Cronaca nera: che fine hanno fatto i condannati famosi
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Cronaca nera: che fine hanno fatto i condannati famosi

Amanda, Annamaria Franzoni, Erica e Omar, Michele Misseri, Pietro Maso. Alcuni sono ancora in carcere, altri hanno avuto una seconda chance

Amanda Knox

Amanda Knox al rientro a Seattle (Ansa/Dan Levine)

Amanda Knox è diventata giornalista. Da essere al centro delle cronache a scrivere di cronaca. Cronaca locale, quella di Seattle. La studentessa americana, condannata dalla Corte d'appello di Firenze per l'omicidio di Meredith Kercher, è stata assunta come freelance per il West Seattle Herald, nella città dove è nata e dove vive con la sua famiglia.

"L'avevamo contattata per darle l'occasione di tornare ad avere una vita normale", ha detto il direttore del West Seattle Herald, Patrick Robinson, il quale ha aggiunto che "Amanda è molto intelligente, capace e una giornalista altamente qualificata. Ne ha passate tante, è molto interessata al lavoro ed è facile lavorare con lei". 

Amanda si occupa delle notizie locali e scrive anche recensioni teatrali. Proprio a inizio anno è tornata all'università dello Stato di Washington per concludere gli studi e laurearsi in scrittura creativa, lo stesso corso che frequentò quando arrivò in Italia nel 2007. Nel frattempo ha scritto anche un libro dal titolo Waiting to be heard. 

Annamaria Franzoni

Ansa

Il 29 giugno 2014 il tribunale accorda ad Annamaria Franzoni gli arresti domiciliari. Tribunale di sorveglianza, acquisita la perizia redatta dal professor Augusto Balloni, ha ritenuto le condizioni della donna compatibili con il regime detentivo alternativo.

Aveva chiesto di scontare ciò che resta dei 16 anni di condanna (tre scontati grazie all’indulto) per l’omicidio del figlio Samuele, avvenuto a Cogne il 30 gennaio del 2002, a casa sua, a Ripoli Santa Cristina (San Benedetto Val di Sambro), per stare al fianco del suo terzogenito, Gioele, di 11 anni.
Oggi, Annamaria Franzoni confeziona borsette nella sua casa. Continua a fare lo stesso lavoro che aveva iniziato a svolgere durante il periodo di semilibertà del quale godeva, nell’ultimo periodo di detenzione, alla Dozza di Bologna. 

Michele Misseri

Ansa

Lo “zio” Misseri, dopo  mezze ammissioni, bugie e mezze verità, è stato condannato a otto anni per soppressione di cadavere nel processo per la morte della nipotina, Sarah Scazzi. Sua moglie, Cosima, e sua figlia, Sabrina, sono state condannate all'ergastolo per omicidio doloso. Intanto durante le fasi del processo emerge un’altra verità. Michele Misseri è stato violentato da bambino
Botte, violenze e umiliazioni. Sarebbe stata un'infanzia da incubo quella del contadino di Avetrana.

 A confessarlo alla psicologa consulente della difesa, Annamaria Casale, durante l’estate 2013, sarebbe stato proprio lo stesso Michele. "Quando ero piccolo ho subito delle violenze, non da mio padre, ma da un suo cugino che ormai è morto. Ho subito abusi sessuali, robe del genere, a pensare ho ancora adesso i dolori. Non l'ho mai detto a nessuno”."Mia moglie - prosegue il contadino riferendosi alla violenze subite da piccolo, quando aveva sette anni - l'ha scoperto dopo, quando l'ho detto in Tribunale. Nemmeno i miei figli lo sapevano. Non ricordo quante volte sia successo, ma più di una volta". 


Manuel Winston

Ansa

Il delitto della contessa Alberica Filo della Torre, conosciuto come il delitto dell'Olgiata, si consumò il 10 luglio 1991 in una villa di una zona esclusiva situata a nord di Roma, il complesso dell’Olgiata.

Il caso è rimasto irrisolto per vent'anni, a causa della scarsa accuratezza delle indagini. Il 29 marzo 2011, la prova del Dna sui reperti accerta, in modo che gli inquirenti considerano definitivo, la colpevolezza di Manuel Winston, il cameriere filippino licenziato poco tempo prima del delitto e già indagato inizialmente.

Il 1º aprile, l’uomo messo alle strette dagli inquirenti confessa. Durante il processo, Manuel Winston viene condannato a 16 anni di reclusione. Pena confermata anche in secondo grado. Oggi si trova nel carcere di Rebibbia. 


