazioni da "pollo più bollito di quello del giorno di Natale". 

"Come per quanto riguarda tutti gli altri artisti, prendo in considerazione Piero Pelù solo per quanto esprime a livello musicale - è il commento di Silvio Di Francia, ex presidente di Zetema, l'azienda capitolina che si occupa di eventi culturali e artistici ed ex assessore alla Cultura del comune di Roma - il suo parere vale quanto quello di un indonesiano sulla situazione politica italiana. Tuttavia, ciò non mi impedisce, neanche di un millimetro, di continuare ad amare la musica di Pelù e dei Litfiba come ho sempre amato quella di Bob Dylan anche quando Dylan ha detto delle cavolate".

Caustico il giudizio espresso su Facebook del vicesegretario del Pd Roma Luciano Nobili: "Stò poveraccio"; Stefano Pugelli, giovane democratico e consigliere municipale nel quartiere Garbatella, punta il dito contro i sindacati e la scelta di invitare sul palco certi artisti: "Poi dici che ai sindacati sono rimasti solo i pensionati".

La consigliera comunale di Roma Giulia Tempesta usa l'ironia: "Adoro da sempre il potere democratico del telecomando così posso dar pace alle mie orecchie e non sentire certe baggianate"; un altro militante ci va più pesante: "Piero Pelù, se non facevi una trasmissione pagata con i nostri quattrini non cantavi più. Ti sei sfasciato il cervello". 

Tra i deputati Dario Ginefra, che al congresso non ha votato per Renzi e non nasconde di non condividerne spesso il modo di fare, trova le parole del rocker "offensive per l'intero popolo democratico" e giudica la scelta di accostare il premier alla figura di Gelli "dileggiando anche il movimento scoutista una pessima forma di protagonismo. I sindacati confederali organizzatori dell'evento, sia pur dalla loro legittima posizione di critica alle scelte dell'attuale Governo, dovrebbero prendere le distanze da quel monologo, persino letto male, che disonora quel grande appuntamento di riflessione, di critica, di proposta e di festa che e' il Concerto in Piazza San Giovanni".

Un evento che da anni ha perso comunque la sua centralità. Nonostante i 700mila del pubblico di ieri - secondo gli organizzatori - all'ultima edizione sono mancati i grandi nomi internazionali, quelli italiani di rilievo e soprattutto la politica. Tanto che a far discutere oggi è la battuta riciclata di un ex rocker che oggi cerca di sopravvivere al suo tramonto pigiando un bottone nelle vesti di giudice di un talent cantereccio.

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Claudia Daconto