Quando i campioni sportivi diventano un business (in Borsa)
Jamie Squire/Getty Images
Economia

Quando i campioni sportivi diventano un business (in Borsa)

Negli Stati Uniti Fantex Holding ha lanciato un progetto che cura le offerte di acquisto sugli atleti in una borsa virtuale

Avete mai pensato a cosa potrebbe succedere se i numeri uno dello sport, disciplina per disciplina, venissero quotati in borsa? Vi siete mai chiesti, come tifosi, se sareste disposti ad acquistare le azioni dei vostri beniamini, ottenendo così un ritorno economico dai loro successi (e nulla dai loro insuccessi)?

In realtà le scommesse sportive non sono certo una grossa novità. Sono anni che gli sportivi vincono e perdono piccole e grandi somme di denaro mentre si appassionano davanti a una partita di basket, di calcio, o a una corsa di cavalli. E probabilmente è proprio questo che ha spinto Fantex Holding , una nuova piattaforma commerciale lanciata da Buck French, che si presenta come l'unica al mondo che gestisce gli atleti come marchi, a puntare sul business del singolo più che della squadra. Per dare una svolta al mondo delle scommesse, e per creare una moda, quella della giocata sul singolo anziché sulla squadra, che ha le potenzialità per affermarsi in tutto il mondo.

Un'idea brillante o un inevitabile flop? E' questo che gli esperti della finanza hanno iniziato a chiedersi dopo l'annuncio, il 17 ottobre scorso, dell'iniziativa di Fantex.

Il progetto funziona così: Fantex dovrà distribuire "azioni tracciabili", ovvero documentate da performance e risultati, per ogni campione della sua scuderia, e presentare un'offerta pubblica di acquisto per ognuno di loro, che varia a seconda dei contratti ottenuti nel corso della carriera sportiva, dell'interesse degli sponsor, e di tanti altri dettagli. A quel punto, gli investitori sono liberi di acquistare azioni, in una borsa dedicata ospitata dal sito Fantex.com .  

I primi passi di questa iniziativa verranno mossi, per ovvie ragioni di marketing e visibilità, sul mercato del football americano, e anche se all'inizio molti esperti si dicevano scettici riguardo alla possibilità che Fantex sarebbe effettivamente riuscita a convincere gli atleti a lanciarsi in questa iniziativa, il numero di campioni in attesa di Opa aumenta: Arian Foster (Huston Texas) è stato il primo, seguito da Vernon Davis (San Francisco 49ers).

Gli atleti sono interessati perché ottengono milioni di dollari da Fantex pur cedendo, in cambio, una percentuale più o meno significativa dei loro guadagni futuri. Gli investitori anche, perché convinti che con lo sport si possa guadagnare facilmente, soprattutto con una formula che punta sul campione più che sulla squadra. Eppure, gli esperti sono scettici. Essenzialmente perché sarà sempre e solo Fantex a dettare le regole del gioco. I contratti con gli atleti valgono a tempo indeterminato, e non è detto che i milioni di dollari ottenuti oggi non siano sempre meno rispetto a tutto quello che il campione dovrà restituire a Fantax nel corso della sua carriera. Certo, se sarà sfortunato avrà fatto un affare. Ma è un destino che nessuno sportivo ama prendere in considerazione. E anche in questo caso non sarà certo Fantax a pagarne le conseguenze, ma coloro che hanno partecipato all'Opa del loro sventurato idolo, che dopo aver speso i loro risparmi per acquistare le azioni del loro sportivo preferito, accumuleranno perdite, non guadagni.

Altri problemi sono legati alla possibilità che l'atleta si riveli sempre più interessato a trovare modi più o meno legali per manipolare risultati e performance, cosa che potrebbe rendere il mondo dello sport ancora meno trasparente di quanto non sia ora. Infine, per permettere a Fantex di definire il prezzo dell'Opa, gli importi di contratti e le sponsorizzazioni dovrebbero diventare accessibili. E non è detto che sponsor e sportivi siano disposti a farlo.

Quindi insomma, qualcuno che crede nel progetto Fantex c'é, ma non è così scontato che l'iniziativa di French conquisti tutti gli sport e tutto il mondo. Almeno non prima di aver dimostrato di essere una piattaforma valida per fare profitti, non per accumulare perdite.

 

I più letti

avatar-icon

Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

Read More