L'avvertimento di Stefania Craxi ai diversamente berlusconiani
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L'avvertimento di Stefania Craxi ai diversamente berlusconiani

Il futuro del governo, la lacerazione del PdL, il passato che torna. La profezia della figlia dell'ex leader socialista: "Attenti governisti, coi distinguo è iniziata la morte del Psi"

«C’erano una volta i diversamente craxiani e sappiano come è finita. Con l’abbandono di Bettino Craxi al suo destino e la distruzione del Psi. Ora ci sono i diversamente berlusconiani. Il Pdl, e quindi anche Angelino Alfano, facciano tesoro della tragedia del Psi perché la storia non si ripeta. Altrimenti rischiano di fare un partitino e un partito che non conterebbero più nulla. Il Pdl è un partito carismatico, che per troppo tempo ha soffocato ogni dialettica e una normale contrapposizione rischia di essere una frattura. Ma è un fatto che Silvio Berlusconi sia un leader carismatico e un partito  così proprio per questo non può prendere le distanze dal proprio capo».

 Stefania Craxi, presidente dei Riformisti italiani, ex sottosegretario agli Esteri del governo Berlusconi, in un’intervista esclusiva a Panorama.it mette il Pdl e i cosiddetti governisti sull’avviso: attenzione, con la divisione rischiate la fine del Psi. Raffaele Fitto? «Ha acquistato su Alfano un vantaggio, proprio per aver dato ai  suoi il nome di lealisti». Forza Italia «non deve ammainare la bandiera della riforma della Giustizia e il Presidenzialismo», ovvero la Grande Riforma di Bettino Craxi, che ora è la battaglia politica dei Riformisti italiani.

 

Onorevole Craxi, pensa che una parte del Pdl, al di là delle sfumature e delle rassicurazioni, al netto stia abbandonando Berlusconi a se stesso, che possa fare insomma a meno di lui come leader,  come fece il Psi con suo padre?
«La storia non si ripete mai nelle stesse forme ma certamente dovrebbe insegnare. Spero di non dover rivivere la divisione del Pdl, perché quella volta i socialisti si divisero e il risultato è stato  che il partito fu distrutto».

Si divisero e abbandonarono il leader al suo tragico destino…
«Sì, lo abbandonarono. Oggi il risultato sarebbe un po’ la stessa cosa di allora e cioè quello di fare un partitino che non conterebbe più niente».

Allude all’eventuale partito di Alfano che secondo i sondaggi starebbe tra il 3 e il 5 per cento?
«Sì. Un partitino. Ma la verità è che il Pdl troppo a lungo ha soffocato ogni dialettica affidandosi unicamente al genio di Berlusconi. E ora fatalmente esaspera delle differenze che in un altro partito sarebbero soltanto motivo di confronto. È vero che la pattuglia del vicepremier ha sentito solo la voce del paese che vedeva come un errore la crisi di governo e ha tirato dritto. C’è voluta la freddezza di Berlusconi, la sua lucidità per scongiurare al momento una rottura definitiva nel Pdl».

Ma le motivazioni dei 24 o 23 senatori guidati dal ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello per tenere in vita il governo di larghe intese, non le sembrano un po’ deboli sul piano di quelle riforme che dovrebbero invece essere centrali come la Giustizia, mentre Berlusconi è alla gogna e nel tritacarne di quello che suo padre avrebbe chiamato il processo politico, mediatico, giudiziario?
«Io credo che valori fondanti come la riforma della Giustizia non possano assolutamente essere messi in secondo piano».

Quindi, tirare avanti con le larghe intese con il rischio però solo di tirare a campare?
«Penso che la morte del governo Letta non meriti una lacrima. Perché di tutti i problemi che abbiamo non ne risolverà neppure uno. Io rimango presidenzialista e bipolarista convinta  e sfido chiunque a smentirmi in un paese dove le responsabilità si confondono e la colpa non è mai di nessuno.  Nessuno si può prendere la responsabilità di una decisione e nessuno può decidere».

Quindi, meglio la crisi?
«Non si può però  lasciare il paese nel vuoto senza una legge elettorale con la quale andare a votare. E questo è l’unico punto sul quale concordo con Alfano».

Se Berlusconi decade, si va avanti come prima?
«Io mi auguro che Berlusconi con tutti i suoi guai riuscirà a sedare lo scontro. Perché ripeto dividersi non porterà nulla di buono».

Che effetto le ha fatto la scelta «scissionista», poi frenata, dell’ex socialista Fabrizio Cicchitto?
«Una volta c’erano i diversamente craxiani, ora ci sono i diversamente berlusconiani».

Massimo D’Alema disse sarcasticamente: «Questo Cicchitto è diventato craxiano post mortem». Troppo cattivo?
« E magari diventerà berlusconiano post mortem (ironizza ndr). Non mi fa nessun effetto, perché so bene come andarono le cose».

Come?
«I dirigenti del Psi dicevano: Craxi ha sbagliato. E quel “Craxi ha sbagliato” era la premessa per la ricollocazione. La storia si ripete. Nulla di nuovo».