Pietro Maso

Pietro Maso esce dal carcere, Milano, 23 maggio 2012. ANSA / GIUSEPPE ARESU

Pietro Maso, aiutato da tre amici, il 17 aprile 1991 nella sua casa di Montecchia di Crosara uccise entrambi i suoi genitori, Antonio Maso e Mariarosa Tessari. La motivazione? Intascare subito la sua parte di eredità.

Pietro Maso sconta la sua pena in regime di semilibertà nel carcere di Opera, in provincia di Milano. Ottiene numerosi permessi premio: il primo nell'autunno 2006 e il secondo, per Pasqua, dal 7 al 9 aprile 2007. Maso prende parte ai programmi rieducativi, studia e si è riavvicina, nel corso della detenzione, alla fede.
Partecipa a un corso teatrale di musical, tra cui una rappresentazione del celebre musical Jesus Christ Superstar dove interpretava un angelo. 
Intanto Pietro Maso si sposa in gran segreto in una chiesetta in provincia di Verona con Stefania. Alla cerimonia erano presenti il parroco che ha celebrato il matrimonio, due suore e don Guido Todeschini, guida spirituale dello sposo.

Il 15 aprile 2013 Pietro Maso è stato rimesso in libertà. Sempre nell'aprile 2013 è uscito il libro scritto assieme alla giornalista Raffaella Regoli, intitolato Il male ero io (Mondadori), dove racconta il delitto, ma soprattutto il suo percorso di riscatto durante i ventidue anni passati in prigione. Da mercoledì 15 maggio 2013 lavora presso l'emittente cattolica Telepace.


Erika e Omar

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Il 21 febbraio 2001 a Novi Ligure, la sedicenne Erika De Nardo e il suo ragazzo, Omar Favaro, massacrarono la ladre e il fratellino di Erika.

Nel 2011 Erika sconta la parte finale della sua condanna nella comunità Exodus di Lonato del Garda, Brescia. Il 6 dicembre di quell’anno la De Nardo lascia il gruppo di don Antonio Mazzi e torna libera. Ha conseguito la laurea in Filosofia nel 2009 e appena uscita, ha dichiarato di volersi rifare una vita. Oggi vive e lavora in provincia di Brescia. 

Omar invece vive in Toscana con la fidanzata. Dopo la detenzione per un lungo periodo ha lavorato nel bar di famiglia ad Acqui Terme (Alessandria), dove il padre e la madre si erano trasferiti per cercare di ricominciare una nuova vita. 
"Per anni ho avuto l’incubo delle urla di Gianluca e della madre di Erika" ha confessato in una trasmissione televisiva, Omar. Il 3 marzo 2010 è uscito di prigione, avendo beneficiato dell’indulto e di sconti per la buona condotta.

Ferdinando Carretta

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È il protagonista reo confesso di uno dei più clamorosi casi di omicidio a sfondo familiare della cronaca italiana. Il 4 agosto 1989, nella sua casa di Parma in via Rimini 8, Ferdinando Carretta uccise a colpi di pistola entrambi i genitori e il fratello. Poi sistema i cadaveri nel bagno e cancella le tracce pulendo minuziosamente l'appartamento per svariati giorni. Il giorno dopo Carretta nasconde i cadaveri nella discarica di Viarolo, dove non verranno più ritrovati. In data 8 agosto intasca, a nome del padre, un assegno con firma falsificata da cinque milioni di lire dalla Banca del Monte e un altro da un milione dal conto del fratello.

In seguito, per depistare le indagini, guida il camper Ford Transit dei genitori a Milano e lo abbandona presso un parcheggio di viale Aretusa; da qui fugge a Londra. Viene ritrovato molti anni dopo dalla trasmissione Chi l’ha visto?. 
Il 15 aprile 1999 la Corte d'Assise di Parma riconosce Carretta colpevole di triplice omicidio. Ritenuto incapace di intendere e volere al momento del fatto, Carretta è rinchiuso nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere (Mantova).

Il 15 settembre 2003 è tornato nella casa del triplice delitto per alcune ore. Nel febbraio 2004 ottiene la semilibertà e il 21 giugno 2006 lascia la struttura di Castiglione delle Stiviere per entrare in una comunità di recupero a Forlì. Il 15 ottobre 2008 è riuscito ad ottenere l'eredità e la casa del massacro grazie a un accordo con le zie. L'11 giugno 2009 è uscito anche dalla comunità di recupero. Il 25 aprile 2010 ha messo in vendita l'appartamento in cui sterminò la famiglia; dalla transazione Carretta ha ricavato 200 mila euro.

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Nadia Francalacci