Coronavirus, quanti italiani stanno a casa. Gli ultimi dati
(Ansa, Paolo Salmoirago)
Calcio

Coronavirus, quanti italiani stanno a casa. Gli ultimi dati

Nella settimana dal 27 marzo al 2 aprile in media hanno lasciato la loro abitazione più di quattro persone su dieci, non solo per brevi spostamenti. Lo dice uno studio realizzato per Panorama.it dalla società Next 14

Se state a casa, anzi #stateacasa per dirla con uno dei tanti hashtag che ci martellano in testa e sulle bacheche social di questi tempi, sappiate che siete una maggioranza nemmeno troppo larga. Poco più della metà della popolazione italiana. Un buon 42 per cento, continua tranquillamente a uscire. E non parliamo di una media spalmata su un lungo periodo, ma dei giorni scorsi: dal 27 marzo al 2 aprile, non ha lasciato la propria abitazione giusto il 58 per cento dei cittadini del Bel Paese. A fare la spesa, direte voi? Non è così semplice.

Quasi due italiani su dieci (il 19,8 per cento) hanno continuato ad andare a lavorare. Poi, il 7,2 per cento non si è diretto al lavoro ma ha fatto tragitti compresi tra i 200 e i 500 metri nei pressi della propria abitazione, presumibilmente per portare fuori il cane o a comprare medicine, generi alimentari e giornali in uno dei negozi di quartiere. C'è poi un buon 15 per cento che ha fatto più di 500 metri.

A dirlo è una ricerca condotta per Panorama.it da Next 14, gruppo leader nelle marketing technologies. Come ha tirato fuori questi numeri? Grazie ad accordi con svariati partner che gestiscono siti e applicazioni, può ricavare informazioni sulla loro posizione e la loro mobilità. Nel pieno rispetto della privacy, facendo leva sugli stessi meccanismi che vengono usati per fini pubblicitari. Per esempio, per capire dove si trova un utente e offrirgli suggerimenti commerciali in linea sul luogo in cui risiede o si è spostato. Abbiamo tutti un Gps nello smartphone, gli diamo il permesso di accedere alla nostra posizione, è evidente che quel dato venga rilevato.

Scendendo un po' più nel dettaglio, a Milano si è un filo più stanziali di Roma. Nel capoluogo lombardo è rimasto a casa il 61,4 per cento delle persone. O, se vogliamo leggerlo al contrario, in una settimana quasi quattro persone su dieci hanno continuato a uscire. Non siamo qui per dare giudizi di valore e possiamo lasciar parlare i numeri, comunque non è poco. A Roma, invece, è rimasto a casa il 58,1 per cento delle persone, in linea con la media nazionale. Meno di Milano.

Next 14 fa inoltre notare che «non si verifica uno scostamento sensibile tra le varie regioni, anche se hanno situazioni epidemiologiche diverse». Cioè non è stato il numero dei casi a determinare i comportamenti più o meno virtuosi. Se proprio vogliamo assegnare primati e demeriti su scala regionale, scopriamo che – sempre dal 27 marzo al 2 aprile – quelli che sono stati più fermi a casa sono stati gli abruzzesi (61,3 per cento), quelli meno i pugliesi (53,4 per cento). La regione con più lavoratori fuori casa è stata la Basilicata (23 per cento), quella con meno di nuovo l'Abruzzo (16,3 per cento).

A questi numeri sulle persone rimaste a casa e non, si aggiungono quelli del «Covid-19 Community Mobility Report» diffusi da Google, che ha misurato i cali di presenze in Italia rispetto a un periodo normale, prima dell'emergenza. Per ristoranti, bar, centri commerciali, musei, librerie e cinema il crollo è stato del 94 per cento. Abbastanza ovvio, sono quasi tutti chiusi. Negozi di alimentari e farmacie hanno visto una caduta dell'85 per cento, i parchi del 90 per cento, le stazioni dell'87 per cento. Meno cospicuo il calo sui luoghi di lavoro, dove la discesa è stata del 63 per cento.

Al di là delle curiosità statistiche, è lecito domandarsi cosa farsene di queste informazioni: «Insieme alle altre risorse in possesso delle autorità sanitarie, speriamo che questi report siano utili per supportare le decisioni sulla gestione della pandemia di Covid-19» risponde Jen Fitzpatrick, VP Geo in Google. «Per esempio» aggiunge «i dati potrebbero aiutare a comprendere come sono cambiati gli spostamenti essenziali, e in questo modo permettere di suggerire raccomandazioni sugli orari di apertura dei negozi oppure su servizi di consegna a domicilio. In modo analogo, le visite frequenti a determinate stazioni di trasporto pubblico potrebbero indicare la necessità di aggiungere ulteriori autobus o treni, al fine di consentire maggiore spazio e distanziamento sociale tra le persone che devono viaggiare. In definitiva, capire non solo se le persone viaggiano, ma anche quali sono le destinazioni principali, in modo da poter progettare linee guida che salvaguardino la salute pubblica e le esigenze essenziali delle comunità». Almeno per il tempo lontano da casa.

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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