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'Ndrangheta: gli affari della cosca Alvaro

La cosca di Reggio Calabria aveva stipulato un accordo con un gruppo di italo-domenicani con la complicità di un ufficiale della Polizia di Santo Domingo

Un’organizzazione perfetta. Talmente perfetta e efficiente da essere precettata dalla “Regina” delle mafie esperte in narcotraffico: la ‘Ndrangheta.

Un gruppo di narcotrafficanti italo-domenicano era riuscito a creare una rete di contatti tra l’Italia e la Repubblica di Santo Domingo talmente sicura, da attirare persino l’attenzione di una delle cosche di Reggio Calabria, quella degli Alvaro di Sinopoli, che lo ha assoldato per gestire i loro carichi di cocaina.

Chi sono gli Alvaro di Sinopoli

Il fulcro dello spaccio di sostanze stupefacenti che fa capo alla cosca di Sinopoli è la città di Ancona dove vivevano i boss Carmine e Antonio Alvaro. La 'ndrina tuttavia è riuscita, negli anni, a insediare le sue "Locali" in Liguria, in Emilia Romagna (in particolare a Bologna e provincia), a Milano, in Toscana (a Firenze e Pistoia) e nel Lazio, nella città di Latina e a Roma dove risulta proprietaria di innumerevoli immobili.

Non basta: ha spinto i suoi interessi fino in Australia, ad Adelaide, Canberra e Sydney, dove risulta essere, ad oggi, la cosca più potente e spregiudicata.

Il gruppo composto da italiani e domenicani che era entrato nel "mirino" della ndrangheta, poteva contare non solo su una logistica collaudata, invidiata dalla ‘ndrina Alvaro, ma soprattutto su un alto ufficiale della polizia della Repubblica domenicana - con funzioni di controllo dell’immigrazione - che riusciva ad “imbarcare” indisturbato dal Paese sudamericano, tonnellate e tonnellate di sostanze stupefacenti.

Il ruolo strategico del poliziotto domenicano

"Era l’alto ufficiale domenicano a scegliere, in base alla sicurezza che poteva garantirgli il suo ruolo, di far arrivare la cocaina purissima in containers presso il porto di Cagliari oppure nella stiva di aerei con destinazione Milano Malpensa", spiega a Panorama.it, il maggiore Roberto Lupo del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Roma. "L’ultimo carico commissionato dalla cosca Alvaro era di oltre 70 chilogrammi di cocaina purissima per un valore sul mercato, una volta tagliata, di circa 40 milioni di euro".

Un carico che, secondo i piani dell’organizzazione italo-domenicana, doveva sbarcare nell’aeroporto lombardo. Ma nel corso dell’inchiesta, iniziata alla fine del 2013, sono stati sequestrati sia in Italia che all’estero, oltre 500 chilogrammi di cocaina purissima.

La droga arrivava a Milano e Cagliari

“L’attività investigativa è iniziata dopo aver individuato 55 chilogrammi di sostanze stupefacenti tra cocaina, marijuana e hashish - prosegue il maggiore Lupo – poi, attraverso, le intercettazioni ambientali siamo riusciti, in collaborazione con la Polizia di Stato, il 26 novembre 2013, a sequestrare nel porto di Cagliari ben 252 kgdi cocaina, nascosta all’interno di un container imbarcato su una motonave partita dal porto dominicano di Caucedo”.

I sequestri, 13 in totale, si sono susseguiti fino agli arresti dell'11 ottobre. 

Con l’operazione  denominata “La Romana” – “Fireman” condotta dal Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza, il Gico (Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata) in collaborazione con gli agenti della Sezione Narcotici della Squadra Mobile di Roma, è finito in carcere con l’accusa di traffico internazionale di sostanze stupefacenti l'intero organigramma composto 19 persone tra cui Vincenzo Alvaro, boss dell'omonima cosca calabrese.  

In manette sono finiti 7 romani, 2 uomini residenti a Milano, 3 sudamericani, tre affiliati alla cosca calabrese Alvaro e altrettanti residenti in Sardegna. Risulta ancora latitante, invece, l’alto ufficiale della Repubblica Domenicana, sul quale era pendente anche un altro ordine di custodia cautelare in carcere sempre per traffico internazionale di droga.

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Nadia Francalacci