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Vladimir Putin e, nel riquadro, il professor Aldo Ferrari (Getty Images)
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Ferrari: «Fino a ieri capivo la ratio di Putin, ora non lo seguo più»

Dopo l'attacco all'Ucraina, il docente di Ca' Foscari fatica a riconoscere al presidente russo una razionalità politica.

«Oggi fatico a riconoscere una razionalità nell'azione politica del presidente russo». È molto amareggiato, il professor Aldo Ferrari, ordinario a Ca' Foscari a Venezia e direttore del Programma di ricerca dell'Ispi di Milano su Russia, Caucaso e Asia Centrale. Fra i massimi esperti dello spazio post-sovietico in Italia, Ferrari non è mai stato ostile in modo preconcetto a Putin. Ma dopo l'aggressione all'Ucraina qualcosa è cambiato, come spiega in quest'intervista.

Professor Ferrari, lei ha sempre cercato di capire Putin e la Russia. Cosa pensa dell'operazione militare che ha lanciato in Ucraina?

«Sì, è vero. In tutti questi anni di crescente contrapposizione fra la Russia e l'Occidente, io da studioso della storia e della cultura russa mi sono sforzato di comprendere le ragioni della Russia. E continuo a pensare ancora oggi che le responsabilità della crisi ucraina siano largamente di parte occidentale, che si è sempre mostrata in questi decenni sorda di fronte alle rivendicazioni russe di sicurezza e ottusa in una sostanziale autoreferenzialità, in un complesso di superiorità che ha reso veramente difficile trattare con la Russia».

Detto questo?

«Se fino a ieri mattina, se fino al riconoscimento dell'indipendenza delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e di Lugansk mi sembrava possibile ancora individuare una razionalità nell'azione di Putin, oggi alla luce di quello che sta avvenendo, alla luce dell'inizio di una vera e propria aggressione militare dell'Ucraina, io fatico a riconoscerla. Al di là dell'aspetto umanitario, che comunque deve essere tenuto presente».

In che senso?

«Quando per esempio noi critichiamo l'adesione della Crimea alla Russia, ci dimentichiamo che questo è avvenuto senza violenza e in maniera assolutamente pacifica».

In questo caso invece la violenza c'è.

«È una discriminante molto forte, questa. A mio giudizio, ancor più importante della lettera del diritto internazionale per valutare un'azione politica. Mentre quello che sta avvenendo oggi non è solo al di fuori del diritto internazionale, ma è una aggressione militare di cui fatico enormemente a vedere una logica politica. Inevitabilmente la posizione della Russia in questa situazione verrà ulteriormente compromessa. Il suo contrasto con l'Occidente aumenterà, ma aumenterà anche la distanza con l'Ucraina, Paese a cui Putin stesso afferma di essere vicino. E che viene aggredito senza una vera e propria provocazione militare. È chiaro che in questa maniera il solco fra i due popoli aumenta ancor di più».

E i margini di manovra diplomatica si restringono.

«Diminuiscono drammaticamente. Anche se, devo dire, in tutto queste peridio (e sto parlando di anni e addirittura di decenni) per costruire una nuova architettura di sicurezza europea che comprendesse e non escludesse la Russia di tempo ce ne è stato».

Ma ormai tutti i nodi sono venuti al pettine.

«Ma sono venuti al pettine in una maniera non solo drammatica ma a mio giudizio anche irrazionale e dannosa per la Russia stessa. Oltre che ovviamente per l'Ucraina».

Lei dice che Putin ha grosse responsabilità, ma che ce ne sono anche da parte occidentale.

«Ci sono da decenni. Perché non aver mai voluto discutere seriamente con la Russia sull'architettura di sicurezza, aver esteso la Nato già prima ancora che si parlasse dell'ingresso di Georgia e Ucraina, aver portato la Nato sin ai confini con la Russia, attraverso l'ingresso dei Paesi baltici, è stato un errore gravissimo. Non mettersi nei panni della Russia, non considerare le esigenze della Russia è stato un errore sostanziale da parte dell'Occidente. Così come a mio parere rimane un errore gravissimo quello che hanno fatto i governi occidentali in questi mesi, sostenendo verbalmente l'Ucraina ma affermando al tempo stesso che non avrebbero mandato soldati a difenderla».

Nessuno è disposto a morire per Kiev, insomma.

«In questa maniera hanno da un lato rassicurato Kiev, ma hanno anche rassicurato Mosca che l'operazione militare non sarebbe stata contrastata. È una responsabilità gravissima, che però non giustifica l'azione militare condotta dalla Russia in queste ore».

