Il bluff di Debora Serracchiani
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Il bluff di Debora Serracchiani

Nel 2009 era la «Barack Obama» del Pd. Oggi il governatore del Friuli ha alcuni seri grattacapi. Non soltanto giudiziari

È bastato un lustro per togliere ogni lustro a Debora Serracchiani. Tra guai giudiziari e contabili, cumulo e sovraccarico di cariche, qualche gaffe e i troppi impegni mediatici che la distraggono dal duro lavoro che richiederebbe la sua poltrona di governatore del Friuli-Venezia Giulia, la più giovane promessa del Partito democratico rischia oggi di finire miseramente in bluff. Dalla fine di luglio, prima la Corte dei conti e poi la Procura di Trieste hanno aperto fascicoli sulla giunta, rispettivamente ipotizzando anomale assunzioni «ad personam» e attribuendo al suo assessore alla Cultura e allo Sport una truffa aggravata ai danni della stessa regione.

Lei, assai innervosita, ha taciuto sulle assunzioni, ha sospeso per 45 giorni l’assessore assumendone l’interim, e infine (era il 13 agosto) ha dichiarato: «Fin che si trattava di Silvio Berlusconi credevo fosse un problema di Berlusconi; adesso, onestamente, immagino si possa dire che si debba fare una riflessione». Come a dire: finché per via giudiziaria veniva aggredito l’avversario, tutto bene; adesso, però, si esagera. Frase quantomeno imbarazzante, visto che esce dalla bocca di uno dei due vicesegretari nazionali del Pd: per sua fortuna tutti i giornali l’hanno graziata, fingendo di non accorgersene…

E pensare che la frangetta nera di Debora era emersa alle cronache nel marzo 2009 proprio grazie a un puntutissimo, furbissimo e applauditissimo discorsetto di 12 minuti e 41 secondi all’assemblea dei circoli del Pd («A questo partito manca la leadership») che l’aveva proiettata all’istante nell’iperuranio della politica italiana. A soli 38 anni l’avevano celebrata come «il futuro in rosa della sinistra» e mai carriera politica era stata più repentina. Fulminato dalla sua oratoria, appena 5 giorni dopo Dario Franceschini, il segretario democratico dell’epoca, l’aveva assolutamente voluta candidare alle elezioni europee che si sarebbero tenute di lì a un mese, e sulla stampa amica le sue 144 mila preferenze l’avevano trasformata (testualmente) in «una Barack Obama in gonnella».  

Da allora, per 5 anni, la marcia di Serracchiani pare  inarrestabile. Forse anche perché Debora si lega a ogni successivo segretario del Pd. Schierata con Franceschini, nell’ottobre 2009 diventa segretaria regionale del Pd. Passata armi e bagagli con il successore, Pier Luigi Bersani, nel luglio 2012 viene candidata alla presidenza del Friuli per le elezioni del 21-22 aprile 2013, ma alla vigilia del voto, mentre declina la stella dello «smacchiatore di giaguari» (che lascia il timone il 20 di quel mese), spedisce agli elettori un vortice di sms nei quali prende le distanze da lui e dal suo modello di Pd.
Serracchiani passa quindi con il nuovo segretario «reggente», Guglielmo Epifani, e soltanto due mesi dopo entra nella segreteria nazionale come responsabile dei trasporti. In quel periodo si ricordano alcune sue posizioni critiche nei confronti di Matteo Renzi, ancora primo cittadino di Firenze ma già sgomitante per la leadership nel partito («Prima pensi a fare bene il sindaco»). Quindi salta ancora il fosso e, ovvio, si trasforma in fervente renziana: così nel dicembre 2013 viene confermata nella nuova segreteria nazionale e nel marzo 2014 viene premiata con la vicesegreteria del Pd.  

Eh sì: sembrava proprio che nessuno potesse frenare la scalata al potere della minuta brunetta che tanto somiglia ad Amélie Poulain, sognante e leggiadro personaggio di Il favoloso mondo di Amélie, premiato film francese. C’è chi, conoscendo bene Serracchiani, assicura che in realtà stia puntando, se non a un ministero, a un ruolo ancora più centrale nel Pd. E che a questo obiettivo abbia piegato la sua intensa attività mediatica.

