Forze armate: più comandanti che comandati
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Forze armate: più comandanti che comandati

In Italia abbiamo la metà dei generali che hanno gli Stati Uniti. Ma con forze nove volte più piccole di quelle americane

Quando gli eserciti erano di massa e di leva milioni di uomini in uniforme obbedivano in battaglia agli ordini di qualche migliaio di generali e colonnelli. Nell’epoca degli eserciti hi-tech, dove il numero dei militari è sostituito dalla potenza e dalla precisione degli armamenti, tutti i Paesi stanno riducendo i ranghi (lo fa persino l’esercito di massa per antonomasia: quello cinese) e, con maggiore fatica, il numero dei vertici militari. In tempi di revisione della spesa pubblica e di crescenti polemiche intorno ai costi degli apparati militari ben rappresentate da questo articolo del Fatto Quotidiano dare un’occhiata al rapporto numerico esistente tra vertici e sottoposti, cioè tra comandanti e comandati nelle forze armate, può essere uno strumento utile a individuare sprechi e possibili risparmi.

Gli stati Uniti hanno in servizio quasi 1,5 milioni di militari guidati da 984 generali, circa uno ogni 1.500 militari mentre in Germania sono 202 su quasi 200.000 mila militari, cioè più o meno uno ogni mille. In Italia, dove i militari diEsercito, Aeronautica e Marina sono circa 181 mila, i generali in servizio attivo sono 480 secondo la Ragioneria generale dello Stato dei quali ben 50 di corpo d’armata (a tre stelle) che salgono a 69 considerando i parigrado di Carabinieri e Guardia di Finanza.

Un generale ogni 378 militari: in pratica abbiamo la metà dei generali che hanno gli Stati Uniti ma con forze nove volte più piccole di quelle americane.

Anche la Gran Bretagna, che dispone di forze armate numericamente simili a quelle italiane, schiera 496 generali (uno ogni 390 militari) destinati però a diminuire drasticamente nei prossimi anni con i tagli previsti e bonus di 190 mila sterline ai generali che lasceranno volontariamente il servizio.

Altre fonti riferiscono di un numero di generali italiani più alto (da 511 a 600) contando anche quelli “in ausiliaria”, non più in servizio attivo ma che ottengono un incremento pensionistico (al costo di 355 milioni di euro nel 2012, quanto una fregata FREMM che la Marina fatica ad acquistare per carenza di fondi) in cambio della disponibilità ad essere richiamati in caso di necessità. Eventualità peraltro molto remota considerando che nei reparti italiani mancano giovani fucilieri, il cui arruolamento è stato decurtato per ridurre i costi, non vecchi colonnelli e generali.

I generali sono decisamente troppi specie se si considera che i reparti operativi sono da anni in calo costante. L’Esercito ha 11 brigate che dovrebbero ridursi a nove: una forza che un  tempo era sufficiente a costituire un solo corpo d’armata. Abbiamo troppi comandi in gran parte inutili come quelli territoriali che assorbono troppi generali la cui riduzione di un terzo è prevista dai tagli varati dal ministro Giampaolo Di Paola . Anche se la riforma andasse in porto resterebbero in ogni caso di troppi comandanti perché proporzionalmente verranno tagliati o accorpati anche i reparti.

Nei prossimi 12 anni i militari verranno ridotti del 20 per cento a circa 150 mila effettivi e i dipendenti civili della Difesa saranno dimezzati rispetto agli attuali 43 mila. Se il numero di generali e colonnelli verrà decurtato in percentuale solo di poco superiore si riproporrà comunque la sproporzione tra comandanti e comandati. Una sproporzione che incide anche sulle risorse finanziarie considerati gli elevatissimi costi retributivi e pensionistici di generali e colonnelli.

Un aspetto non secondario dal momento che al congedo per anzianità ogni militare viene promosso al grado superiore. In questo modo gli attuali colonnelli percepiranno la pensione da generale di brigata e le migliaia di tenenti colonnelli quella di colonnello. Una pratica istituita per compensare i sacrifici, i rischi e i frequenti trasferimenti che la vita militare impone a chi veste l’uniforme e alle famiglie ma che non ci possiamo permettere.  

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Gianandrea Gaiani