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Per la Turchia i curdi vanno bombardati come e più dell’Isis

Per la Turchia i curdi vanno bombardati come e più dell’Isis

Imperativo fermare le milizie dell’Ypg. Intollerabile per Ankara un territorio unificato curdo nel nord della Siria. Tregua ad Aleppo: per ora solo parole

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JOHN STANMEYER/National Geographic

Un bimbo di cinque anni, uno dei 150.000 rifugiati curdi, scoppia a piangere dopo essere arrivato sano e salvo con la famiglia in Turchia.

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30 maggio 2016. Un bambino con un giocattolo presso una casa danneggiata da combattimenti pesanti fra truppe governative e combattenti curdi dopo il coprifuoco, presso la città a maggioranza curda di Yuksekova, nella Turchia sud-orientale, vicino al confine con l’Iraq e l’Iran.

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21 marzo 2016. Una donna si fa un selfie sullo sfondo di migliaia di curdi riuniti per celebrare Noruz (o Newroz) a Diyarbakir, in Turchia. Nella capitale del cosiddetto “Kurdistan turco” si è festeggiata come da tradizione l’antica festa di origine zoroastriana che celebra l’arrivo della primavera. Viene celebrata in vari paesi dell’Asia centrale, tra cui Iran, Azerbaigian, Afghanistan, Iraq, Turchia.

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1° marzo 2016. Kurdish peshmerga fighters are seen during a Bundeswehr training session on March 1, 2016 in Munster, Germany. The Bundeswehr is supporting Kurdish peshmerga as well as Iraqi security forces with military training and weaponry to help them fight against the Islamic State (IS) in Iraq.

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1° gennaio 2016. Dei ragazzi curdi giocano a palle di neve a Sirnak, nella Turchia sud-orientale.

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26 marzo 1991: due ribelli peshmerga curdi esultano di fronte all’effigie danneggiata del dittatore Saddam Hussein.

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Musa, un soldato curdo di 25 anni, osserva dall’alto le rovine di Kobane, chiamata anche Ain al-Arab, la città siriana sul confine con la Turchia risottratta dai curdi ai miliziani del gruppo “Stato Islamico”.

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Diyarbakir, Turchia, 29 novembre 2015. Il parlamentare Sezgin Tanrikulu, membro del Partito Popolare Repubblicano (CHP) e il Presidente dell’associazione degli avvocati curdi (TBB), Metin Feyzioglu, trasportano la bara dell’avvocato Tahir Elçi.

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Diyarbakir, Turchia, 29 novembre 2015. Il parlamentare Sezgin Tanrikulu, membro del Partito Popolare Repubblicano (CHP) e il Presidente dell’associazione degli avvocati curdi (TBB), Metin Feyzioglu, trasportano la bara dell’avvocato Tahir Elçi.

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Sinjar, Iraq, 15 novembre 2015. Una famiglia di curdi yazidi trasportano dei materassi recuperati tra le macerie della loro casa distrutta dai bombardamenti aerei.

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Sinjar, Iraq, 15 novembre 2015. Dei combattenti peshmerga curdi mostrano quella che affermano essere una fossa comune, in cui sono stati trovati oltre 50 cadaveri di curdi yazidi uccisi dall’ISIS.

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Sinjar, Iraq, 15 novembre 2015. Dei combattenti peshmerga curdi mostrano quella che affermano essere una fossa comune, in cui sono stati trovati oltre 50 cadaveri di curdi yazidi uccisi dall’ISIS.

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Sinjar, Iraq, 16 novembre 2015. Peshmerga curdi alla ricerca di armi tra le macerie della città.

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Sinjar, Iraq, 16 novembre 2015. Il fumo di razzi katyusha lanciati dai combattenti ISIS sulle rovine di Sinjar, riconquistata dai peshmerga curdi con l’aiuto delle forze aeree della coalizione a guida USA.

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Telskuf, Iraq, 5 novembre 2015. Un soldato inglese conosciuto come “Polish”, membro del gruppo “Volontari internazionali Peshmerga” dà lezioni di primo soccorso a dei guerriglieri curdi. Ex soldato di fanteria dell’esercito britannico, 27 anni, originario di Birmingham, è giunto per la seconda volta nel nord dell’Iraq come istruttore medico volontario.