Quagliariello sostiene, come del resto Alfano: sì al bipolarismo, ma sì anche a uno o due centrodestra. Come lei ben sa, il berlusconismo è stato ed è anche centro-destra-sinistra intendendo per quest’ultima quella moderna craxiana. Non le sembra semplificativo parlare solo di centrodestra innovatore?
«Mio padre mi ha insegnato ad andare avanti. Io penso che il paese abbia bisogno di un sistema moderno semplificato in grado di decidere, e di decidere velocemente, dove le responsabilità di fronte all’elettorato sono ben chiare e dove l’elettorato può decidere. Perché in tutti questi anni in cui la Seconda Repubblica si è riempita la bocca  di parole come sovranità popolare non si è mai vista una sovranità popolare così calpestata».

Chi preferisce: Alfano o il giovane lealista, «convintamene berlusconiano» Raffaele Fitto?
«Fitto, naturalmente dando ai suoi il nome di lealisti ha acquistato un vantaggio nei confronti di Alfano. Certamente la sua iniziativa per azzerare tutte le cariche e con un congresso sarebbe giusta se non si scontrasse con la realtà del Pdl,  un partito assolutamente impreparato  a un congresso, che ha un suo capo carismatico. Ma proprio per questo, come fa un partito carismatico a prendere le distanze dal proprio capo carismatico?».

Sarebbe una contraddizione in termini. Fitto, che pone al centro la Giustizia, il bipolarismo e il presidenzialismo, può essere una speranza per il futuro?
«Non voglio entrare nel merito delle personalità che devono guidare quel partito, non è compito mio. Pongo, come feci un anno fa quando lasciai il Pdl, un problema di contenuti. Presidenzialismo e modernizzazione del paese sono le battaglie fondanti della Forza Italia alla quale anche io aderii. Io non credo che un partito possa rinunciare alle sue battaglie originarie e identitarie. La cosa che mi auguro è che Berlusconi sappia evitare che lo scontro diventi frattura conclamanta, sarebbe devastante per tutto il centrodestra e il sistema politico nel suo complesso».

Potrà Berlusconi continuare a esercitare la sua funzione di leader, come sostengono i lealisti con forza, anche dal «carcere» dei servizi sociali, modello Nelson Mandela?
«Il leader non è una carica onorifica e neanche un mestiere. Uno è il leader perché è in grado di coagulare attorno a sé i consensi. Finora Berlusconi, pur con tutti i guai che ha, continua a mantenere consensi. Il leader non si decide a tavolino, non si decide con i ricatti, il leader è tale se ha consensi e Berlusconi, ripeto, li ha»,

Massimo D’Alema gli consiglia di dimettersi e di non restare «aggrappato alla poltrona, perché si  può essere leader anche fuori dal parlamento dal quale lui autoironicamente dice di essere stato rottamato «per reati meno gravi».
«La storia che portano sulle spalle i post-comunisti è una storia inemendabile».

Il capo dello Stato è attaccato intanto da una parte del Pdl che lo accusa di non aver fatto praticamente nulla per Berlusconi, dall’altro lato c’è chi come il Pd pensa che abbia fatto troppo. Napolitano ha fatto tutto quello che poteva fare per il Cavaliere? Oppure rischia, ripetendo la sua storia di ex comunista migliorista, di restare sempre tra due fuochi?
«Napolitano è certamente tra due fuochi e si è assunto una responsabilità di cui era inevitabile ne pagasse il fio. Dopodiché il presidente della Repubblica in Italia ha poteri limitati. Napolitano ha esercitato nel modo più assertivo possibile la moral suasion di cui è detentore, ha richiamato più volte a una riforma della Giustizia. Ma io credo che più di questo Napolitano non sia in condizioni di fare. Questo è il motivo per cui penso che la giusta evoluzione del nostro sistema politico sia il presidenzialismo, altrimenti ci troviamo in un sistema di governo impossibile, in un paese dove è impossibile decidere».

Claudio Martelli tradì suo padre ma dopo essersi distinto da lui spesso e volentieri sulla linea politica rispetto al Pci, Alfano ha marcato un forte distinguo dal leader solo alla fine. Come giudica i due atteggiamenti?
«La storia non si ripete mai nelle stesse forme. Però, quella volta prendere le distanze da Craxi fu un tragico errore con le conseguenze nefaste che abbiamo visto, penso che di questa storia tutti facciano tesoro. Quindi, anche Alfano».

 

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Paola Sacchi

Sono giornalista politico parlamentare di Panorama. Ho lavorato fino al 2000 al quotidiano «L'Unità», con la mansione di inviato speciale di politica parlamentare. Ho intervistato per le due testate i principali leader politici del centrodestra e del centrosinistra. Sono autrice dell'unica intervista finora concessa da Silvio Berlusconi a «l'Unità» e per «Panorama» di una delle prime esclusive a Umberto Bossi dopo la malattia. Tra gli statisti esteri: interviste all'ex presidente della Repubblica del Portogallo: Mario Soares e all'afghano Hamid Karzai. Panorama.it ha pubblicato un mio lungo colloquio dal titolo «Hammamet, l'ultima intervista a Craxi», sul tema della mancata unità tra Psi e Pci.

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