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In India la tangente è una regola

In India la tangente è una regola

Secondo il rapporto della Commissione per la Vigilanza di Delhi la piaga delle tangenti nel settore pubblico e privato strangola l’economia indiana

La democrazia più grande del mondo è anche il Paese più corrotto del pianeta. Tutti vogliono fare business in India, ma per riuscirci e avere successo bisogna prima passare sotto le grinfie dei funzionari pubblici, che hanno il potere di scegliere chi può vendere cosa e, soprattutto, cosa Nuova Delhi vuole acquistare oppure no.

Quello degli elicotteri Finmeccanica è solo l’ultimo di una serie infinita di casi che coinvolgono il Paese dei maraja. In ogni singolo reparto della pubblica amministrazione indiana si celano (e manco tanto) funzionari che chiedono e ricevono mazzette. E’ uno dei principali crucci del governo, che sta cercando di arginare il fenomeno, anche se non con molto successo. Il clientelismo va tuttora alla grande in India. Il sistema è ben rodato e alimenta esponenti di spicco della politica nazionale e locale, che vengono remunerati per i loro “favori”.

Molti di loro sono funzionari di alto livello, che chiedono denaro in cambio di firme su contratti miliardari, sia siglati da imprenditori indiani che esteri. Durante gli ultimi 20 anni l’elefante indiano ha liberalizzato la sua economia e il governo si è dimostrato aperto ai “nuovi affari” nel mondo globale. Ma il lato oscuro del Paese non è stato cancellato e la corruzione risulta essere onnipresente e onnipervasiva in tutto il sistema burocratico indiano, fino a strangolarne l’ulteriore crescita.

I dati parlano chiaro. A fine dicembre 2012 La Commissione Centrale per la Vigilanza (CVC) ha pubblicato il rapporto annuale sul tasso di corruzione del Paese, basato su centinaia di migliaia di denunce da parte di singoli cittadini e anche di piccoli e medi gruppi imprenditoriali. Il panorama è impietoso. Solo contro le ferrovie dello Stato (ente pubblico) sono state depositate 8.805 denunce di corruzione. Poco più di 5.000, invece, le accuse di corruzione dirette a impiegati e funzionari degli uffici fiscali.

E anche il settore delle banche non si sottrae all’ombra lunga della corruzione. Subito dopo le ferrovie e i trasporti, sono proprio i funzionari bancari a distinguersi per tasso di corruzione e corruttibilità: 8.430 le denunce a loro carico in tutto il 2011. Non mancano poi gli impiegati governativi della capitale Delhi, colpiti da 4.783 denunce, e i funzionari del ministero per lo Sviluppo urbano, che hanno totalizzato 3.921 accuse e se la dovranno vedere in tribunale.

Ma anche tutti gli altri ministeri non si discostano dal trend che vede la corruzione come una sorta di sport nazionale. Dalle telecomunicazioni al dicastero per l’Energia è tutto un giro di mazzette e di conseguenti denunce. Segno che l’intero sistema sta franando e che gli sforzi del governo per punire chi commette simili crimini sono ancora lontani dall’ottenere risultati tangibili.

Anche le aziende non scherzano. Secondo le ricerche svolte da varie organizzazioni indiane che lottano contro la corruzione, il tasso di integrità e trasparenza della maggior parte delle imprese indiane registra livelli molto bassi e frequenti scandali colpiscono le aziende che operano in territorio indiano, sia straniere che locali. Molti imprenditori sono regolarmente accusati di versare tangenti a funzionari molto esosi. E, d’altronde, se c’è qualcuno che chiede deve per forza esserci qualcuno che dà.

Al momento, e tra mille dibattiti e tentennamenti, il Governo sta lavorando su una proposta di legge che criminalizzi il sistema di tangenti nel settore privato (oltre che in quello pubblico), ma gli scandali continuano a fioccare. L’ultimo, il più grande, riguarda il settore delle telecomunicazioni e si sta consumando proprio in questi giorni. Ma altri grossi casi hanno recentemente hanno squarciato il velo sul sistema di corruttela indiano, dall’operazione Walmart ai Giochi del Commonwealth.

