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(Ansa)
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Che cosa aspettarsi dall'incontro tra Biden e Xi Jinping

I presidenti di Cina ed Usa si incontreranno domani a San Francisco. Numerosi i dossier sul tavolo: dalle relazioni bilaterali al Medio Oriente, passando per l'Ucraina

Ci siamo quasi. Domani, a margine del summit dell’Apec di San Francisco, si terrà l’atteso incontro tra Joe Biden e Xi Jinping. Secondo la Cnn, Washington, pur considerando positivamente l'imminente faccia a faccia, non si aspetta delle svolte eclatanti nel breve termine.

L’ultima volta che i due presidenti si erano incontrati di persona era stato a novembre dell’anno scorso durante il summit del G20 di Bali. All’epoca, quel faccia a faccia era avvenuto dopo un’estate turbolenta nelle relazioni tra Washington e Pechino soprattutto a causa della questione taiwanese. A rinfocolare nuovamente la tensione era stata, a febbraio di quest’anno, la crisi del pallone spia cinese, che aveva sorvolato parte del territorio statunitense. Un parziale disgelo ha invece iniziato a registrarsi tra giugno e luglio, quando alcuni alti esponenti dell’amministrazione Biden (il segretario di Stato Tony Blinken, il segretario al Tesoro Janet Yellen e l’inviato speciale per il clima John Kerry) si sono recati a Pechino. Dal canto suo, il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha visitato Washington a ottobre, incontrando il consigliere per la sicurezza nazionale americano, Jake Sullivan, Blinken e lo stesso Biden.

È quindi lecito chiedersi che cosa ci si possa attendere dal colloquio di domani. Innanzitutto si parlerà delle relazioni bilaterali tra Usa e Cina, con particolare riferimento a Taiwan e al complicato dossier dei microchip. Il recente summit dei ministri degli Esteri del G7 ha ribadito il sostegno a Taipei, mentre al summit dell’Apec prenderà parte anche Morris Chang: il fondatore del colosso tecnologico taiwanese Tsmc. Dall’altra parte, Pechino punta alla stabilizzazione dei rapporti economici con Washington, ma non sembra avere intenzione di diminuire la pressione sul governo di Taipei, soprattutto in considerazione del fatto che, il prossimo gennaio, l’isola terrà le proprie elezioni presidenziali. Sempre guardando alle relazioni bilaterali tra Stati Uniti e Cina, Washington punta anche a ripristinare i contatti militari con il Dragone. “Il presidente è determinato a vedere il ripristino dei contatti militari perché crede che sia nell'interesse della sicurezza nazionale degli Stati Uniti”, ha dichiarato Sullivan domenica. “Abbiamo bisogno di quelle linee di comunicazione in modo che non ci siano errori, calcoli errati o comunicazioni errate”, ha proseguito.

Biden e Xi affronteranno poi prevedibilmente il dossier della crisi israeliano-palestinese. Pechino chiede un cessate il fuoco: posizione respinta da Washington, che è invece propensa a delle pause umanitarie. A livello generale, entrambi i Paesi sembrano concordare sulla soluzione dei due Stati, ma non è chiaro se, alla prova dei fatti, intendano la stessa cosa. Gli Stati Uniti vorrebbero l’estromissione di Hamas dal potere a Gaza e che la Striscia fosse in futuro guidata dall’Anp. Pechino, per parte sua, non riconosce Hamas come organizzazione terroristica e, in passato, ha remato contro la logica degli accordi di Abramo, mediando una distensione diplomatica tra Teheran e Riad.

Ulteriore dossier sul tavolo sarà quello delle relazioni tra Cina e Russia. Per quanto Biden abbia spesso esortato Xi a intervenire su Mosca per raffrenare l’invasione dell’Ucraina, i rapporti tra cinesi e russi si sono consolidati negli ultimi tempi: secondo la Cnn, nei primi otto mesi del 2023 il commercio tra Mosca e Pechino è aumentato del 32% rispetto allo stesso periodo del 2022. Una situazione che potrebbe rivelarsi come fonte di attrito nel colloquio di domani. Infine, ma non meno importante, la Cnn ha riportato che Stati Uniti e Cina dovrebbero essere pronti a varare un accordo per far sì che la Repubblica popolare cessi di esportare verso il Messico i componenti chimici necessari per la produzione di fentanyl. Un risultato questo che, se si dovesse raggiungere, rappresenterebbe per Biden una vittoria in termini di politica interna.

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Stefano Graziosi