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(Ansa)
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Corea del Nord: la tensione sta salendo

Prosegue l'attivismo missilistico di Kim Jong-un, mentre crescono i timori per un nuovo test nucleare

Torna a crescere la tensione in Estremo oriente. La Corea del Nord ha lanciato venerdì un missile balistico intercontinentale che ha volato per circa mille chilometri. Secondo il premier nipponico, Fumio Kishida, è probabilmente caduto nella zona economica esclusiva del Giappone a circa 200 chilometri dall’isola di Oshima. Come sottolineato dalla Bbc, si tratta di un vettore potenzialmente in grado di colpire il territorio statunitense.

Le reazioni non si sono fatte attendere. Gli Stati Uniti hanno definito la mossa nordcoreana come una “sfacciata violazione” delle risoluzioni approvate dalle Nazioni Unite. “La Corea del Nord sta continuando a compiere azioni provocatorie con una frequenza mai vista prima”, ha detto dal canto suo Kishida. “Voglio ribadire che non possiamo accettare tali azioni”, ha aggiunto. A riferire che il missile fosse assai probabilmente intercontinentale è stato invece il governo di Seul: quella stessa Seul che ha prontamente ordinato misure di deterrenza nei confronti di Pyongyang. “Il governo non tollererà le provocazioni della Corea del Nord”, ha dichiarato l’ufficio della presidenza sudcoreana in una nota. “Il governo ha una capacità di risposta schiacciante e la volontà di reagire immediatamente a qualsiasi provocazione nordcoreana”, recita ancora il comunicato.

Le minacce di Pyongyang non si sono d’altronde arrestate. “Il nostro partito e il nostro governo reagiranno risolutamente alle armi nucleari con armi nucleari e allo scontro totale con uno scontro a tutto campo”, ha tuonato sabato Kim Jong-un. “Le azioni (della Corea del Nord) richiedono una risposta unita e forte da parte della comunità internazionale”, hanno seccamente replicato domenica Stati Uniti, Giappone, Canada, Germania, Gran Bretagna, Francia e Italia.

Già giovedì Pyongyang aveva lanciato un missile balistico a corto raggio, con il ministro degli Esteri nordcoreano, Choe Son Hui, che aveva addirittura minacciato una “più feroce risposta” contro ogni eventuale incremento dell’influenza statunitense sulla regione. Secondo vari analisti, questi lanci sarebbero da intendersi come una ritorsione all’incontro, avvenuto il 13 novembre in Cambogia, tra lo stesso Kishida, il presidente americano Joe Biden e l’omologo sudcoreano Yoon Suk-yeol: un incontro in cui i tre leader hanno stabilito di rafforzare la cooperazione.

Negli ultimi due mesi, Pyongyang ha lanciato più di 50 missili, la maggior parte dei quali a corto raggio. Si teme inoltre che Kim Jong-un stia per ordinare l’attuazione del settimo test nucleare nordcoreano (l’ultimo ebbe luogo nel settembre del 2017). Un aspetto rilevante risiede nel fatto che il dossier della Corea del Nord era emerso nel recente colloquio tra Biden e il presidente cinese Xi Jinping a margine del G20 di Bali. Il leader di Pyongyang punta evidentemente a mettere sotto pressione entrambi i presidenti, ma è Xi forse a trovarsi nella difficoltà maggiore: se appoggia apertamente Kim, rischia di restare isolato alle Nazioni Unite, irrigidendo ulteriormente i rapporti con Washington; se lo abbandona, indebolisce il fronte antioccidentale in Estremo oriente. Il dilemma è di difficile soluzione per Pechino. E, nel frattempo, la tensione non accenna a diminuire.

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Stefano Graziosi