I perché della strage degli anziani nelle Rsa causa Covid-19
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I perché della strage degli anziani nelle Rsa causa Covid-19

Errori di ogni tipo da parte un po' di tutti: governo, regioni, strutture. Ecco dove

In Italia per il Covid-19 nelle Rsa sono morti oltre 10mila anziani. Quali sono state le cause di tutto questo? Cosa non ha funzionato e perché?

Innanzitutto bisogna tener conto che gli ospiti delle Rsa sono per età e per situazione sanitaria e medica, le più fragili quindi quelle più a rischio. Purtroppo all'inizio della Pandemia di queste strutture ci si è ricordati solo in un secondo tempo, quando negli ospedali per gli anziani positivi al covid non c'era più posto.

Trasferimento malati Covid nelle Rsa

Una delle maggiori cause che ha contribuito alla diffusione del virus è stata quella di trasferire dagli ospedali al collasso alle Rsa dei pazienti positivi. Prendiamo ad esempio quanto successo in Regione Lombardia, che con la delibera di giunta XI/2906 dell'8 marzo ha chiesto alle Rsa, di ospitare i malati di coronavirus visto che gli ospedali erano pieni. La delibera stabilisce:

"A fronte della necessità di liberare rapidamente posti letto di Terapia Intensiva e Sub Intensiva e in regime di ricovero ordinario degli ospedali per acuti, occorre mettere a disposizione del Sistema Regionale i posti letto delle Cure extra ospedaliere, cure intermedie intensive e estensive, posti letto in RSA."

A ridosso di questa decisione l'associazione del terzo settore Uneba Lombardia insieme ad altri enti gestori, in data 16 marzo aveva scritto all'assessore alla Sanità, Giulio Gallera e al direttore generale del Welfare Cajazzo, segnalando il pericolo di inserire pazienti COVID in nuclei di RSA: "Una scelta di questo genere sarebbe assolutamente contraria a qualsiasi forma di tutela sanitaria. Una popolazione significativamente anziana sarebbe esposta ad un rischio altissimo è voler mettere un cerino in un pagliaio"

A confermare le preoccupazioni delle associazioni, il rapporto dell'ATS di Milano che riporta tra le cause dei decessi, l'organizzazione inadeguata di alcune RSA, tra cui il trattamento e l'isolamento degli ospiti fondamentale per evitare il contagio che invece ha fatto strage. Una carenza strutturale osservata anche dai Nas in Piemonte nel corso dei vari controlli.

Le rsa infatti non sono degli ospedali, non possono considerarsi tali; ad esempio difficile avere a disposizione in una struttura dei locali isolati e a protezione da malattie infettive.

Ma perché le rsa hanno accettato tali richieste arrivate non solo dalla Lombardia seppur consapevoli dei rischi e delle difficoltà? E' evidente che era difficile dire no alla Regioni, l'ente che consente alle rsa di aprire le loro strutture anno dopo anno.

Carenza di sistemi di protezione

Come negli ospedali anche nelle rsa ci sono stati grossi problemi legati alla carenza di dispositivi di sicurezza come guanti, mascherine e camici. Tutto questo, ovviamente, ha favorito il contagio tra ospiti e personale.

"Eravamo disperati al punto che abbiamo cercato sul mercato nero dispositivi individuali ed i reagenti per i tamponi -dichiara il Presidente Dell'Ordine dei Medici del Lazio Antonio Magi- l'emergenza Covid ci ha trovato impreparati. In Italia come spesso accade non avevamo una programmazione. Purtroppo è un male cronico. I focolai nelle rsa sono anche stati causati da spazi comuni condivisi e dalle scarse informazioni date anche allo stesso personale"

Anche l'ultimo report dell'Iss riporta la mancanza di dispositivi individuali, nel 77,2% delle strutture intervistate.

L'accesso dei parenti

Tutte le regioni hanno vietato l'accesso dei parenti nelle rsa dopo l'intervento del Governo del 4 marzo, contenuto in uno dei punti del Dpcm per il contrasto della diffusione del Covid-19: "limitazione nell'accesso di parenti e visitatori alle strutture di ospitalità e di lungo degenza, residenze sanitarie assistite (rsa) e strutture residenziali per anziani" ma ormai il coronavirus aveva già cominciato a diffondersi. Una scelta fatta a due settimane dalla scoppio della pandemia che si è rivelata sbagliata, visto che molti parenti hanno fatto da vettore del virus.

A riprova che il mancato isolamento preventivo sia stato un grave errore lo dico tra quanto accaduto nelle le case di riposo che hanno chiuso gli ingressi ai visitatori autonomamente già a febbraio. Queste hanno avuto meno contagi, come accaduto in una Rsa di Rieti che ha registrato zero casi.

I tamponi

Nelle rsa i tamponi ai pazienti sono cominciati solo il 3 aprile, quasi un mese dopo l'inizio della quarantena. Non solo; oltre ad aver fatto i tamponi molto in ritardo ci si è trovati davanti alla difficoltà di reperimento dei reagenti necessari per queste analisi.

Una situazione confermata a maggio dall'intervento del sottosegretario alla Salute Sandra Zampa, in Commissione Affari Sociali:

"La carenza di reagenti per l'esecuzione dei test diagnostici per Sars-CoV-2 è un problema riguardante l'intera Unione europea. Il nostro Paese ha partecipato come committente ad una gara europea andata a buon fine soddisfacendo completamente le richieste avanzate dagli Stati membri, inclusa l'Italia, espletata il 18 maggio" praticamente a fine pandemia.

Informazioni

La confusione anche tra medici che c'è stata a marzo, senza linee guida precise ed uguali per tutti ha interessato gli ospedali ma anche le Rsa. Lo dimostra anche un'indagine dell'Iss, secondo cui il 20% di medici e del personale ha raccontato la scarsità di informazioni ricevute circa le procedure da svolgere per contenere l'infezione. Spesso accadeva che i protocolli e le norme cambiassero giorno dopo giorno al punto che quello che prima era giusto e corretto poi diventava sbagliato.

Quando alla fine il Ministero della Salute ha diramato le linee guida definitive era ormai troppo tardi.

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Linda Di Benedetto