Luigi Di Maio
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Di Maio negli Usa: perché è un bluff

Il viaggio serviva a tranqillizzare l’amministrazione Trump in vista delle prossime elezioni. Ma da sempre (e ancora oggi) i 5 Stelle sono filo-russi

Chissà se sono soltanto complottismi campati in aria. È però opinione comune che per arrivare alla guida del governo italiano (e soprattutto restarci), leader e partiti politici abbiano bisogno del via libera di due entità extranazionali: il Vaticano e gli Stati Uniti. Ed è proprio in seguito a tale valutazione che, come i serpenti, i 5 Stelle stanno mutando la loro pelle.

Il bacio alla teca di San Gennaro

Per spiegare gli ammiccamenti con il Vaticano, basterà ricordare il bacio dato dal candidato premier pentastellato, Luigi «Giggino» Di Maio, alla teca con il sangue liquefatto di San Gennaro.

Correva il 19 settembre 2017 e il gesto apparve un modo sfrontato di avvicinare il movimento alla Chiesa cattolica. Peccato per qualche dettaglio (si fa per dire) programmatico vecchio appena di qualche mese.

I politici a 5 Stelle - scrive Famiglia Cristiana "hanno pochi dubbi: matrimonio gay, adozione da parte delle coppie gay, eutanasia, unioni di fatto, testamento biologico, fecondazione eterologa, legalizzazione delle droghe leggere, fino alla sperimentazione della Ru486, la pillola abortiva. Non c’è argomento etico che non veda il Movimento sulla sponda opposta alla dottrina della Chiesa".

Ma chi ha incontrato Di Maio?

Quanto agli Stati Uniti, lo stesso Di Maio si è premurato di compiere un viaggio negli Usa con lo scopo di accreditare il M5S come partito di governo affidabile per l’amministrazione di Donald Trump.

La prima annotazione è sulla qualità degli incontrati: Giggino ha visto soltanto seconde file del Congresso, persone di cui - con tutto il rispetto - fino a qualche giorno fa in Italia nemmeno conoscevamo l’esistenza, tipo i repubblicani Francis Rooney e Randy Hultgren e i democratici Albio Sires ed Eliot Engel.

Di sicuro più noto è Steve Scalise, capogruppo dei repubblicani alla Camera. Il quale, però, è stato piuttosto sbrigativo: si è intrattenuto con Di Maio appena una quindicina di minuti.

Il leader pentastellato, per la verità, è stato ricevuto pure al Dipartimento di Stato, accolto da tale Conrad Tribble, che sciorina una qualifica lunghissima (Deputy assistant secretary al Bureau of european and euroasean affairs) ma di fatto è un vice assistente segretario di Stato per l’Europa occidentale. Vice assistente segretario: insomma, poca roba.

La Russia? Per carità

Con i diversi interlocutori, Giggino ha parlato di economia, tasse, Europa e quant’altro a seconda delle competenze e delle responsabilità di chi aveva di fronte. Un solo concetto ha ripetuto con tutti fino allo sfinimento, sintetizzabile in un titolo secco: "I 5 Stelle non sono filorussi" (sottotitolo: "Sono i giornalisti che ci dipingono così").

Tuttavia - stando agli atti parlamentari, alle dichiarazioni pubbliche e al programma di governo pentastellato - è pacifico che i 5 Stelle abbiano sempre guardato con favore alla Russia invece che agli Stati uniti.

Manlio Di Stefano, responsabile esteri del Movimento (non uno qualsiasi), ha persino rappresentato i 5 Stelle al congresso di Russia Unita, il partito di Putin, ed è stato uno dei rari ospiti stranieri a cui è stato concesso di parlare dal palco.

Lo stesso Di Stefano è arrivato ad accusare l’amministrazione americana (allora guidata da Obama) di fomentare la tensione militare "con la Russia": "Da tempo la Nato sta giocando con le nostre vite", perciò il movimento "si oppone da sempre a questa immonda strategia della tensione e chiede, con una proposta di legge in discussione alla Camera dei Deputati, che la partecipazione italiana all’Alleanza Atlantica sia ridiscussa nei termini e sottoposta al giudizio degli italiani".

La proposta di legge del movimento si apre così: "Appare del tutto ragionevole considerare esaurite le motivazioni dell’adesione italiana alla Nato e sottoporre al Parlamento la decisione sull’opportunità di non rinnovare per il futuro tale adesione".

E comunque, per chi non lo sapesse, il candidato premier del M5S chiede da tempo di togliere le sanzioni alla Russia.

Inoltre, come da programma, gli stessi Di Maio e 5 Stelle vorrebbero finanziare il reddito di cittadinanza anche con la revoca dell’acquisto dei caccia F35 e, più in generale, con l’annullamento delle spese militari in favore della Nato, cioè del braccio armato degli Stati Uniti. Se lo scopre Trump, va a finire che Giggino non può più tornare in America…

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Carlo Puca