In pratica lei dice che l'Occidente al di là delle parole se ne lava le mani...

«L'Europa ma anche gli Stati Uniti. Adesso vedremo quali saranno le reazioni. Io voglio sinceramente sperare che non ci siano reazioni militari. Possiamo immaginare quali potrebbero essere le conseguenze delle azioni militari. Ma al tempo stesso se le azioni dell'Occidente si limiteranno a sanzioni per quanto gravi e dolorose per l'economia russa, questo non salverà le vite degli ucraini, sia civili sia militari. E non avrà comunque evitato il conflitto. A mio giudizio le responsabilità occidentali in questa tragedia sono davvero molto gravi. Ma la responsabilità primaria evidentemente è di chi dà inizio a una guerra, chiamandola azione militare».

Quindi responsabilità in primis di Putin, ma in seconda battuta un po' di tutto l'Occidente. E l'Ucraina in tutto questo?

«Si trova in una situazione difficilissima, la peggiore evidentemente. Perché è minacciata da un Paese militarmente molto più forte. I vertici ucraini, andati al potere in maniera molto discutibile nel febbraio 2014, hanno sicuramente inasprito la tensione e stimolato la reazione russa. Detto questo, adesso l'Ucraina che già da anni era in una situazione economica e sociale molto grave, si trova vittima di un'azione militare da parte di un Paese molto più potente. L'unica cosa che si possa sperare in questo contesto è che l'azione militare della Russia sia limitata e non prevedeva un'invasione su larga scala del Paese che avrebbe conseguenze umane, prima ancora che politiche, devastanti».

Putin sarebbe in grado di invadere ma non di mantenere il controllo di un Paese grande come l'Ucraina.

«Presumibilmente no. Soprattutto perché una parte consistente degli ucraini resisterebbe con forza. Il Paese è grande. La parte occidentale è ostile alla Russia, ma lo comincia a diventare sempre di più anche quella sud-orientale che era non solo abitata in larga misura da russi ma che nutriva minore avversione nei confronti di Mosca. Ma adesso questa politica aggressiva nei confronti della Russia sta compattando la popolazione ucraina. Una invasione su larga scala provocherebbe vittime e resistenza, ma potrebbe rivelarsi molto difficile se non impossibile da gestire per la Russia. Con il rischio (e lo dico con assoluto timore) anche la Russia possa subire al suo interno di questa guerra e delle sue eventuali conseguenze negative».

In tutto questo, i russi cosa ne pensano?

«I russi, come gli ucraini, hanno diversi approcci. Ma a differenza dell'annessione della Crimea, che riscosse un vastissimo sostegno da parte della popolazione russa, forse soprattutto perché venne portata avanti in maniera incruenta, la prospettiva di una guerra con l'Ucraina, con un Paese così vicino, da tutti i punti di vista, non è ben accetto dalla maggioranza della popolazione russa. Che però, soprattutto nella sua componente militare, sosterrà ovviamente le decisioni del vertice. Non credo però, da quello che so, ci sia un clima da grande guerra patriottica in Russia nei confronti di questa operazione militare».

Quindi anche all'interno Putin rischia di fare un autogol?

«Naturalmente molto dipenderà dagli sviluppi. Se questa cosiddetta operazione militare sarà breve e di successo, potrebbe anche rafforzarne il prestigio come uomo forte. Ma nel caso, non da escludere, in cui le cose potessero non andare bene, il suo prestigio internamente ne potrebbe risentire in maniera molto forte».

Ma lei riesce a entrare nella testa di Putin in questo momento?

«Sarebbe presuntuoso da parte mia... Devo dire che, avendo ascoltato il discorso dell'altra sera alla nazione, posso capire alcune delle dinamiche mentali di Putin, che credo non voglia rimanere nella storia come il leader russo che ha perso l'Ucraina. Ossia che ha perso un territorio che per lui come per molti russi è parte costitutiva della storia e della politica russa. Questo era ben visibile nel discorso dell'altra sera e anche in un articolo da lui scritto mesi fa che affermava che Russia e Ucraina sono la stessa cosa, con argomentazioni storiche a mio avviso ampiamente discutibili ma molto forti. Purtroppo questa posizione ha innescato a mio giudizio un elemento di irrazionalità politica che in precedenza non gli si conosceva. Lo si considerava un attore brutale ma razionale. Le azioni degli ultimi giorni ci stanno mostrando qualcosa di diverso».

Putin sta cioè rischiando troppo?

«Direi proprio di sì. Vedremo se il suo azzardo avrà successo oppure no».

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Elisabetta Burba