Matteo Salvini
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Da Scelba a Salvini, la storia dei ministri dell'Interno

L'estate 2018 verrà ricordata come l'estate del vicepremier, un po' come il più classico dei tormentoni musicali

Il titolare del dicastero dell'Interno assume un ruolo di primissimo piano nel governo di un Paese tanto da risultare ambitissimo durante la formazione di ogni Governo, nel cosiddetto mercato delle vacche (termine tecnico per stabilire la lista dei ministri).

In Italia, poi, Paese in cui non ci si fa mancare nulla, anche una Presidenza del Consiglio commissariata da due vice premier (aggiungiamoci anche Di Maio) che sembrano soffrire di incontinenza mediatica, appunto; ebbene, i responsabili della poltrona del Viminale hanno fatto del loro meglio per cercare di non passare inosservati, per usare un eufemismo.

Il primo ad occuparsi degli affari interni della Repubblica Italiana fu quel Mario Scelba, forse è a lui che si ispira Salvini, che ricoprì l'incarico in tre diversi momenti ('47/'53; '54/'55; '60/'62), un record tuttora imbattuto e forse imbattibile, prima di lui solo Giolitti e Mussolini. Alla storia è passato anche come il responsabile dei drammatici fatti di Modena: il 9 gennaio 1950 sei operai delle Fonderie Riunite uccisi dalle forze dell'ordine durante uno sciopero. Di quella tragedia il ministro Scelba, da buon servitore della Patria, non si assunse alcuna responsabilità.

Tra uno Scelba e l'altro ecco l'ex centurione della milizia fascista Fernando Tambroni che fu in pianta stabile al Viminale dal 1955 al 1959, il tempo necessario per tramare contro Amintore Fanfani e traslocare nella stanza della Presidenza del Consiglio (all'epoca al Viminale risiedevano entrambe le cariche, nel 1961 la sede del Capo del Governo traslocò a Palazzo Chigi).

Tambroni verrà ricordato per il suo Governo appoggiato dai missini e per l'ordine, dato dal suo successore Giuseppe Spataro alle forze dell'ordine, di sparare in "situazioni di emergenza", cosa che avvenne prima a Genova il 30 giugno 1960 (scontri tra forze dell'ordine e manifestanti che protestavano contro la decisione di far celebrare il VI congresso del Msi proprio a Genova, città rossa e partigiana) e che causarono oltre 200 feriti, e poi a Reggio Emilia il 7 luglio con 5 operai morti.

Tra il 1962 e il 1974 si alternarono Paolo Emilio Taviani, Mariano Rumor e Franco Restivo. A memoria, e in maniera molto approssimativa, ricordiamo quello che avvenne in quegli anni: Piano Solo, Piazza Fontana, Golpe Borghese, Piazza Della Loggia, Rosa dei Venti, Servizi Segreti deviati.

Dal terrorismo alle stragi

Poi arrivò il terrorismo rosso e nero e a contratstarlo fu chiamato Francesco Cossiga. Sui muri delle città italiane il suo nome era scritto con la k e la doppia esse nazista.

L'avventura terminò tragicamente il 9 maggio 1978 con il ritrovamento del cadavere di Aldo Moro nel bagagliaio della Renault 4 rossa in via Caetani a Roma. Ciò non gli impedì di diventare Capo dello Stato nel 1985.

Tra il 1983 e il 1987 fu la volta di un altro futuro Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, e con lui arrivò lo scandalo dei fondi neri del Sisde scoppiato quando si era trasferito al Quirinale nel 1993 e che lo portò al famoso discorso "io non ci sto!".

Ed ecco la stagione delle stragi che va dal 1990 al 1994 (tangentopoli, guerra di mafia, Capaci, via d'Amelio, le bombe di Firenze-Milano-Roma, trattativa Stato-mafia), al Viminale si avvicendarono Vincenzo Scotti e Nicola Mancino.

Nel '94 arrivò la Lega di Umberto Bossi con il primo governo Berlusconi. E proprio al Carroccio andò la poltrona dell'Interno con Roberto Maroni. L'esperienza fu breve, ma ci sarà una seconda occasione una dozzina di anni dopo.

Nel frattempo ecco arrivare Giorgio Napolitano, il primo post comunista ad entrare nelle famose stanze dei segreti. La prima dichiarazione fu "apriremo i cassetti". Evidentemente erano quelli sbagliati e il nostro divenne Re facendosi eleggere due volte al Quirinale, un unicum.

Poi è storia dei nostri giorni con personalità di secondo piano quasi a voler mettere un freno alle manie di grandezza fino al nostro Salvini forse intenzionato a rispolverare lo Scelba che è in lui.

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Sabino Labia

Laureato in Lettere all'Università "Aldo Moro" di Bari, specializzazione in "Storia del '900 europeo". Ho scritto tre libri. Con "Tumulti in Aula. Il Presidente sospende la seduta" ho raccontato la storia politica italiana attraverso le risse di Camera e Senato; con "Onorevoli. Le origini della Casta" ho dato una genesi ai privilegi dei politici. Da ultimo è arrivato "La scelta del Presidente. Cronache e retroscena dell'elezione del Capo dello Stato da De Nicola a Napolitano" un'indagine sugli intrighi dietro ogni elezione presidenziale

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