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(Ansa)
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Elezioni Usa; il Texas fa causa a quattro stati

Michigan, Pennsylvania, Georgia e Wisconsin avrebbero modificato le procedure elettorali. ecco perché potrebbe tornare tutto in discussione

I contenziosi legali sulle ultime elezioni americane potrebbero essere a un punto di svolta. Il Texas ha fatto causa a Michigan, Pennsylvania, Georgia e Wisconsin: i quattro Stati su cui si sono concentrate le maggiori polemiche per i risultati delle presidenziali. In particolare, il cosiddetto Lone Star State sostiene che essi abbiano modificato in modo incostituzionale le procedure elettorali durante la pandemia, in particolare potenziando il sistema del voto postale senza passare attraverso il vaglio dei singoli parlamenti statali. Un'azione che, secondo il ricorrente, avrebbe minato alla base l'integrità del voto. "Usando come una giustificazione la pandemia da Covid-19, i funzionari governativi negli Stati di Georgia, Michigan, Wisconsin e Pennsylvania […] hanno usurpato l'autorità dei propri parlamenti e rivisto in modo incostituzionali gli statuti elettorali dei propri Stati", si legge nella denuncia.

L'aspetto rilevante in questa causa è il fatto che sia stata presentata da uno Stato contro altri Stati: elemento, questo, che chiama direttamente in causa la Corte Suprema, senza passare per i tribunali inferiori. Non dimentichiamo infatti che, finora, uno dei principali problemi per il team legale di Donald Trump sia stato quello di non riuscire ad arrivare al massimo organo giudiziario statunitense. Adesso, la Corte Suprema dovrà decidere se affrontare il caso. Secondo quanto riportato dal sito di Cnbc, dovrebbero bastare quattro giudici favorevoli su nove per la sua accettazione. In particolare, il Texas chiede che il termine del 14 dicembre (data in cui i grandi elettori dovrebbero formalmente eleggere il presidente degli Stati Uniti) venga prorogato, mentre – a livello generale – l'obiettivo è chiaramente quello di invalidare le elezioni nei quattro Stati, portando i parlamenti statali a doversi esprimere per selezionare a loro volta i grandi elettori: parlamenti statali che in Georgia, Michigan, Wisconsin e Pennsylvania risultano – non a caso – a maggioranza repubblicana. "Il rimedio che lo Stato ricorrente chiede – cioè attribuire ai parlamenti statali la distribuzione degli elettori presidenziali in un modo coerente con la Costituzione – non viola i diritti degli Stati querelati o eccede il potere di questa Corte. Il potere di selezionare gli elettori presidenziali è pienamente un potere dei parlamenti e così resta, senza riguardo per la legge statale", si legge nella denuncia.

Gli Stati oggetto della causa hanno già respinto seccamente al mittente le accuse del Texas, mentre la stampa americana ha fatto notare che il procuratore generale Lone Star State, Ken Paxton, stia affrontando accuse di frode per attività precedenti al suo incarico. Il punto importante resta tuttavia che – con la mossa texana – la Corte Suprema dovrà pronunciarsi innanzitutto per stabilire se occuparsi o meno della questione. Tutto questo mentre, qualora accettasse la causa, una sua eventuale sentenza avrebbe (potenzialmente) degli effetti dirompenti sulla diatriba post elettorale tra Trump e Joe Biden. Il problema, come abbiamo visto, è infatti duplice: i dubbi di costituzionalità sulle modifiche ai processi elettorali nei singoli Stati e le accuse sull'integrità delle stesse elezioni. Va da sé che l'attuale presidente speri di arrivare a discutere il caso alla Corte Suprema, dove potrebbe teoricamente disporre di una maggioranza per vincere. Nonostante infatti il giudice capo, John Roberts (nominato da George W. Bush) voti spesso in concordanza con i suoi tre colleghi di orientamento liberal, gli altri cinque togati potrebbero schierarsi dalla parte del presidente. Ovviamente i meccanismi della Corte Suprema non sono automatici, né i giudici sono vincolati ad alcuna "disciplina di partito". L'incertezza sul futuro quindi resta. Ma un pronunciamento – nell'uno o nell'altro senso – da parte della Corte potrebbe essere indicativo di come si evolverà questa complicata, lunga e spinosa battaglia legale post elettorale.

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Stefano Graziosi