Germania, il paradiso della mafia
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Germania, il paradiso della mafia

Le leggi tedesche lasciano molte libertà ai mafiosi. Che spostano a nord i loro traffici, come racconta questo grande progetto giornalistico d'inchiesta

In Germania c’è la mafia? È una domanda che sembra banale, ai limiti dell’ingenuità, eppure ne è nato un progetto importante, forse storico. Si chiama Mafia in Deutschland e si presenta come un documentario, un portale internet pieno di video e dati e una lunga serie di pubblicazioni. Ci hanno lavorato il settimanale tedesco Spiegel, l’emittente WDR e il gruppo editoriale Funke. A coordinare i lavori è stato il giornalista investigativo David Schraven , che ha accettato di parlarne a Panorama.it.

Com’è nata l’idea del progetto?
Da una riunione nel mio ufficio, due anni fa. Mi sono chiesto: “Che cosa fa la mafia in Germania quando non uccide nessuno?”. Perché dopo i morti di Duisburg, la mafia era tornata silenziosa e io volevo capire che cosa si stava muovendo, sotto quella calma apparente. Dopo sei mesi ho scoperto che due colleghi dello Spiegel stavano lavorando alla mia stessa inchiesta, perciò abbiamo deciso di unire le forze. Son passati altri sei mesi e ci siamo detti: “Questa storia è grande abbastanza per farne un documentario”. E siamo andati a bussare alle porte di WDR. Ne è uscito tutto il materiale che trovate pubblicato e che continuerà a uscire online e sui quotidiani per ancora due settimane.

Perché dite che la mafia ama la Germania?
Perché le nostre leggi sono carenti. In Germania un mafioso può facilmente creare una società, ripulire denaro sporco, condurre un’attività commerciale, comprare nuove proprietà, mandare soldi all’estero senza alcun problema. È difficile avere i permessi per intercettare e per mettere i beni sotto sequestro. Di solito, quando vengono scoperti, i mafiosi se ne vanno con i loro soldi. Il fatto è che in Germania non è illegale essere parte della mafia. Vi racconto un caso: nel corso di un’indagine, la polizia tedesca ha intercettato un “battesimo mafioso”. Avevano tutte le registrazioni, sapevano che le persone coinvolte erano tutte mafiose ma l’indagine è stata archiviata.

Perché?
Perché abbiamo una legislazione folle, inadeguata. La polizia mi ha detto: “È vero, sono mafiosi, ma non hanno commesso alcun crimine perciò per noi il caso è chiuso”.

Come va la collaborazione con la polizia italiana?
Ho notato che le autorità italiane sono molto più aperte alla collaborazione delle nostre. Noi non abbiamo abbastanza agenti che parlano lingue straniere o che vogliano lavorare con corpi di polizia esteri. Con gli italiani devono collaborare, altrimenti non capiscono nemmeno le intercettazioni. Da parte tedesca, comunque, chi è impegnato in queste indagini mi ha detto di essere soddisfatto della collaborazione con l’Italia.

Quando dite che in Germania ci sono 482 mafiosi che cosa intendete?
È un’altra carenza della legge tedesca: quelli sono i mafiosi provati, sulla cui appartenenza all’associazione criminale non c’è dubbio. Ma ci sono almeno 1.200 persone che sono considerate “sostenitori della mafia”. In Italia sarebbero tutti considerati mafiosi, punto e basta.

Che impressione le ha fatto intervistare un killer di mafia?
Sono arrivato a lui tramite un intermediario. Mi ha detto che aveva una settimana per parlarmi e ha chiesto se poteva farlo in Germania. L’ho trovato molto razionale, chiaro, gentile. Ma poi, ogni tanto, mi dicevo: “Ehi, questo è un uomo che a ucciso una ventina di persone”. È davvero strano.

Perché vi siete fidati di lui?
I colleghi italiani dell’Irpi , che sono giornalisti eccellenti, ci hanno aiutato a trovare degli elementi per provare quello che il killer ci raccontava. Anche le autorità tedesche avevano degli elementi su di lui. Lo conoscevano perché ha chiesto di essere inserito in un programma di protezione dei testimoni. Non è stato inserito perché, a detta della polizia, “se ci fornisce i nomi dei mafiosi non ci dà niente di nuovo”.  

Continuerete ad approfondire queste inchieste?
Sì, chiunque voglia segnalare qualcosa può farlo in modo anonimo attraverso il nostro sito. Sento che questo è solo l’inizio.

Non è preoccupato?
No. La mafia non uccide in Germania. Glielo assicuro.

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Marco Pedersini

Giornalista. Si occupa di esteri. Talvolta di musica. 

Journalist. Based in Milan. Reporting on foreign affairs (and music, too). 

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