Spesa pubblica, la Consip funziona ma viene boicottata
Epa/Julien Warnand
Economia

Spesa pubblica, la Consip funziona ma viene boicottata

Si occupa di acquistare beni e servizi per la pubblica amministrazione e ha fatto risparmiare allo Stato 7,5 miliardi nel 2014. Ma molti non la amano

In attesa della spending review, che nonostante gli annunci ancora latita, c’è una sola società pubblica che nel 2014 è riuscita a fare risparmiare soldi allo Stato: la Consip. È una controllata al 100% dal ministero dell’Economia che, nonostante i risultati ottenuti l’anno scorso e certificati dal bilancio, pare stia vivendo come sospesa in una nube di indeterminatezza che ha del paradossale.

Iniziamo dai numeri. La spesa totale della pubblica amministrazione per l'acquisto di beni e servizi è stimata (sì, si hanno solo stime) in circa 140 miliardi di euro l’anno. Questi soldi escono dalle casse pubbliche attraverso migliaia di rivoli che non comunicano tra di loro, ovvero, attraverso le famose 32mila stazioni appaltanti che possono bandire gare d’acquisto e appalti. Consip si occupa di acquistare centralmente beni e servizi in modo da ottenere sostanziosi risparmi per le casse dello Stato, risparmi che non possono essere conseguiti da una singola stazione appaltante che indice gare per piccoli importi sui quali ottenere sconti è impossibile. Sui 140 miliardi di euro di spesa, Consip "presidia" solo 38,1 miliardi e, con i bandi centralizzati realizzati nel 2014 è riuscita a fare risparmiare allo Stato 7,5 miliardi di euro, stima elaborata da una società di certificazione esterna che ha calcolato quanto sarebbe costato acquistare sul mercato gli stessi beni e gli stessi servizi senza utilizzare l’intermediazione della Consip. Se si pensa che le gare bandite dalla società nel 2014 hanno avuto un valore di «soli» 13,5 miliardi, si può solo immaginare quali sarebbero potuti essere i risparmi per lo Stato se solo la spesa pubblica «presidiata» da Consip fosse stata superiore.

Ma per aumentare la spesa pubblica gestita da Consip occorre ridurre il numero di stazioni appaltanti, cioè togliere dalle mani degli enti locali (e non solo loro, anche degli enti pubblici, ad esempio) la possibilità di bandire gare d’acquisto obbligandoli ad acquistare ciò di cui hanno bisogno per il loro funzionamento solo dalle aziende che hanno firmato accordi di fornitura con Consip. La riduzione del numero di stazioni appaltanti era esattamente ciò che era previsto accadesse il primo luglio del 2014 quando il loro numero sarebbe dovuto passare da 32mila ad appena 35. Le pressioni dell’Associazione nazionale dei Comuni, spalleggiata da tutti gli altri enti territoriali, ha convinto il governo a rinviare questa scadenza al primo gennaio del 2015 quando, di nuovo, si è deciso di rinviare il taglio al primo settembre di quest’anno. Il primo gennaio del 2015 doveva entrare il vigore anche la norma che prevedeva che pure gli appalti per i lavori pubblici dovessero essere gestiti, in sede di definizione del bando, dalla Consip, ma anche questa scadenza è rinviata, in questo caso, al primo luglio del 2015.

In sostanza, quindi, l’unica società che ha dimostrato di essere in grado di far risparmiare soldi allo Stato riducendo la spesa corrente senza tagliare le prestazioni, è stata obbligata a rinviare la sua piena entrata in attività di 14 mesi con conseguenze non solo sul fronte della spesa pubblica, ma anche sul fronte della lotta corruzione. Se da una parte il governo approva un’apposita legge che inasprisce le pene, dall’altra non taglia alla radice le cause del problema, cioè la proliferazione dei centri di spesa che sono la vera causa sia degli sprechi di denaro pubblico sia della corruzione.

Ma c’è di più. Anche un’altra decisione importante continua ad essere rinviata, quella della sostituzione dei consiglieri d’amministrazione della Consip, tutti nominati dal ministero dell’Economia. Attualmente il Cda è composto dal presidente Luigi Ferrara, dal consigliere Marialaura Ferrigno e dal consigliere delegato Domenico Casalino. I primi due sono in carica da meno di un anno, dal luglio del 2014, ma nei palazzi della politica continua a circolare la voce secondo la quale il presidente Ferrara, capo del dipartimento dell’Amministrazione generale del personale e dei servizi del ministero dell’Economia, e il consigliere Ferrigno saranno sostituiti mentre dovrebbe essere confermato come amministratore delegato Domenico Casalino. L’assemblea dei soci che avrebbe dovuto procedere alla sostituzione era stata convocata inizialmente il 5 maggio e poi rinviata al 21 maggio. Il 21 maggio è stato solo approvato il bilancio 2014, senza ulteriori decisioni se non quella di rinviare nuovamente le nomine al 5 giugno. Dopo, fa notare qualcuno al ministero, che si saranno svolte le elezioni regionali.

 

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Marco Cobianchi

Sono nato, del tutto casualmente, a Milano, ma a 3 anni sono tornato a casa, tra Rimini e Forlì e a 6 avevo già deciso che avrei fatto il giornalista. Ho scritto un po' di libri di economia tra i quali Bluff (Orme, 2009),  Mani Bucate (Chiarelettere 2011), Nati corrotti (Chiarelettere, 2012) e, l'ultimo, American Dream-Così Marchionne ha salvato la Chrysler e ucciso la Fiat (Chiarelettere, 2014), un'inchiesta sugli ultimi 10 anni della casa torinese. Nel 2012 ho ideato e condotto su Rai2 Num3r1, la prima trasmissione tv basata sul data journalism applicato ai temi di economia. Penso che nei testi dei Nomadi, di Guccini e di Bennato ci sia la summa filosofico-esistenziale dell'homo erectus. Leggo solo saggi perché i romanzi sono frutto della fantasia e la poesia, tranne quella immortale di Leopardi, mi annoia da morire. Sono sposato e, grazie alla fattiva collaborazione di mia moglie, sono papà di Valeria e Nicolò secondo i quali, a 47 anni, uno è già old economy.

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