Polizia tunnel fogne Napoli
ANSA / CIRO FUSCO
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Napoli, parla "l'uomo talpa" che scava tunnel per furti e rapine

E' un lavoro pericoloso ma redditizio, da 50mila euro a colpo. Panorama lo ha intervistato

L’uomo-talpa ci vede benissimo. E quindi gli occhiali rettangolari, con montatura in metallo, che esibisce sul naso («Non mi descriva fisicamente, però») sono un vezzo. O forse un tentativo di camuffamento.

Accetta quest’incontro con Panorama per raccontare il mondo «di sotto», quello color nero pece che lui frequenta da una ventina d’anni, ormai. Indossa un paio di jeans e un pullover bianco, da cui spunta il colletto della camicia, e si protegge con un piumino blu. L’incontro avviene in un bar dalle parti di Piazza Carità. Alle spalle dei tavolini, a non più di cento metri, ci sono le Poste centrali. Nel luglio scorso, «la banda del buco» si materializzò dal pavimento dietro la fila di casse, in orario di lavoro. Erano in quattro, armati. Vestiti di bianco, con un passamontagna calato sul volto. Sembrava il remake della serie La casa di carta. Portarono via 500 mila euro in contanti, e le forze dell’ordine ancora oggi li stanno cercando. Tutta la zona di Chiaia, il salotto buono di Napoli, è in effetti un reticolo di cave di tufo. Qualche giorno dopo quest’intervista, un black out ha lasciato il quartiere senza luce né linee telefoniche. Una densa colonna di fumo nero si è alzata dai tombini della strada principale, e un odore acre di bruciato ha invaso i bei palazzi altoborghesi. C’è chi ipotizza che sia stato un colpo maldestro di una gang di malviventi del sottosuolo che ha tranciato cavi che non doveva toccare. La professionalità, in queste cose, fa la differenza. «Non parlo dei colpi fatti, e non posso fare nomi», premette l’uomo-talpa accomodandosi sulla sedia. Ordina un aperitivo analcolico «ma senza stuzzichini». Possibile motivazione: non vuole ripetere l’infausta avventura del mariuolo che, calcolato con eccessivo ottimismo il diametro del foro in proporzione al girovita, non riuscì a passare dall’altra parte.

Lei fa parte dei gruppi di rapinatori che spuntano dalle fogne?

(Senza tradire alcun imbarazzo). Io mi occupo di altro. Sono un «tecnico», diciamo così.

Quindi non assalta banche e uffici postali?

Il mio ruolo e la mia funzione si fermano molto prima. Anzi, molto «sotto». Scavo i tunnel, come lei sa.

Possiamo definirla uno «speleologo» decisamente particolare?

Per fare il mio lavoro è evidente che  devi avere una certa dimestichezza con il sistema fognario e con l’edilizia. Faccia un po’ lei.

Quindi, ha un passato da muratore?

Qualcuno del giro ha lavorato in diversi cantieri, sì. Questa cosa

la posso affermare.

Come realizza le sue gallerie?

La cosa più importante è individuare un punto d’accesso sicuro da cui far partire lo scavo. Può essere un negozio, un «basso» (piccoli monolocali «fronte strada» diffusi nei quartieri più popolari della città, ndr) o un vano ascensore. Quando è stato trovato, si comincia a scendere.

Fino a dove?

Se si riesce ad agganciare subito una rete fognaria o una galleria utilizzata per far passare i cavi dell’Enel o del telefono, si risparmiano tempo e metri. Altrimenti, si continua a scavare sia in orizzontale sia in verticale, per intercettarla.

E com’è possibile orientarsi?

Ci sono le mappe, chiaramente.

Perché le avete a disposizione?

Qualcuno ce le ha date, ovvio. (Un’inchiesta dell’ottobre 2018 ha portato all’arresto di un dipendente del Comune di Napoli che faceva da «consulente» a un gruppo di malviventi, ndr). Su quest’argomento non aggiungo altro però.

E poi che cosa succede?

Quando abbiamo trovato la rete fognaria che c’interessa, comincia la realizzazione del tunnel che arriverà nel luogo prestabilito. Si utilizza la rete fognaria come un’autostrada, se può valere l’esempio. Solo che non ci sono svincoli già pronti. È necessario costruirli al momento.

Quanto tempo può richiedere un’opera del genere?

Diverse settimane o anche mesi. Non si scava tutti i giorni. Quando piove, si interrompe. Le zone a rischio frana sono insidiose. Spesso si lavora

in ginocchio, o sdraiati. Si può morire

lì sotto.

Una volta terminato il «traforo», si studia il piano per la rapina o il furto, oppure è già stato tutto deciso?

Non sempre accade quello che lei dice. Possiamo (qui per la prima volta, l’uomo-talpa usa la prima persona plurale, ndr) anche tenerlo chiuso in attesa di tempi migliori. Non sono cose che s’improvvisano. Oppure possiamo decidere di venderlo.

Si vendono i tunnel già scavati?

Già.

E come funziona?

Non aggiungo particolari. Dico solo che in alcuni casi è molto meglio non rischiare in prima persona. C’è una trattativa, ci sono delle garanzie, e si chiude l’affare.

Quanto costa un tunnel?

Anche 50 mila euro. Dipende da tanti fattori. Non ultimo, il luogo in cui sbuca. Un tunnel che va a finire sotto una banca vale più di uno che termina in un altro posto, non le pare?

Ciò significa che, sottoterra, ci sono gallerie complete «chiavi in mano»?

Può descriverle anche così.

Quindi chi scava non partecipa alle rapine?

Non ho detto questo. Ci sono casi in cui i due aspetti, quello della preparazione e quello dell’azione, sono distinti. C’è chi preferisce vendere le gallerie, tirandosi fuori dall’impresa, e chi, invece, vuole provare il brivido dell’assalto.

In quel caso che cosa accade?

Ottiene una percentuale sul bottino, se il colpo riesce.

Una percentuale che arriva a...?

Tra il 10 e il 20 per cento.

Quante persone sono necessarie per una rapina di questo genere?

Dai 10 ai 15 uomini, di solito.

È alla camorra che cosa arriva in tasca da questi raid, molto denaro?

Non mi pare il caso di rispondere.

(Ha però uno sguardo eloquente come a significare «sì», ndr).

La conversazione termina con l’ultimo sorso di aperitivo e l’uomo-talpa che si alza dalla sedia e si strofina le mani sui jeans come per liberarsi da una polvere che solo lui riesce a vedere. Qualche giorno dopo quest’incontro, colpisce un flash dell’agenzia Ansa. Tre rapinatori, sbucando da un cunicolo sotto l’ufficio postale di via Mazzini, hanno portato via 20 mila euro davanti agli occhi esterrefatti dei dipendenti.    n

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Simone Di Meo