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(Ansa)
Dal Mondo

Parsi: «Al di là delle parole la pace in Ucraina mi sembra lontana»

Il docente universitario ed esperto di politica estera commenta le frasi di queste ore di diversi leader mondiali

«Dobbiamo essere chiari: non esistono in questo momento le prospettive di una qualunque pace, semplicemente perché i russi non mostrano alcuna volontà di modificare il loro atteggiamento verso la guerra. Questo perciò chiude a qualunque prospettiva di dialogo».

Vittorio Emanuele Parsi, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano - di cui è appena uscito il saggio Il posto della guerra e il costo della libertà per i tipi di Bompiani - non le manda certo a dire.

«Non c’è niente di nuovo nelle dichiarazioni dei leader internazionali. Non c’è mai stata nessuna possibilità di pace. Come del resto hanno ribadito ancora oggi i presidenti Joe Biden ed Emmanuel Macron: non c’è altra strada che sostenere l’Ucraina dal punto di vista militare, politico ed economico, fino a quando sarà necessario. Più chiaro di così…»

Dunque, non si registra nessun progresso diplomatico sotto traccia?

«La diplomazia sta mantenendo i canali di comunicazione come si fa sempre in questi casi. Perché, qualora si palesassero le condizioni politiche per una trattativa, esisterebbero già dei canali aperti. Il resto è un mero gioco delle parti: Sergei Lavrov dice una cosa, Dmitri Medvedev un’altra, la Zakarova (portavoce degli Esteri del Cremlino, ndr) un’altra ancora. Tutto questo per i russi ha il solo scopo di alimentare la disinformazione, nel tentativo di minare la compattezza del fronte occidentale. Lavorano sulla speranza di incrinare il rapporto tra opinioni pubbliche e governi, e tra i governi occidentali. Ma la realtà è molto semplice: i russi non intendono discutere di nulla».

In effetti, anche oggi Putin è sembrato piuttosto ambiguo, aprendo a negoziati sull'Ucraina ma non alle condizioni di Biden.

«Vladimir Putin ha detto solo quello che era ovvio: non ci sono le condizioni per un negoziato. La Russia mira solo al consolidamento diplomatico di ciò che ha conquistato sul campo di battaglia, ma questo è inammissibile. Sarebbe come un condono edilizio, che poi sappiamo può produrre una strage. Se noi glielo concedessimo e accettassimo le sue condizioni, creeremmo i presupposti per ulteriori maggiori danni, come abbiamo fatto nel 2014 (con l’occupazione della Crimea, ndr), che difatti ha prodotto il 2022».

Dunque, niente di serio neanche sul fronte occidentale?

«L’unica posizione seria espressa in tutto questo tempo è quella della presidente della Commissione europea, Ursula Von Der Leyen. La quale ha ben detto che i 300 miliardi di fondi russi sequestrati nelle banche, saranno utilizzati per riparare i danni che la Russia ha fatto in Ucraina. Tutto il resto sono dichiarazioni inutili, velleitarie. È possibile iniziare a discutere solo partendo dal piano espresso dal presidente ucraino Zelensky, che non prevede certo una sanatoria o un condono»

E sul fronte del Vaticano? Il Papa ha detto di voler mediare sull’Ucraina…

«Il Papa? Forse non sa neanche lui quale sia la sua posizione sulla guerra, che difatti ha subìto qualche rettifica. Penso che lui o il suo entourage si siano resi conto che le affermazioni che aveva fatto in questi mesi erano troppo ambigue. Il Vaticano ha dovuto chiarire meglio la propria posizione, perché in effetti ha fatto poco sinora. Non lo si è ancora visto non dico in Ucraina ma neanche in Polonia, ad esempio, che è il Paese più vicino alla guerra. Va a Lampedusa per i profughi, ma non ce ne sono certo di meno in Europa dell’Est».

Dunque, non dobbiamo farci illusioni.

«I papi in politica sbagliano come gli imperatori, come i sovrani e come i presidenti. La rilevanza del Vaticano in questa guerra è piuttosto scarsa in realtà. Spiritualmente è un conto, ma politicamente mi sembra che fino adesso ci sia stato solo il rischio di arruolamento del Papa in schieramenti che gli andrebbero piuttosto stretti. La posizione di Francesco inoltre è periferica rispetto all’Occidente, e comunque non è centrale nella crisi ucraina. Non credo ci sia alcuna possibilità che Francesco cerchi di esercitare una concreta influenza. Anche perché non è il suo compito, ed è peraltro irragionevole pensarlo. Non ricordo una mediazione del Vaticano che abbia funzionato. L’ultima temo che risalga alla mediazione tra Cile e Argentina, ma parliamo degli anni Ottanta del secolo scorso (la disputa territoriale tra Argentina e Cile sulla sovranità delle isole del canale Beagle, con il Vaticano che scongiurò il confronto militare, ndr)».

Il suo nuovo libro è intitolato Il posto della guerra. Ma qual è esattamente questo posto?

«Il posto della guerra è l’Europa, perché l’ha fatta tornare tale Vladimir Putin con la sua azione criminale. Dobbiamo allora concepire nuovamente quale posto abbia la guerra nella nostra società, smettendo di seguire le orme di chi compie guerre di aggressione per modificare lo status quo, mentre invece dobbiamo essere disposti a difendere la libertà e la democrazia. Perché esse sono state una lunga e difficile conquista della nostra storia europea e occidentale, che nessuno ci ha regalato e che nessuno difenderà se non lo faremo noi stessi. È il solito vecchio problema: non si può essere tolleranti con gli intolleranti».

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Luciano Tirinnanzi