Dalla parte delle vittime, vere
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Dalla parte delle vittime, vere

Il tabaccaio che ha sparato al ladro è sotto accusa; a Napoli un collega che non ha reagito è in fin di vita

Io comunque sto con Marcellino. Che poi sarebbe Franco. Io sto con il tabaccaio di Ivrea. Anche se fosse confermato ciò che risulta dalle indiscrezioni sull’autopsia; anche se fosse vero, cioè, che ha sparato dal balcone al ladro che stava scappando; anche se non ci fosse mai stata alcuna colluttazione con i delinquenti; anche se dovessero alla fine condannarlo perché nemmeno la nuova legge sulla legittima difesa potrà salvarlo; ebbene, anche se tutto ciò dovesse succedere, io sto lo stesso con lui. Così come stanno con lui tutti i suoi concittadini, che non a caso l’altro giorno sono scesi in piazza dietro uno striscione che diceva «Siamo tutti Franco». Ma sicuro: siamo tutti Franco. Anch’io sono Franco. Sempre. E oggi sarò più Franco del solito.

Marcellino detto Franco Iachi Bonvin, il tabaccaio di Ivrea, non è uno sparatore, non è un pistolero, non è il texwiller del Canavese. È una persona tranquilla. Un padre di famiglia. Un uomo buono e benvoluto. Quella notte non avrebbe fatto del male a nessuno, se non fosse stato aggredito. Nella sua casa. Nel suo negozio. Nella quiete della sua famiglia. Come, invece, è successo. Sono le tre di notte. Lui sente dei rumori. Vede tre banditi con una spranga in mano. È la settima volta che viene rapinato, è esasperato. E spara. Un ladro muore. Quando c’è un morto non si può mai essere felici, si capisce. Ma siccome di rapine finite nel sangue ne abbiamo viste fin troppe, ecco, io continuo a pensare che se qualcuno deve morire, meglio che muoia il delinquente che il rapinato. Vi sembra così strano?

Certo: forse quel delinquente non avrebbe fatto mai del male a Franco. Forse stava davvero scappando. Ma se poi fosse ritornato indietro? E se si fosse armato? E se avesse girato le spalle semplicemente per andare a chiamare rinforzi o a prendere una pistola? Chi lo poteva sapere, alle tre di notte, davanti a quella porta, in quella contrada del Canavese? Ci sono decisioni che si prendono nel giro di qualche istante. E si prendono sulla base dell’istinto, della paura, dell’esasperazione. Nessuno esulta per uno sparo dal balcone. Ma resta il fatto che ad essere fuori posto quella notte non era Franco: era il ladro. Franco dormiva a casa sua, dopo una giornata di faticoso lavoro, non chiedeva nient’altro che essere lasciato in pace. Se quel moldavo, anziché a rubare, fosse andato anche lui a lavorare nessuno gli avrebbe sparato. Tanto meno Franco.

Non mi piace l’Italia trasformata in Far West. Non amo i revolver. Personalmente non ne possiedo e credo che non ne possiederò mai uno. Non credo alla difesa bricolage, fai da te della protezione armata. Continuo a pensare che a tutelare i suoi cittadini debba pensare, prima di tutto, lo Stato. Ma non possiamo chiuderci gli occhi davanti al fatto che spesso persone perbene si trovano loro malgrado in situazioni di pericolo. E in questo caso a me piacerebbe uno Stato che si schiera dalla parte di chi viene rapinato e non di chi rapina. Dalla parte di chi ha sempre rispettato la legge e servito lo Stato e non dalla parte di chi la legge e lo Stato li minaccia quotidianamente con il suo comportamento criminale. Perché anche da morto un criminale resta un criminale. E un onesto lavoratore resta un onesto lavoratore, anche se ha sparato da un balcone per la paura e l’esasperazione. Vittima due volte, peraltro, se dovesse essere condannato.

Io sto con Franco, anche se speravo di non doverlo dire mai più. E invece no. La nuova legge sulla legittima difesa, entrata in vigore poche settimane fa, ha eliminato alcune assurdità della precedente normativa (per esempio la proporzionalità tra offesa e difesa) e ha introdotto il concetto di turbamento psicologico per giustificare le reazioni dei derubati. Ma, secondo gli esperti, in questo caso potrebbe non bastare. E allora io mi chiedo che cosa bisogna fare per aiutare i cittadini onesti, quelli per dire che di notte dormono a casa loro e non vanno in giro a rubare, a sentire lo Stato dalla loro parte.

Qualche giorno fa a Napoli, un altro tabaccaio, Ulderico Esposito, è stato ridotto in fin di vita da un nigeriano. Quest’ultimo importunava i clienti chiedendo l’elemosina, davanti al negozio. Lui ha cercato di allontanarlo. È stato aggredito. Ora è gravissimo. Prognosi riservata. «Mio marito aveva denunciato questa persona tante volte» ha raccontato la moglie. «Nessuno ha fatto nulla, nessuno ci ha protetti». Nessuno li ha protetti, capito? E io sarò cattivo, ma continuo a pensare che se quel tabaccaio di Napoli si fosse difeso come quello di Ivrea, qualche anima bella forse avrebbe storto il naso per il nigeriano ferito. Ma ora Ulderico sarebbe in negozio a lavorare, non fra la vita e la morte in ospedale. E io ne sarei felice, chissà perché.

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Mario Giordano

(Alessandria, 1966). Ha incominciato a denunciare scandali all'inizio della sua carriera (il primo libro s'intitolava Silenzio, si ruba) e non s'è ancora stancato. Purtroppo neppure gli altri si sono stancati di rubare. Ha diretto Studio Aperto, Il Giornale, l'all news di Mediaset Tgcom24 e ora il Tg4. Sposato, ha quattro figli che sono il miglior allenamento per questo giornale. Infatti ogni sera gli dicono: «Papà, dicci la verità». Provate voi a mentire.

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