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Alberica Filo Della Torre e la villa dell'Olgiata (Ansa)
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Trent'anni fa il delitto dell'Olgiata

L' omicidio di Alberica Filo Della Torre fu per 20 anni un cold case. Favorito da molti errori nelle indagini, toccò anche lo scandalo dei fondi neri del Sisde. L' omicida, tra i primi indiziati, fu il domestico filippino.

Roma, quartiere dell'Olgiata, mattina del 10 luglio 1991. In una stanza di una lussuosa villa bunker della zona residenziale della capitale c'è il cadavere di una donna di 42 anni, riverso a terra con la tempia sfondata da un oggetto contundente, le braccia in posizione di difesa ed il volto coperto da un lenzuolo intriso di sangue. La vittima, scoperta dalla figlia Domitilla in compagnia della domestica filippina Violeta Alpaga è la padrona di casa, la contessa Alberica Filo Della Torre. L' assassino si è dileguato senza lasciare segni di effrazione, come constatato dai Carabinieri di zona, i primi ad arrivare sul posto. In casa, quella mattina, c'è parecchia gente perché la contessa avrebbe dovuto organizzare il ricevimento per il decimo anniversario di nozze con il marito Pietro Mattei, amministratore delegato del colosso del cemento Vianini. Dalla stanza della nobildonna mancano alcuni gioielli di pregio. Si apriva con questo scenario un cold case durato per vent'anni. Molti temettero di trovarsi di fronte ad un delitto come quello allora irrisolto di via Poma, accaduto soltanto da un anno.

Scartato sin da subito il delitto passionale, il primo sospettato fu un giovane che sporadicamente frequentava la villa, figlio della tutrice delle figlie di Alberica. Roberto Jacono era noto anche per avere manifestato disturbi psichici e sospetti, poi fugati, di tossicodipendenza. Ma alle spalle aveva denunce per aggressione e resistenza a pubblico ufficiale. All'epoca era in cura presso un centro di igiene mentale. Jacono si difende con forza davanti agli inquirenti, così come il domestico filippino Winston Manuel (che si trovava in casa me che era stato da poco licenziato dalla contessa) e la baby sitter inglese Melanie Uniacke. I funerali della nobildonna si svolsero dopo sette giorni, data in cui fu ritrovato uno dei primi indizi quali ipotetica prova. Una maglietta ed un paio di pantaloni macchiati di sangue. Per risalire al proprietario furono senza successo utilizzate le unità cinofile, mentre l'inchiesta affidata ai pm Cesare Martellino e Federico De Siero proseguiva sulla pista che portava al più "facile" degli indiziati: Jacono. Le tecniche investigative del 1991 non permisero tuttavia di giungere ad una conclusione sulle analisi degli indumenti e molte furono allora le lacune nelle indagini, fatto che con il tempo porterà ad un incredibile depistaggio totalmente avulso dalla realtà dei fatti. Le prove del dna su Jacono e sul filippino Wilson non fornirono alcun elemento probatorio. I due saranno prosciolti definitivamente nel 1994, e le indagini ritornarono ad un punto morto.


Ma il bello (si fa per dire), doveva ancora venire. Senza più indiziati da perseguire tra coloro che il giorno del delitto erano presenti in casa della contessa, gli sguardi degli inquirenti si allontanarono di molto dalla villa dell'Olgiata. Il delitto del 1991 andò così ad intrecciarsi ad uno scandalo nazionale che aveva riempito le pagine dei giornali, quello dei fondi neri del Sisde, il servizio segreto militare. Ad attirare l'attenzione degli investigatori era stato il legame tra il marito della vittima, Pietro Mattei, e uno dei coinvolti nello scandalo, Michele Finocchi. Dimenticate le prove raccolte in anni di indagini dalla scientifica, gli inquirenti si misero ad indagare sull'ex capo di gabinetto del Sisde (all'epoca latitante) arrivando ad ipotizzare la responsabilità della morte di Alberica Filo Della Torre. Il collegamento sarebbe stato legato ai fondi neri di cui avevano beneficiato personalmente Finocchi e altri alti funzionari e l'attenzione si concentrò su uno dei conti svizzeri della contessa, di cui si occuperà il procuratore Italo Ormanni. Anche in questo caso, le indagini furono un buco nell'acqua poiché i trasferimenti di grandi somme di denaro dalle banche elvetiche a Lussemburgo da parte della famiglia della vittima non portarono ad alcuna evidenza nel coinvolgimento con i fondi neri. Anzi, si scoprirà più avanti che Pietro Mattei non era neppure a conoscenza del ruolo di Finocchi e, dopo essere stato indagato egli stesso, presenterà querela per la vicenda dalla quale uscirà pienamente scagionato. Il delitto dell'Olgiata fu così archiviato e rimarrà un cold case ancora per molti anni. Solo nel 2007 infatti, su richiesta del marito di Alberica il caso fu riaperto per ripetere le prove del dna alla luce delle nuove tecniche sviluppate negli anni. Anche la seconda volta, tuttavia, i risultati furono insoddisfacenti e il caso nuovamente chiuso. Solo la caparbietà di Mattei e la collaborazione del nuovo Pm Francesca Loy riusciranno a dipanare una matassa lunga quasi un ventennio. La Loy infatti si rivolse al Ris di Parma che tramite nuove prove di laboratorio sulle tracce di sangue di un fazzoletto del filippino Winston Manuel riuscirono a risalire all'identità dell'assassino, che già vent'anni prima era stato uno dei principali indiziati. La ricostruzione dei fatti e la confessione dell'ex domestico alcolista portarono alla luce quello che accadde quella mattina di trent'anni fa. Manuel, appena licenziato da Alberica Filo Della Torre e indebitato con la padrona di casa, era entrato nella villa cercando la contessa, senza trovarla. Conoscendo bene l'abitazione, sapeva che in una delle stanze erano conservati gioielli di valore che aveva in mente di rubare per poi rivendere ad un ricettatore. Entrato nella camera, Winston non si era accorto della presenza della contessa e così, sentendosi braccato, con un gesto fulmineo la colpì ripetutamente alla tempia con uno zoccolo per poi strangolarla una volta tramortita, senza che la vittima potesse emettere neppure un urlo.
L'assassino, rimasto in libertà per vent'anni a causa di omissioni ed errori nelle indagini (non erano state ascoltate le sue telefonate al ricettatore, ad esempio) e della falsa pista del Sisde è stato condannato a 16 anni di reclusione. Ne ha scontati soltanto dieci. Il prossimo ottobre il killer dell'Olgiata, per incriminare il quale ci volle un ventennio, sarà un uomo libero.

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Roberto Jacono, primo indiziato del delitto dell'Olgiata (Ansa)

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Edoardo Frittoli