Caracas, Maduro festeggia il carnevale con i morti per le strade
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Caracas, Maduro festeggia il carnevale con i morti per le strade

Un italiano che vive in Venezuela ha scritto a Panorama.it per raccontare quello che sta succedendo: "Maduro è un tiranno". Oppositori uccisi con colpi alla testa, come delle esecuzioni

Nemmeno i morti per le strade (se ne contano 14, ma potrebbero essere di più) ha impedito a Nicolas Maduro di festeggiare il Carnevale. Mentre proseguono le manifestazioni antigovernative e gli scontri in piazza in tutto il Venezuela, il presidente si dedica a canti e balli, punta il dito contro Washington che ha ordito a mezzo Cia un complotto ai suoi danni e dichiara di volere la pace. Intanto gli attivisti si organizzano e tramite Twitter chiedono a tutti di chiamare la Casa Bianca oggi, 28 febbraio, tra le ore 9 e le 17 (ora di Washington) per dire solo una cosa: Sos Venezuela.

Carnevale di sangue a Caracas. Il Paese è nel caos per le proteste anti-Maduro iniziate il 12 febbraio scorso e che stanno continuando a oltranza, nonostante il pugno di ferro della Guardia Nacional Bolivariana, aiutata dagli scagnozzi Tupamaros, i killer incappucciati. In una lettera inviata a Panorama.it un italiano che vive in Venezuela racconta la drammatica situazione che il Paese sta vivendo. La pubblichiamo qui di seguito.

Mi chiamo Alessandro Collioli, ho 40 anni e da 7 sono in Venezuela. Vivo nella città di Mérida sulle Ande, sede di una delle più antiche e rinomate università del Venezuela (ULA Universidad de Los Andes). Città che è anche stata una delle prime a ribellarsi allo stato di cose che si è creato in Venezuela. La scintilla è scoppiata a San Cristobal, dove ha una sede la Ula e dove una ragazza è stata aggredita da un gruppo di delinquenti che, non soddisfatti di averle rubato tutto, volevano anche violentarla.

E’ stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. La delinquenza è insopportabile e gli studenti hanno deciso, apparentemente in forma autonoma e spontanea, di protestare finché il governo nazionale non metterà in pratica politiche serie contro la criminalità. Nel 2013 secondo dati ufficiali gli omicidi in Venezuela sono stati quasi 25000, in pratica ammazzano un venezuelano ogni 20 minuti e con un tasso di impunità del 92%. Caracas è la seconda città più violenta del mondo.

La città di Mérida ha aderito alla protesta e al motivo iniziale della violenza criminale se ne sono aggiunti altri. Ce ne sono a bizzeffe in Venezuela: mancanza di alimenti (latte, farina, pollo, olio…) e beni primari per l’igiene (dentifricio, detersivi, saponi, carta igienica..); l'inflazione è tra le più alte del mondo (56% nel 2013 secondo stime poco credibili del governo; negli ultimi 10 anni si stima più di un 500%), svalutazione della moneta, produzione interna praticamente paralizzata per mancanza di dollari per importare materie prime; politica di stampo castro-comunista con ingerenze dirette di militari e “consulenti” cubani, solo per citare alcune delle cause che hanno portato la gente a scendere in piazza.

Col passare dei giorni uno dei principali leader dell’opposizione, Leopoldo Lopez, ha pubblicamente espresso il suo consenso e appoggio ai giovani manifestanti incitandoli a rimanere in piazza pacificamente. Si sono così aggiunte migliaia di altre persone alle proteste sfociate nella marcia massiva del 12 febbraio al palazzo di Giustizia, occasione nella quale i manifestanti sono stati attaccati da centri sociali vicini al governo, provocando due morti. Di tutto ciò è stato accusato lo stesso Lopez contro il quale Maduro ha scaricato tutta la responsabilità sollecitando un ordine di cattura. Detto fatto. due giorni dopo Leopoldo Lopez si consegna incitando i giovani a proseguire le proteste contro il tiranno ottenendo l’appoggio di altri leader tra cui Maria Corina Machado e Capriles Radonsky (ex candidato presidenziale, sconfitto da Nicolas Maduro per un pugno di voti in elezioni discutibili e impugnate…).