Invece, con l’estate, per lei sono iniziate le grane. Ed è stato tutto un crescendo. Proprio mentre Debora passava da un talk-show a una festa di partito, il primo colpo è arrivato dall’Unione europea che ha minacciato multe milionarie alla Regione se entro il 2015 non farà partire i suoi depuratori. Lei ha gridato a presunte inadempienze del predecessore, Renzo Tondo, dimenticando che la giunta di centrodestra già nel 2010 aveva stanziato 30 milioni per il grande depuratore di Servola (Trieste), peraltro mai completato.

Poi in luglio è partita una raffica d’interpellanze, firmate da un battagliero consigliere regionale di Forza Italia, Rodolfo Ziberna. Ziberna ha segnalato che proprio la giunta della «moralizzatrice Serracchiani» ha fatto strane assunzioni, apparentemente dettate da nepotismo. E ha fatto nomi e cognomi dei presunti favoriti: il primo è Carlo Fortuna, ex segretario di un senatore friulano del Pd e assunto con bando urgente alla fine del 2013 dal governatore come capo del suo Servizio affari internazionali. «Il bando» sostiene Ziberna «pareva costruito su misura proprio per Fortuna, già collaboratore di Serracchiani quando era deputata europea». Il secondo assunto è Davide Bonetto, entrato per chiamata diretta nel gabinetto del governatore attraverso una società interinale, in tempi record: la richiesta parte il 26 maggio e il contratto viene firmato il 9 giugno. Si doveva coprire un incarico che, a quanto scriveva la giunta, richiede «capacità di analisi in termini istruttori e di capacità relazionali».

Il punto che Ziberna contesta è che Bonetto, geometra e muratore, nel curriculum segnala come requisito vincente il suo essere vicesindaco del Pd nel Comune di San Giorgio di Nogaro (Udine). Ziberna nota anche che alcune fotografie di Bonetto compaiono «amichevolmente» nel profilo Facebook di Riccardo Chiappa, marito di Serracchiani. La terza nomina sotto accusa è quella di Massimo Ceccon, assunto nella Direzione regionale alle infrastrutture: sempre attraverso un’agenzia di lavoro interinale, ma forse anche perché consigliere comunale a Udine per Sel, uno dei partiti che sostengono la giunta Serracchiani.
«Il governatore non ha mai risposto alle mie interpellanze» protesta Ziberna. «Ora io non mi scandalizzo tanto per le nomine “sartoriali”, quanto per l’aria da bacchettona del presidente, che continua a presentarsi come grande moralizzatrice». Il problema per Serracchiani è che adesso la sua giunta dovrà rispondere non solo a Ziberna, ma soprattutto alla Corte dei conti, che ha aperto un’istruttoria sulle ultime due nomine.

L’ultimo e più grave colpo è arrivato però dalla Procura di Trieste, che il 7 agosto ha aperto un’inchiesta contro un assessore di peso: Gianni Torrenti (Pd), responsabile di Cultura e Sport, accusato di truffa aggravata ai danni della stessa regione. Al centro dell’inchiesta è l’associazione Spaesati, che si occupa d’immigrazione e di cui Torrenti è stato presidente, che avrebbe dimenticato di pagare fatture per 9 mila euro alla regione. L’inchiesta ipotizza anche irregolarità nei contributi all’attività politica dell’assessore, e qui si parla di un po’ più di denaro: 170 mila euro.

Serracchiani ha assunto l’interim di Sport e Cultura e ha detto che lo conserverà per 45 giorni. La decisione ha acceso polemiche: perché 45 giorni? Che cosa accadrà dopo? E Torrenti intanto conserverà lo stipendio? Ma il vero problema è il cumulo di cariche. Ziberna attacca: «Serracchiani è vicesegretario del Pd, presidente di regione, commissario alla terza corsia dell’autostrada A4 tra Venezia e Trieste e ora è anche assessore alla Cultura. Già non la vediamo mai, perché va sempre in tv…».

Intanto la spesa corrente regionale aumenta. Lo certifica la Corte dei conti: nel 2013, con oltre 2,2 miliardi di euro, nel Friuli-Venezia Giulia è cresciuta del 3,2 per cento. E con 1.834 euro per abitante è 3 volte superiore a quella del Lazio, oltre 5 volte quella della Lombardia e 6 volte quella dell’Emilia-Romagna. Nelle feste di partito e nei talk-show Serracchiani si vanta però di avere ridotto i costi della politica. Non dice che in realtà è stato il predecessore Tondo ad aver tagliato da 60 a 49 i consiglieri regionali, e ad aver eliminato i loro privilegi previdenziali. Niente male, per chi predicava al Pd: «Qui serve soprattutto onestà intellettuale e piena trasparenza». 

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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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