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Elogio ai rettori che bacchettano i colleghi anti-Israele

Elogio ai rettori che bacchettano i colleghi anti-Israele

La Conferenza dei rettori ha attaccato i colleghi, professori e studenti che con le loro azioni anti-Israele stanno macchiando l’immagine delle nostre università, ricordando loro quale sia lo scopo e la forza del sapere

Lo ammetto. I miei articoli quotidiani sono per lo più delle critiche verso questo o quello. Criticare, si sa, è semplice e per certi versi anche piacevole. Ieri, ad esempio, nel mirino è finito il Senato Accademico dell’Università di Torino che (secondo il sottoscritto in maniera errata e vergognosa) ha deciso di cedere alle pressioni di un gruppo di studenti dei collettivi Pro Palestina per interrompere le cooperazioni attive tra l’ateneo piemontese e quelle israeliane. Il tutto all’interno di un panorama universitario che sta dando il peggio di se per mancanza di tolleranza e scarsa cultura (l’esatto contrario del proprio mandato).

Oggi però c’è qualcuno che si merita dei complimenti, un elogio pubblico. Si tratta del Crui, la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane che al termine di un incontro con il Ministro Bernini tenutosi oggi ha diramato un breve quanto chiaro comunicato:

«La Conferenza dei rettori “ribadisce che la violenza contraddice l’essenza stessa dell’università, sede naturale del pensiero critico, e rinnova la propria ferma condanna per qualunque atto teso a silenziare con la prevaricazione l’opinione altrui”. Si conferma l’impegno ad adottare buone pratiche orientate alla preservazione del diritto di esprimere qualunque opinione all’interno degli spazi universitari, nel rispetto del confronto culturale, del vivere civile e dei valori fondanti della Costituzione della Repubblica. Gli atenei sono comunità di studenti, docenti e personale tecnico e amministrativo che, attraverso la formazione, la ricerca scientifica e il dialogo, generano e trasmettono nuovo sapere, fondato sul confronto, anche aspro e determinato, fra tesi diverse».

Sarebbe il caso che queste righe fossero inviate ai circa 700 docenti sparsi negli atenei nostrani e firmatari della lettera con cui si chiede l’interruzione delle collaborazioni con i colleghi di Israele. Uno di questi era ospite stamane in una trasmissione radiofonica. Ha spiegato che «non è antisemitismo ma siamo contro Israele, come nazione e governo… che ogni università di fatto collabora ed è parte con il programma bellico di Tel Aviv…e che le collaborazioni con facoltà di paesi non proprio democratici come Russia, Cina ed Iran, non vengono interrotte perché non rientrano in collaborazioni che hanno a che fare con fondi europei…».

La pochezza di queste argomentazioni dovrebbe farci tutti riflettere e non in merito solo alla tematica dell’oggi sul caso Israele-Gaza-Italia ma sul livello delle nostre università, sulla bontà o meno di insegnamento di certi professori cui affidiamo la crescita umana ed intellettuale dei nostri ragazzi.

Il sapere non ha a che fare con la politica, la guerra o cos’altro ma con la testa ed il cuore. Chi insegna dovrebbe saperlo meglio degli studenti stessi; chi insegna dovrebbe usare quei due organi meglio degli studenti stessi.

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