Il 12 febbraio scorso il Central Bureau of Investigation indiano (CBI) fa scattare le manette per il procuratore che si occupa del mega scandalo Telecom-India. In sostanza, il ministero delle telecomunicazioni avrebbe vendute licenze per operare sul mercato a prezzi risibili ad “aziende amiche”. La perdita per lo Stato indiano è di circa 40 miliardi di dollari. Il giro di mazzette è colossale, tanto da far dire a molti che lo scandalo Telecom è la vergogna più grande che abbia colpito l’India contemporanea.

Un mese prima, il 15 gennaio 2013, la catena di supermercati americani Walmart annuncia di avere aperto un’inchiesta sulla consociata indiana, sospettata di aver violato la legge anti-corruzione statunitense. Anche in questo caso si parla di un giro di mazzette di milioni di dollari.

E nel settore militare la musica non cambia. A marzo del 2012 il generrale VK Singh dichiara che un lobbysta di un’industria che produce materiale bellico gli ha offerto una tangente di 2.7 milioni di dollari affinché l’esercito indiano acquisti centinaia di autocarri ritenuti obsoleti. La cosa scatena l’opinione pubblica e il ministro della Difesa chiede al generale di mettere per iscritto le sue accuse. Ma VK Singh non lo fa e della cosa non si sa più nulla.

Dollari per voti. A marzo del 2011 esplode il caos per un cable di WikiLeaks dal quale si evince che un parlamentare “anziano” ha inviato a un funzionario dell’ambasciata americana le “ricevute” delle mazzette pagate nel 2008 a vari membri del Parlamento, affinché votassero la fiducia al Governo in un voto cruciale, quello riguardante il piano nucleare dell’India, osteggiato dai partiti di sinistra e sponsorizzato invece dall’Esecutivo e dagli americani.

In migliaia scendono per le strade chiedendo al Primo ministro, Manmohan Singh, di dimettersi. Nascono movimenti spontanei contro la corruzione nel mondo della politica. Ma ad oggi ancora non è stato fatto nulla per arginare seriamente il fenomeno, a parte proclami più o meno propagandistici da parte delle varie forze politiche.

Il capo anti-corruzione corrotto. Ai primi di marzo del 2010 il capo della commissione indiana per la lotta alla corruzione, PJ Thomas, viene costretto a dimettersi dalla Corte Suprema, che lo mette sotto accusa per aver ricevuto tangenti durante lo svolgimento del suo incarico. PJ Thomas si dichiara innocente. Le accuse di corruzione risalgono a venti anni prima. Al momento è a piede libero e ancora non si è celebrata la prima udienza del processo ai suoi danni.

Le vedove di Maharashtra. A novembre del 2010 Ashok Chavan, governatore del Maharashtra, che è uno degli stati indiani più popolosi, è costretto a dimettersi perché travolto da un enorme scandalo che riguarda le case per le vedove di guerra. Funzionari della sua amministrazione sono accusati di aver negato le case alle vedove per assegnarle invece a ufficiali in pensione dell’Esercito indiano.Sotto pagmaneto, ça va sans dire, di laute mazzette.

Corrotti i Giochi del Commonwealth. A ottobre del 2010, in occasione dei Giochi del Commonwealth, scoppia lo scandalo corruzione che coinvolge due alti funzionari preposti all’organizzazione dei Giochi. I giudici li accusano di molte “irregolarità finanziarie”, oltre a varie tangenti per le costruzioni edilizie necessarie e per vari appalti satellite. I Giochi sono costati al governo indiano circa 4.1 miliardi di dollari, a fronte dei 270 milioni previsti.

Lo scandalo delle miniere. Estrarre la cromite in India costa molto caro. A luglio del 2011 il governatore dello Stato del Karnataka è stato costretto a dimettersi per lo scandalo mazzette che lo ha investito. Secondo un rapporto della commissione anti-corruzione tra il 2006 e il 2010 sulla pelle delle miniere si sarebbe consumato un giro di denaro sporco per circa 3 miliardi di dollari, concentrato soprattutto sulle cosiddette “miniere illegali”. Lo Stato del sud indiano produce circa 45 milioni di tonnellate di ferro l’anno, la metà delle quali viene esportato verso la Cina.

Insomma, l’elefante indiano stenta a prendere il volo, ma il vero problema non è il suo peso fisico, bensì la catena costituita dalla corruzione, che impedisce all’economia di svilupparsi secondo logiche di mercato trasparenti, destinandola a rimanere a terra nonostante le ali.

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