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(Ansa)
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Papa Francesco non andrà in Congo, motivi di salute e sicurezza

Settimana scorsa denunciavamo i rischi di un viaggio apostolico in una nazione piena di problemi e sempre più nella morsa della guerra

Niente viaggio in Africa per Papa Francesco che è stato costretto per motivi di salute, a rimandare a data da definire la visita pastorale che nella prima settimana di luglio lo avrebbe portato nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan. L’annuncio è stato dato nella tarda mattinata di venerdi 10 giugno 2022 da Matteo Bruni direttore della Sala Stampa della Santa Sede; «Accogliendo la richiesta dei medici e per non vanificare i risultati delle terapie al ginocchio tuttora in corso, il Santo Padre con rammarico si vede costretto a posticipare il Viaggio Apostolico nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan previsto dal 2 al 7 luglio p.v., a nuova data da definire».

Il programma del viaggio prevedeva due tappe in Congo, nella capitale Kinshasa e nella città di Goma, e una in Sud Sudan, nella capitale Juba «per un totale di otto discorsi, tre omelie, incontri con autorità civili ed ecclesiali, giovani, sfollati, vittime di violenza». Un viaggio che sarebbe stato per l’85enne Papa Francesco molto faticoso viste le difficoltà logistiche, il caldo soffocante e umido di luglio ma anche estremamente pericoloso vista la costante instabilità della provincia del Nord Kivu che resta una delle aree più instabili anche per un continente travagliato come quello africano. Una situazione che continua a peggiorare come ci conferma Matteo Giusti giornalista e profondo conoscitore della regione.

«Nelle scorse settimane la milizia ribelle del movimento M23 ha seminato il terrore in tutta la provincia, conquistando quasi tutti i capisaldi militari dell’esercito nazionale congolese. Una rotta vera e propria quelle delle Fard (Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo) che ancora una volta hanno visto Goma, la capitale regionale , a rischio caduta. L’M23, nato da una precedente ribellione che aveva già conquistato Goma nel 2013, è formato da elementi di etnia Tutsi che sono armati ed addestrati dal vicino Ruanda».

Anche stavolta quindi è il Ruanda il vero motore di questa ennesima guerra e di questo ne è convinto Matteo Giusti.

«Kigali sta trascinando nella mischia anche l’Uganda, impegnata nella provincia congolese vicina a dare la caccia agli islamisti ugandesi dell’Adf, e il Burundi, altro piccolo ma bellicoso stato a caccia di occasioni di arricchimento e vendetta nel gigante ferito chiamato Congo. Una situazione esplosiva che vede coinvolto anche il contingente internazionale delle Nazioni Unite, più volte attaccato, e che rischia di tirare dentro anche gli stati confinanti come il Kenya, la Tanzania e l’Angola per quella che potrebbe diventare una vera e propria guerra mondiale africana».

Intanto i violentissimi scontri in corso nel territorio di Rutshuru tra le forze armate della Repubblica Democratica del Congo e i combattenti dell'M23 hanno causato la fuga di oltre 72.000 persone dalle loro case nell'arco di una settimana. Il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) « ha invitato tutti i combattenti a proteggere i civili e consentire agli operatori umanitari di fornire alle persone l'aiuto di cui hanno bisogno». Infine, indipendentemente dalle condizioni di salute del Pontefice, la visita nella Repubblica Democratica del Congo era quanto di più pericoloso si potesse organizzare e su questo una seria riflessione qualcuno dovrebbe farla.

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Stefano Piazza