Caso Trump: l'incriminazione poggia su basi deboli
(Ansa)
Dal Mondo

Caso Trump: l'incriminazione poggia su basi deboli

L'ex presidente ha tenuto un duro discorso ieri sera dalla Florida. E ha rilanciato la tesi della persecuzione politica. Dovrà presto affrontare ulteriori casi giudiziari, è vero. Ma quello intentato dalla procura di Manhattan appare piuttosto traballante

E’ ormai molto alto il livello dello scontro politico tra Donald Trump e la procura distrettuale di Manhattan. Ieri sera, l’ex presidente ha tenuto un duro discorso dalla sua villa di Mar-a-Lago. “Non avrei mai pensato che potesse accadere qualcosa del genere in America. Non avrei mai pensato che potesse accadere”, ha detto, riferendosi alla sua recente incriminazione. “L'unico crimine che ho commesso è difendere senza paura la nostra nazione da coloro che cercano di distruggerla”, ha proseguito. “Fin dall'inizio, i democratici hanno spiato la mia campagna: ricordate che mi hanno attaccato con un assalto di indagini fraudolente su Russia, Russia, Russia; su Ucraina, Ucraina, Ucraina; la bufala dell'impeachment numero uno; la bufala dell'impeachment numero due; la bufala illegale e incostituzionale del raid a Mar-a-Lago proprio qui”, ha continuato, per poi aggiungere: “Un procuratore distrettuale locale fallito ha accusato un ex presidente degli Stati Uniti per la prima volta nella storia su una base rispetto a cui ogni singolo esperto e analista legale ha affermato che non c'è alcun presupposto”.

Parole, quelle di Trump, che sono state pronunciate poche ore dopo che l’ex presidente si era consegnato alle autorità di New York, presentandosi davanti al giudice Juan Merchan a seguito dell’incriminazione arrivata giovedì scorso su input del procuratore distrettuale di Manhattan, Alvin Bragg. Il magnate non sembra quindi avere affatto intenzione di abbandonare la campagna elettorale in vista delle presidenziali del 2024. Anzi, pare puntare all’esatto contrario. Ieri sera, poco dopo che i documenti dell’incriminazione sono stati svelati, gran parte del Partito repubblicano è tornato a fare quadrato attorno a lui: a difenderlo contro Bragg non è stato soltanto lo Speaker della Camera, Kevin McCarthy, ma anche il senatore dello Utah, Mitt Romney, che ha sempre avuto rapporti piuttosto tesi con Trump. Un Trump che deve affrontare delle difficoltà oggettive, sia chiaro. E che dovrà presto avere a che fare con altre grane giudiziarie (dall’indagine della procura della Georgia sulle presunte interferenze elettorali a quella del procuratore speciale, Jack Smith, sui documenti classificati indebitamente trattenuti). Tuttavia non si può per ora escludere che l’incriminazione di Manhattan possa contribuire a rilanciare la sua campagna elettorale. E questo per una serie di ragioni.

In primo luogo, l’impianto accusatorio di Bragg è piuttosto debole. Il procuratore ha formulato 34 capi di imputazione, accusando l’ex presidente di aver falsificato i documenti aziendali della Trump Organization. Si tratta di un reato minore per la legge dello Stato di New York. Tuttavia, Bragg punta a dimostrare che si sarebbe verificato anche un reato grave: Trump, in altre parole, avrebbe falsificato quelle carte per violare le normative sui finanziamenti elettorali, pagando tre persone onde evitare che danneggiassero la sua campagna elettorale del 2016. Ed è qui che scatta il problema. Quelle normative sono piuttosto intricate e scivolose: non è semplice costruire un impianto accusatorio solido su di esse. Inoltre si registra un precedente che Trump potrebbe sfruttare a proprio favore: nel 2011, l’ex candidato presidenziale dem, John Edwards, fu accusato di aver usato indebitamente fondi elettorali per nascondere una relazione extraconiugale durante la sua campagna elettorale del 2008. Il processo, avviato nel 2012, naufragò, in quanto la giuria non riuscì a dimostrare irrefutabilmente che Edwards avesse utilizzato quel denaro per salvaguardare la propria campagna e non, magari, per tutelare la privacy della propria famiglia. Infine, è pur vero che Bragg ieri ha detto di aver rinvenuto nuove evidenze dei presunti reati di Trump. Tuttavia, fino a pochi mesi fa, lui stesso era scettico sul caso che ha alla fine presentato ieri: un caso che era stato di fatto archiviato dalla procura federale del distretto meridionale di New York nel 2019.

In secondo luogo, si registrano controversi collegamenti politici. Bragg apparitene al Partito democratico e, secondo il New York Post, la sua campagna elettorale del 2021 ottenne indirettamente dei finanziamenti dal magnate liberal, George Soros, attraverso l’organizzazione Color of Change (che aveva dato il proprio endorsement a Bragg nel maggio di quell’anno). Inoltre, poche ore fa il Daily Mail ha riportato che la figlia del giudice Juan Merchan, Loren, lavorò per il comitato elettorale di Kamala Harris nel 2020 e risulterebbe attualmente partner dell’azienda digitale progressista Authentic Campaign. Va da sé che, se tutto fosse confermato, Trump – il primo ex presidente a finire incriminato nella storia americana – avrebbe buon gioco nel cavalcare la tesi della persecuzione politica. E anche tra i dem cresce intanto la preoccupazione che questo caso giudiziario possa rivelarsi alla fine un boomerang per l’asinello.

I più letti

avatar-icon

Stefano Graziosi