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Telskuf, Iraq, 5 novembre 2015. L’ex Marine USA Justin Garfield (al centro), membro del gruppo Volontari internazionali Peshmerga, lungo il fronte con un gruppo di soldati curdi. Il veterano statunitense, oggi guardia giurata a Los Angeles, si è autofinanziato il viaggio verso l’Iraq per offrire formazione ai Peshmerga.

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Telskuf, Iraq, 5 novembre 2015. Soldati Peshmerga curdi in prima linea.

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Telskuf, Iraq, 5 novembre 2015. Un soldato inglese, membro del gruppo “Volontari internazionali Peshmerga”, dà lezioni di primo soccorso a dei guerriglieri curdi.

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Telskuf, Iraq, 5 novembre 2015. Soldati Peshmerga curdi in prima linea.

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Telskuf, Iraq, 5 novembre 2015. Un gruppo di civili curdi, giunti al fronte per portare cibo e supporto, cantano con alcuni soldati curdi e con dei membri del gruppo Volontari internazionali Peshmerga.

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Telskuf, Iraq, 5 novembre 2015. Un soldato inglese conosciuto come “Polish”, membro del gruppo “Volontari internazionali Peshmerga” dà lezioni di primo soccorso a dei guerriglieri curdi. Ex soldato di fanteria dell’esercito britannico, 27 anni, originario di Birmingham, è giunto per la seconda volta nel nord dell’Iraq come istruttore medico volontario.

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Telskuf, Iraq, 5 novembre 2015. Peshmerga curdi osservano un aereo militare USA in volo.

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Gli attivisti del Turkish Labour Party (EMEP) manifestano ad Ankara – 11 ottobre 2015

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La manifestazione ad Ankara dopo l’attacco kamikaze del 10 ottobre

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Una donna porge un bouquet di fiori a un poliziotto ad Ankara – 11 ottobre 2015

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La manifestazione ad Ankara dopo l’attacco kamikaze del 10 ottobre

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Il dolore sulla bara di Korkmaz Tedik, esponente del partito dei lavoratori turco (EMEP) ucciso nell’attentato kamikaze a Ankara – 11 ottobre 2015

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La manifestazione a Parigi a sostegno delle vittime dell’attacco kamikaze ad Ankara

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La manifestazione dei parenti delle vittime dell’attentato kamikaze ad Ankara durante i funerali a Istanbul – 11 ottobre 2015

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Una parente di una delle vittime dell’attentato kamikaze ad Ankara – 11 ottobre 2015

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EPA/SEDAT SUNA

Una donna sul luogo dell’attentato che 24 ore prima ha causato una strage in una manifestazione pacifista a Ankara, Turchia, 11 ottobre 2015

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Curdi iracheni in fuga dalle persecuzioni di Saddam Hussein tre anni dopo la fine della guerra Iran-Iraq

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© AFP/Bülent Kiliç

Uno sguardo sul mondo | BǛLENT KILIÇ – Visions of Turkey – Migliaia di Siriani provano a oltrepassare le recinzioni e a entrare illegalmente in Turchia dopo aver appreso che i combattenti curdi si stanno avvicinando al Turkish Arkcakale, 14 giugno 2015

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Kure, Regione autonoma del Kurdistan iracheno, 12 settembre 2015.

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Kure, Regione autonoma del Kurdistan iracheno, 12 settembre 2015.

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Kure, Regione autonoma del Kurdistan iracheno, 12 settembre 2015.

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Kure, Regione autonoma del Kurdistan iracheno, 12 settembre 2015.

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Kure, Regione autonoma del Kurdistan iracheno, 12 settembre 2015.

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Kure, Regione autonoma del Kurdistan iracheno, 12 settembre 2015.

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Kure, Regione autonoma del Kurdistan iracheno, 12 settembre 2015.

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Kure, Regione autonoma del Kurdistan iracheno, 12 settembre 2015.

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Kure, Regione autonoma del Kurdistan iracheno, 12 settembre 2015.

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Kure, Regione autonoma del Kurdistan iracheno, 12 settembre 2015.

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Kure, Regione autonoma del Kurdistan iracheno, 12 settembre 2015.

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Kure, Regione autonoma del Kurdistan iracheno, 12 settembre 2015.

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LOUISA GOULIAMAKI/AFP

Curdi residenti in Grecia innalzano una bandiera del PKK in ionore delle vittime della strage /Getty Images)

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Proteste dei curdi davanti all’ambasciata turca in Grecia

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Proteste dei curdi davanti all’ambasciata turca in Grecia

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Governatorato di al-Sulaymaniyya, Kurdistan iracheno. Una guerrigliera a riposo dopo l’addestramento.

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Governatorato di al-Sulaymaniyya, Kurdistan iracheno.

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Governatorato di al-Sulaymaniyya, Kurdistan iracheno. Guerriglieri in cammino lungo un sentiero di montagna.

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Governatorato di al-Sulaymaniyya, Kurdistan iracheno.

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Governatorato di al-Sulaymaniyya, Kurdistan iracheno. Sulla giacca di un guerrigliero, una spilla con il volto di Sadegh Sharafkandi, leader curdo morto nel 1992.

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Governatorato di al-Sulaymaniyya, Kurdistan iracheno. Un momento di convivialità.

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Governatorato di al-Sulaymaniyya, Kurdistan iracheno.

La Turchia continua a bombardare sul territorio siriano l’Isis ma anche le forze curde alleate degli Stati Uniti.
Per Ankara, sono entrambi nemici, sullo stesso piano.

Tanto è vero che li combatte senza quartiere (i curdi da più tempo rispetto al Daesh, per la verità) sul proprio territorio ma anche oltre confine.

Centinaia di ribelli siriani sostenuti da Ankara sarebbero già ammassati nei pressi di Karkamis, in Turchia a ridosso della frontiera, in preparazione di un attacco alla città siriana di Jarablus controllata dallo Stato islamico.

Martedì il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha affermato che il suo governo è pronto a combattere sia i jihadisti dell’Isis sia le milizie curde “all’interno e all’esterno” della Turchia.

Parole che suonano come una messa in guardia contro le forze curde dell’Ypg che, dopo avere strappato all’Isis una decina di giorni fa la città di Manbij con la copertura area della Coalizione internazionale a guida Usa, potrebbero avanzare verso Jarablus.

Il timore della Turchia è quello che le milizie dell’Ypg, che accusa di essere affiliate ai separatisti curdi turchi del Pkk, possano saldare i loro territori nel nord della Siria arrivando a controllare centinaia di chilometri lungo la frontiera turca, in una sorta di Stato curdo in nuce.

Negli ultimi sei giorni anche il governo siriano, acerrimo nemico di quello turco, ha ingaggiato combattimenti senza precedenti contro le milizie curde nella città di Hasaka, sospesi solo nel pomeriggio di martedì grazie a un cessate il fuoco annunciato dai media ufficiali di Damasco.

L’accordo, secondo l’agenzia governativa Sana, prevede che i miliziani dell’Ypg tolgano il blocco imposto alla strada fra Hasaka e Qamishli, situata un’ottantina di chilometri a nord-est al confine con la Turchia, lasciando libero accesso alle truppe di Damasco.

Ma fonti vicine all’Ypg affermano che esso consente anche ai miliziani curdi di mantenere il controllo delle parti della città conquistate in questi giorni di combattimenti. Secondo l’Osservatorio nazionale per diritti umani in Siria (Ondus), i curdi si sono impadroniti ormai del 90 per cento della città, compresa l’area dove sorge la prigione centrale.

Intanto una calma tesa sembra essere tornata a Hasaka, nel nord della Siria, grazie a un cessate il fuoco tra gli stessi curdi e le forze governative di Damasco dopo sei giorni di combattimenti.

Ad Aleppo, invece, si continua per ora solo a discutere di una possibile tregua di 48 ore chiesta dall’Onu per fare arrivare aiuti umanitari ai civili e scongiurare quella che per il sottosegretario generale dell’Onu Stephen O’Brien potrebbe rivelarsi “una catastrofe umanitaria senza pari in oltre cinque anni di carneficina”.

La tregua verrà annunciata “dopo che l’inviato Onu in Siria Staffan De Mistura” dirà che gli aiuti “sono pronti per essere consegnati agli abitanti della città”, ha detto il vice ministro della Difesa russo Anatoli Antonov citato dalla Tass.

Mosca, ha aggiunto, “in cooperazione con le autorità siriane, è pronta a fornire assistenza nella consegna degli aiuti attraverso i corridoi umanitari che sono stati creati”.

(Ansa)

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