Cosa Nostra, in carcere l'avvocato Marcello Marcatajo
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Cosa Nostra, in carcere l'avvocato Marcello Marcatajo

Il noto legale di Palermo gestiva da anni gli affari del clan Acquasanta. Arrestato anche un noto ingegnere siciliano e altre sei persone

Aveva paura, anzi, terrore di essere stato scoperto. Dopo il pentimento del capomafia, il legale del boss, aveva una sola preoccupazione, quella di essere arrestato. E questa mattina, all'alba, i suoi timori sono diventati realtà: i militari della Guardia di Finanza di Palermo gli hanno fatto scattare le manette. L'avvocato Marcello Marcatajo, 69 anni, è finito in carcere con l' accusa di avere gestito gli affari dei boss del clan Acquasanta di Palermo.

Il legale, uno tra gli avvocati più noti della città, che si sarebbe occupato soprattutto della gestione degli immobili del costruttore mafioso Vincenzo Graziano e del boss Vito Galatolo, e' accusato di riciclaggio e reimpiego di capitali illeciti, con l' aggravante di aver agevolato Cosa nostra.

Il ruolo di Marcatajo negli affari del clan sarebbe emerso da alcuni documenti sequestrati all'imprenditore dagli investigatori e poi confermato da Galatolo, passato tra le fila dei collaboratori di giustizia.

Insieme al legale sono finite in carcere altre otto persone accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa. Tra questi anche un ingegnere, Francesco Puccio, 67 anni, anche lui conosciuto a Palermo. 

Marcello Marcatajo è stato intercettato dalla Finanza del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria di Palermo, per mesi: dalle conversazioni registrate emergono tutti i timori e le ansie del professionista che, dopo il pentimento del boss Galatolo, era preoccupato che i suoi rapporti professionali con il clan Acquasanta potessero emergere in tutti i suoi aspetti.

Sicuramente, l'inchiesta che si è conclusa in queste ore, ha fatto luce sui 250 mila euro che l'ex boss, ora pentito, Vito Galatolo, avrebbe messo per l'acquisto del tritolo destinato ad un progetto di attentato al pm palermitano Nino Di Matteo. Quei soldi sarebbero stati recuperati dalla vendita di alcuni box auto di fatto di proprieta' del capomafia.

E' stato lo stesso Galatolo, nei mesi scorsi, a chiarire la provenienza del denaro utilizzato per l'acquisto dell'esplosivo, che però non è stato mai ritrovato. Galatolo, poi avrebbe spiegato come il legale Marcatajo, attraverso la società immobiliare Igm Srl, riusciva a gestire gli affari immobiliari del clan. Da lui, all'epoca insospettabile professionista, l'ex presidente dell'Ars, Francesco Cascio, acquistò una villetta che ora è finita sotto sequestro.

L'inchiesta è stata coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall'aggiunto Vittorio Teresi e dai pm Annamaria Picozzi, Amelia Luise, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene. Ed è proprio il pm Teresi a commentare l'operazione della Finanza: "Se è vero che la mafia militare è indebolita, non si può dire altrettanto del livello economico e politico, che è sempre più forte".

Ma del ruolo sempre più importante e determinante dei professionisti all'interno delle strutture mafiose e dei clan, ne parla anche il comandante del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Finanza, il generale Giuseppe Bottillo, precisando quanto sia indispensabile la loro esperienza e capacità,  per amministrare e far fruttare il patrimonio 'sporco' delle cosche. "L'indagine di oggi- ha spiegato il generale- ha disvelato il ruolo dei professionisti che, da meri prestanome, sono diventati organici a Cosa Nostra, scegliendo di delinquere e adoperarsi per il sodalizio mafioso". 


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Nadia Francalacci