Cina, Bo Xilai, la moglie e il processo chiave per il futuro politico del Paese
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Cina, Bo Xilai, la moglie e il processo chiave per il futuro politico del Paese

Misteri, intrighi, bugie, interessi e potere: ecco perché Pechino ha chiuso un occhio sulla vicenda Xilai

Gu Kailai è un'assassina e verrà condannata per omicidio. È questa, per il momento, l'unica certezza del processo blindatissimo iniziato ieri mattina a Hefei e relativamente al quale tanti sostengono da tempo di poterne prevedere l'esito finale.

A fine luglio la donna, avvocato e moglie dell'ex capo del partito comunista a Chongqing, Bo Xilai, è stata accusata dalla Corte Popolare di Hefei, nella provincia meridionale dello Anhui, dell'omicidio del cittadino britannico Neil Heywood, trovato morto in una stanza d'albergo di Chongqing il 14 novembre 2011 e frettolosamente cremato dalle autorità locali. La formalizzazione dell'accusa è arrivata tre mesi e mezzo dopo il suo arresto, il 10 aprile scorso. Eppure, invece di aspettare con coraggio l'inizio del processo per potersi difendere, un paio di giorni fa, sorprendendo molti, Gu Kailai ha deciso di ammettere la propria colpevolezza.

Per "evitare incidenti" ieri mattina decine di poliziotti hanno formato un cordone di sicurezza intorno al tribunale di Hefei, boccando anche le strade circostanti. Due manifestanti che si erano presentati lì davanti cantando canzoni patriottiche e urlando frasi di condanna contro il "processo-farsa" sono stati fatti salire su un'auto da alcuni agenti in borghese e portati via. A nessuno straniero è stata concessa l’autorizzazione ad entrare in aula. Con un'unica eccezione riservata a due diplomatici britannici. Che hanno potuto osservare con i loro occhi una donna che per tutto il tempo non ha battuto ciglio, non ha sollevato lo sguardo, non ha sprecato una sola lacrima. Assistendo in silenzio ad un processo in cui tutto era già stato deciso.

Del resto, era stata proprio lei, appena un paio di giorni prima, a invitare le autorità a procedere "come meglio avrebbero creduto", e a scrivere i "rapporti che sarebbero sembrati loro più verosimili" rispetto alle questioni che Gu Kailai ha ammesso di non "ricordare più con chiarezza". Poi due "confessioni spontanee" hanno cambiato di nuovo le carte in tavola in un processo relativamente al quale Pechino avrebbe preferito ottenere molta meno pubblicità (non a caso da tempo sfruttare la rete per ottenere informazioni sulla ex coppia d'oro di Chogqing è impossibile!).

La prima, tre giorni fa, in cui Gu Kailai ha ammesso di aver commesso "crimini economici", elimnando per sempre ogni opportunità per Bo Xilai, di cui da tempo nessuno ha più notizie, di "rifarsi una vita". Visto che da un'incriminazione per corruzione e trasferimento di capitali all'estero, lui, un "rispettabile funzionario del partito", non avrebbe mai potuto salvarsi nonostante sia sempre più chiaro a tutti quanto Pechino sia tutt'altro che immune a corruzione e scandali.

La seconda è stata fatta in aula. Dove la donna ha ammesso di essere andata a trovare Heywood nella sua stanza d'albergo il 13 novembre scorso e di aver bevuto vino e tè in sua compagnia. E, dopo che l'imprenditore si è ubriacato, ha vomitato e ha chiesto dell'acqua, Gu Kailai ha preso del veleno che aveva preparato e che aveva fatto portare in albergo dal suo tuttofare Zhang Xiaojun e "l'ha versato nella sua bocca", uccidendolo. In precedenza, l'ex reginetta di Chongqing aveva accusato Zhang Xiaojun di essere l'autore materiale del delitto. Probabilmente perché ancora ignorava quale sarebbe stato il suo destino e quello di tutte le altre persone coinvolte nel processo del decennio.

Oggi, invece, i dubbi sono scomparsi. Gu Kailai, che dovrebbe essere punita con la pena di morte se in Cina la legge fosse davvero uguale per tutti, verrà condannata a un massimo di dieci anni di reclusione. Del resto ha fatto la scelta giusta: ha tradito il marito e non Pechino.

Lo stesso dicasi per Wang Lijun, il poliziotto che, con la sua bizzarra richiesta di asilo politico prima agli inglesi e poi agli americani ha "offerto al Partito" la scusa ideale per eliminare Bo Xilai. Etichettato come traditore e in quanto tale da punire con pena di morte, Wang Lijun sicuramente sapeva che questo destino gli sarebbe stato risparmiato sin dal momento in cui è uscito "di sua spontanea volontà" dal Consolato americano di Chengdu, dove aveva già trascorso più di 24 ore.

Ma perché per il Partito era così importante eliminare Bo Xilai? Quella di ottobre sarà una successione difficile per due motivi. Da un lato l'economia ristagna e una nuova ricetta per attenuare gli effetti della crisi economica non è ancora stata trovata. Dall'altro il Politburo, complice l'assenza di leader davvero carismatici, non è riuscito a ritrovare la compattezza sperata. Per un'alternanza che ormai fa parte della tradizione cinese, la Presidenza a ottobre verrà affidata a un conservatore. Da qui la necessità di nominare un Comitato permanente (una sorta di governo) del medesimo orientamento. All'interno del quale un uomo pericolosissimo come Bo Xilai, che di carisma ha invece da vendere, sarebbe potuto riuscire a mettere nell'ombra persino il Presidente.

Oggi alcune fonti di dubbia autorevolezza hanno fatto circolare la notizia di una lettera firmata da intellettuali e ex-funzionari del partito con la quale l'attuale Primo Ministro Wen Jiabao sarebbe stato invitato a dimettersi per essersi spinto "troppo oltre" nella strada delle riforme. Da cui bisognerà riuscire al più presto a tornare indietro.

Per quanto nessuno metta in dubbio che ai conservatori le idee di Wen Jiabao possano non piacere (per quando Wen Jiabao non verrà di certo ricordato per aessere riuscito a far approvare riforme epocali...), perché dovrebbero chiederne le dimissioni quando fra qualche mese sarà proprio lui ad andarsene? Un falso, quindi? O piuttosto una lettera utile a legittimare una virata in senso conservatore per un leader non particolarmente forte..? Oggi è ancora impossibile rispondere.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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