Di fatto la situazione che si è venuta a creare sembra proprio quella di un tiranno che reprime chiunque abbia il coraggio e la sfrontatezza di urlare ciò che non va nel paese. Ma sembra che ormai i giovani stanchi non abbiano più paura delle minacce e della repressione del Governo. Continueranno a oltranza fino a che non si dimetterà il presidente e il suo Gabinetto. 

Si vivono giorni difficili in Venezuela, Paese dalle mille risorse, Paese che ha saputo amalgamare e integrare decine di etnie e di immigranti di tutto il mondo, ma che a quanto pare adesso si è diviso e la strada verso la nuova unione sembra lastricata di sofferenza. Di tutte le ondate migratorie che si sono riversate in Venezuela, adesso non si sopporta più l'insolita migrazione dei cubani.

Da qualche anno i cubani chiamati dal governo stanno “invadendo” il paese; occupano carichi importanti nelle alte sfere del governo e dell’esercito. Sono preferiti agli stessi venezuelani e questo è un altro motivo di protesta. Ci sentiamo invasi e violati dal Governo che ha giurato di difenderci.

Da un po’ di tempo, quasi un mese ormai, quando scende la sera la città diventa silenziosa oltre l’immaginabile…è quasi fastidioso, abituato come sono al grande traffico e ai rumori dei venezuelani, popolo allegro e rumoroso. Poi, d’improvviso la colonna sonora che purtroppo ci accompagna spesso in queste notti: spari in lontananza. Poco più in la deve essere iniziata la repressione contro i manifestanti. Quelli più tenaci che non abbandonano le loro barricate nemmeno di notte.

Una città tra le più tranquille del Venezuela, Mérida, città universitaria ma proprio per questo adesso in lotta, in fiamme in rivolta spinta dall'anelito di libertà di quegli universitari che animano le sue vie e strade. Adesso le vie principali sono bloccate da barricate di fortuna, pietre, portoni divelti, casse, pattume… devono proteggere i manifestanti dagli attacchi della Guardia nazionale bolivariana, uno dei corpi che forma la forza armata venezuelana e che cerca di mantenere l’ordine in città. A Mérida, come in tante altre del Paese, che da tempo sono insorte contro il regime di Nicolas Maduro: San Cristobal, Barquisimeto, Valencia Maracaibo, Puerto Ordaz Maturin, Caracas, la capitale, solo per citare le principali.

La Guardia nazionale più che mantenere l’ordine reprime. E’ ormai indubbio che in varie occasioni hanno sparato e che molti dei 14 morti contati fino ad oggi sono loro attribuibili. Ma c’è di più, la maggior parte di questi giovani sono stati assassinati con colpi alla testa, cosa che denota la volontà di uccidere. La rabbia cresce ogni giorni di più, ogni morto è un motivo in più di protesta, una barricata in più in una strada e più gente che si unisce alla protesta.

Ormai il Paese è paralizzato, difficile trovare benzina e generi di prima necessità, difficile muoversi per andare al lavoro, servizi pubblici quasi inesistenti, ma la gente, la maggior parte, resiste. Da più parti si sente dire: “se serve per cambiare va bene, sopporteremo questi disagi”.

La gente non ne può più di questo governo. 15 anni di “socialismo” castrista hanno lasciato un paese ricchissimo come il Venezuela in miseria. 3 milioni di barili di petrolio al giorno però non abbiamo farina, latte uova, pollo, carta igienica e tanti altri prodotti di uso quotidiano. E quando ci sono per acquistarli è necessario fare la coda, come nell'ex Unione sovietica. Ore e ore di coda sotto il sole caraibico per vedersi poi razionare la quantità di farina o latte perché non è abbastanza per tutti.

A tutto questo si aggiunga che il mezzo utilizzato dal governo per contrastare i manifestanti sono i cosiddetti gruppi sociali o collettivi. