Veronica
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Omicidio Loris, il video della mamma è una bassezza

Veronica Panarello viene data in pasto alla folla durante quello che viene chiamato "interrogatorio". Ma dov'era il suo avvocato?

Veronica Panarello non è una cittadina italiana. La potremmo definire apolide, una figlia di nessuno. Non c’è altra spiegazione, perché tutti i diritti civili di cui il nostro ordinamento si fa bello sulla carta, per lei sono soltanto scarabocchi privi di significato.

Chi bramava dal desiderio di guardarla attraverso il buco della serratura, finalmente è stato soddisfatto. Il Tg1 e Porta a Porta hanno mandato in onda le immagini del suo primo “interrogatorio” dentro la procura di Ragusa, al termine del quale è stata formalmente indagata e poi sottoposta a provvedimento di fermo. Chiariamo subito, nulla da ridire su chi ha pubblicato il video. Se hai una notizia, la dai. Sempre.

Il punto è un altro. I principali siti di informazione che oggi ripropongono il filmato, di sicuro per una necessità di semplificazione giornalistica, lo presentano con la dicitura “il primo interrogatorio”. Ma appena premi il tasto play e partono le immagini, ti rendi conto che qualcosa non torna.

Perché una persona tecnicamente indagata, se interrogata deve avere al suo fianco un avvocato. Invece Veronica Panarello è sola davanti al procuratore capo Carmelo Petralia. In quel momento viene sentita come persona informata sui fatti per raccogliere quelle che formalmente si chiamano sommarie "informazioni testimoniali".

In questa fase, per intenderci, l’accusa non ritiene che la persona sentita possa essere coinvolta nel delitto per il quale si procede, perché al primo sentore si sospende la conversazione, si contesta la veste di indagato e la si invita a chiamare il proprio legale di fiducia.

Una persona sentita in qualità di testimone può raccontare i fatti di cui è a conoscenza, può fornire tutti quei dettagli utili all’individuazione dell’autore del delitto. Un po’ diverso appare l'"interrogatorio" di Veronica Panarello, alla quale la procura domanda dei rapporti con la mamma, con il papà, con la sorella. Insomma il quadro di quel “disgiunto familiare” che per i giudici sarà poi il contesto dove matura l’assassino del piccolo Loris Stival. Tanto è vero che a un certo punto la stessa donna sbotta e si rivolge al magistrato: “Ma mi spieghi una cosa, cosa c’entra il mio passato con mio figlio, adesso?”

Evidentemente c’entrava, se poche ore dopo per lei era già pronto il provvedimento di fermo. Da un punto di vista formale l’operato dell’accusa è inattaccabile, nulla da contestare. Ma visti i tempi ristretti, alla luce anche di altri filmati nei quali la polizia ripercorre con lei la strada che avrebbe fatto quella mattina, viene quantomeno da pensare che tutto fosse già chiaro nella mente degli inquirenti e che si sia voluto tastare il terreno prima di girare le carte sul tavolo.

Non lo sapremo mai, ma rimarremo con il ragionevole dubbio che Veronica Panarello abbia visto comprimere anche il suo diritto di vedersi contestare subito la qualità di indagata. Rimarremo con il dubbio che si sia accelerato il tutto, anche nel provvedimento che l’ha portata subito in carcere, nella speranza che lei crollasse e confessasse l’assassino del figlio.

Così non è stato, lei continua a proclamarsi innocente, noi continuiamo a nutrire tante perplessità su una vicenda dove manca ancora un collegamento tra il suo operato e la morte del bambino. Non è stato trovato, non esiste. Perché il fatto che abbia mentito su quella mattina, se anche avesse ragione la ricostruzione fatta con le telecamere, non significa che poi le abbia materialmente ucciso il bambino. Di questo continua a non esserci prova.

C’è prova invece dell’accanimento generale contro di lei. Sbattuta in prigione tra due ali di folla che le urlano i peggiori improperi, non ammessa al funerale del figlio, dove perfino la sua corona di fiori è stata lasciata sui gradoni fuori dalla chiesa. Veronica Panarello da sei mesi non vede l’altro figlio, di quattro anni, il cui diritto di vedere la donna che l’ha messo al mondo, anche se accusata di aver ammazzato il fratellino, è stato azzerato dai giudici.

Come se non bastasse, ora vengono date in pasto alla folla anche la sua voce, il suo volto, le sue lacrime nel momento in cui probabilmente intuisce che la terra sta franando sotto i piedi. Anche qui, da un punto di vista formale, ogni cosa è al suo posto. Il filmato sarà sicuramente agli atti sottoposti al tribunale del riesame, e in quanto tale ha perso la secretazione.

Ma darlo alla stampa con indagine ancora in corso, è una bassezza che, in quanto mamma quindi comunque vada anche vittima, le poteva essere risparmiata.

Il feretro di Loris Stival nel giorno dei funerali del bambino di 8 anni ucciso il 29 novembre, a Santa Croce Camerina (Ragusa), 18 dicembre 2014. ANSA/ CIRO FUSCO

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Carmelo Abbate