Concerto politico per tre tenori
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Concerto politico per tre tenori

Fuochi d'artificio prima delle europee: il problema è che dietro i tre fuoriclasse (Berlusconi, Renzi, Grillo) non ci sono padri reverendissimi. Al massimo una pletora di chierichetti

State pronti, perché i fuochi d’artificio stanno per iniziare. Manca un mese e mezzo alle elezioni europee del 25 maggio e, d’ora in avanti, la temperatura del confronto politico è destinata a diventare incandescente. Ancora una volta a dare il calcio d’inizio alla competizione sarà la magistratura, quella stessa magistratura che in altre epoche è intervenuta a partita iniziata o addirittura «in zona Cesarini». L’effetto, stavolta, sarà quello di falsare la gara fin dal principio. Perché, in ogni caso, quella di Silvio Berlusconi sarà una corsa con l’handicap.

Azzoppata. E ciò a prescindere dalla decisione che andranno a prendere i giudici di sorveglianza, terminale ultimo di una italianissima sconcezza giudiziaria che potrà avere ristoro solo con un pronunciamento della Corte europea dei diritti dell’uomo. E campa cavallo. Quindi, nell’attesa che il giudice di Berlino dica qualcosa, non stiamo a raccontarci fregnacce: la casta togata non solo limiterà i movimenti del principale leader dell’opposizione, ma finirà anche per privare milioni di italiani di una libertà altrettanto fondamentale. E cioè quella di scrivere sulla scheda elettorale il nome di Berlusconi.

Che piaccia o no, il fondatore di Forza Italia rimane a pieno titolo uno dei tre tenori della politica italiana, un fuoriclasse. Lo sono, con caratteristiche diverse, anche Matteo Renzi e Beppe Grillo. Tutti e tre hanno il dono di sorprendere la platea con i loro «do» di petto. Ma se in Berlusconi prevale l’imprevedibilità (anticamera del genio) ancorata al senso dello Stato, il «do di petto» che finora ha emesso Renzi è quello della velocità (variante, assai pericolosa, della fretta, quella che fa i gattini ciechi). Mentre per Grillo, va da sé, il tratto distintivo è quello di incarnare meglio d’ogni altro il sentimento dell’antipolitica (preludio, pericolosissimo, di atti insurrezionali). E gli altri? Sono, allo stato, voci bianche che anelano ad avere «voce in capitolo» nella corretta accezione che dell’espressione aveva Leonardo Sciascia. E dunque di poter avere il privilegio di cantare in cattedrale quel passo della Sacra Scrittura, detto appunto «capitolo», riservato solo ai canonici. Ora, a parte i tre tenori, io non vedo in giro né canonici, né padri reverendissimi. Dei chierichetti, tutt’al più.
 
P.S. Sapevamo che con «Panorama d’Italia» avremmo fatto breccia nelle città del nostro tour. Ma a Reggio Calabria, la prima tappa , siamo stati travolti da interesse ed entusiasmo come mai ci saremmo attesi. Per questo non vediamo l’ora di arrivare il 14 maggio a Lecce.     
 

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Giorgio Mulè