Ora ho capito che la gogna e la malagiustizia sono pericolose
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Ora ho capito che la gogna e la malagiustizia sono pericolose

Intervista all'ex sindaco di Firenze, Leonardo Domenici

Mica era proprio una novità, se n’erano viste di peggio. Di molto peggio. Solo che il Corriere della sera, questa volta, aveva pubblicato la lettera in prima pagina. Leonardo Domenici, sindaco di Firenze fino al 2009 e al momento europarlamentare Pd, era stato cortese ma fermo. E il Corriere dell’8 novembre scorso aveva scelto di titolarne la missiva con parole orfane per una volta di bambagia: «Quei pm che stritolano anche chi non è indagato». I pm che stritolano? Epperò... Un breve riassunto s’impone: 18 novembre 2008, scattano le perquisizioni della Procura di Firenze contro la giunta Domenici. Accusa di corruzione a due assessori: avrebbero favorito la societè Fondiaria della famiglia Ligresti su una questione di terreni.

Il sindaco è sottoposto ad attacco mediatico violentissimo, la procura diffonde ai giornali la voce di «incendi» incombenti. Spuntano le immancabili intercettazioni. Quelle con la voce di Domenici, spara forte L’Espresso, «testimoniano di un male che va oltre la corruzione addebitata ai due assessori». Si tratta di un verminaio, mette in guardia. L’8 dicembre, per protesta, il sindaco s’incatena sotto la sede del grande gruppo editoriale a Roma: non era nemmeno indagato. Per la stampa si trattò di un trascurabile dettaglio. Passarono più di cinque anni, di botte, di si dice, di onori inzaccherati. Marzo 2013, la sentenza: assoluzione piena di tutti gli imputati dall’accusa di corruzione. Le motivazioni della stessa diventeranno pubbliche nel novembre 2013: smontano l’accusa, la fanno a pezzi, la ridicolizzano. Vi siete inventati un processo che non c’era, cari pm, dicono i giudici.

«L’Espresso» le ha chiesto scusa, onorevole Domenici?

Anzi, ha protestato perché avevo protestato.

Come?

Rispondendo alla mia lettera con un’altra: di che si lamenta, questo Domenici? È forse colpa dell’Espresso se i processi sono troppo lunghi? Mica potevamo aspettare le sentenze, noi facevamo cronaca. O avremmo dovuto rinunciare al sacro diritto-dovere di informare?

E lei?

Ho cliccato questo tweet: «Giustamente, il Corriere della Sera ha dato all’Espresso quel diritto di replica che L’Espresso non ha concesso a me».

Anche i pm hanno reagito con veemenza. Leggo: «Le valutazioni del Tribunale di Firenze sono frutto di una lettura fuorviata e di un esame parziale, superficiale e atomistico del materiale probatorio e delle intercettazioni».

Mica male, no? Da parte di chi predica costantemente che le sentenze vanno rispettate.

La sua risposta è stata: «Se si assiste a un attacco di sapore berlusconiano nei confronti della sentenza di un collegio di tre giudici, allora vuol dire che c’è il rischio di creare un problema alla credibilità del funzionamento della magistratura».

Esattamente.

Posso dirle che la risposta è deludente?

In che senso?

Nel senso che per voi, a sinistra, il riflesso è condizionato. L’attacco a una toga è sempre bene definirlo di «sapore berlusconiano».

Capisco quello che vuol dire.

Mai di sapore zagrebelskiano, o travagliesco, o rodotiano, come parrebbe piuttosto in questo caso, sempre berlusconiano.

Parlando di pm, un’attribuzione così mi sembrava più pungente.

Forse, ma troppo facile. Così più facile da suonare non vera.

Non negherà che l’aggressione continua a Berlusconi mossa dalla magistratura abbia impedito che il dibattito sulla riforma della giustizia potesse prendere corpo.

Non negherà che l’aggressione continua a Berlusconi mossa dalla magistratura abbia impedito che il dibattito sulla riforma della giustizia potesse prendere corpo.

Non voglio dire se sia nato prima l’uovo o la gallina. Fatto sta che oggi, per quanto mi riguarda, la questione è maturata.

Cioè?

Bisogna affrontare una seria riforma della giustizia e separare le carriere dei magistrati.

Il suo schieramento la pensa come lei?

Credo di essere ancora minoranza, il muro contro muro tra berlusconiani e antiberlusconiani è ancora in piedi. Ma non c’è dubbio che il ridimensionamento di Berlusconi renda più agevole una chance di confronto riformatore. E un punto centrale è questo: il contenimento del ruolo del pm.

Ha considerato che, dopo vent’anni di venerazione dei pm, il popolo di sinistra è egemonizzato non dal Pd, ma dalle posizioni dei Travaglio, dei Santoro e dei Lerner?

Non ho alcuna difficoltà ad ammettere che noi, e quando dico noi intendo anch’io, abbiamo commesso grandi errori su questo fronte. Vent’anni fa non pensavo le cose che penso ora. Ma credo che a sinistra si possa discutere meglio adesso che qualche anno addietro. Certo, azzarderei se dicessi che le cose che oggi io penso siano patrimonio comune al popolo di sinistra. Abbiamo delegato molto la magistratura, sul principio di legalità. E la politica ha rinunciato a troppo. Continuare su questa strada sarebbe la fine della politica.

Basta col controllo preventivo di legalità affidato alle procure?

Basta. E basta con l’esorbitanza dei pm.

Lei ha molto patito per il mai abbastanza denunciato circuito mediatico-giudiziario.

La questione è cruciale. E non ho risposte facili. Se non questa: la tutela di chi deve fare informazione deve essere affiancata da nuovi strumenti di tutela e di garanzia dell’informato.

Ma voi siete bloccati.

Cosa intende?

Sul vostro elettorato influisce più «La Repubblica» del segretario del partito.

Dieci anni fa le avrei detto di sì, oggi, ni.

Per parlare di alcune questioni, a sinistra, la precondizione è una: che non ci sia più Berlusconi.

Non esattamente. Certo, la situazione sarebbe facilitata. La magmaticità del Pd, se le correnti non s’imporranno su tutto, potrebbe favorire una discussione più libera.

Teme che qualcuno possa farle pagare le sue nuove posizioni?

Alcuni amici mi hanno fatto balenare quest’eventualità, non voglio nemmeno pensarci.

C’è una frase magica che a sinistra potreste pronunciare.

Quale?

Berlusconi o non Berlusconi, i problemi veri vanno risolti.

Sono d’accordo. Personalmente ci sto provando, e non da solo.

Non la pronuncerete mai.

Chissà.

Lo volete fuori dai piedi.

Un po’ fuori magari sì.

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Andrea Marcenaro