Dietro al gesto di Musk
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Dietro al gesto di Musk

Elon Musk è al centro di polemiche per un gesto associato al saluto romano durante l'insediamento di Trump

Altro che saluto romano, quello fatto da Elon Musk durante la cerimonia per l’insediamento di Donald Trump come 47° presidente degli Stati Uniti è forse uno dei più autentici gesti nordamericani, come lo stesso Musk ha mostrato postando l’immagine di Barack Obama e Kamala Harris mentre lo facevano.

Avrebbe origine nelle tribù dei nativi americani, in particolare quella dei Lakota-Sioux e significa “vi dono il mio cuore”. Si tratta di un saluto a distanza fatto per annunciare che lo sconfinamento in un territorio altrui non aveva intenzioni bellicose. Secondo l’usanza esso viene fatto con il pugno chiuso della mano destra portato sul proprio cuore come ad afferrarlo, piegando il volto come a sottolineare che ci si vuole privare della cosa più preziosa, per poi lanciarla con il braccio teso e lo sguardo che segue la mano aperta verso l'alto e oltre la spalla destra. Molto diverso, quindi, dal saluto romano che vede alzare il braccio di fronte e presentare il palmo con lo sguardo dritto all'interlocutore. Nel mondo antico l’uso della mano destra simboleggiava onore, la fedeltà, amicizia e la lealtà. Ed è Cicerone - sarà per caso stato un fascista? - a scrivere che l’imperatore Ottaviano fece un giuramento a Giulio Cesare elevando e tendendo il braccio destro verso la sua statua.

Dunque i nostri antifascisti da tastiera hanno di nuovo preso per fascista qualcosa di lontano dal Ventennio, questa volta qualcosa di veramente americano che deriva da ciò che oggi gli studiosi chiamano Pils, la “Lingua dei segni degli indiani delle pianure” che vede una moltitudine di segni, taluni ovvi, come un indice che punta verso l'alto per indicare "su" o un movimento laterale per dire “vieni qui”. Ma anche segnali più elaborati come spiegò bene l’anziano capo degli Shoshone orientali Willie LeClair (scomparso nel 2023), che venne filmato mentre spiegava questi gesti e che propose un progetto per salvare la sua lingua dall’oblio. Qualcosa di molto simile è descritto anche nello splendido libro di Dee Brown “Bury My Heart at Wounded Knee”, considerato un saggio sulla vita dei nativi americani. Che vale i pochi dollari dell'acquisto online.

Certo, collegare le manifestazioni di stima per gli esponenti della destra europea a un fantomatico saluto romano è facile, ma non meno che confondere il pugno alzato in segno di lotta per i diritti degli afroamericani con quello a simboleggiare l’unità nelle organizzazioni e nei partiti della sinistra marxista. E ancora, con quello mostrato contro l’apartheid in Sudafrica o ancora in Cina nelle istituzioni statali e dalle cariche del governo. Il filosofo greco Aristotele pensava che le mani fossero una diramazione della nostra mente i quanto nel gesticolare vedeva l’estensione dei pensieri e delle azioni. Pensò che i movimenti delle mani fossero tutt’uno con le nostre emozioni, consentendoci di esprimerci anche senza usare le parole, e che le mani potessero dire ciò che un linguaggio poco forbito non riusciva a comunicare. Ma evidentemente a sinistra pensano che Elon Musk non possa farlo. Una facile previsione: a colpi di politicamente corretto non si potrà più alzare una mano neppure a scuola per comunicare che si conosce la risposta a una domanda per non offendere i kompagni (la k non è refuso). E forse oggi bisogna stare attenti anche quando si chiama un taxi alla vecchia maniera.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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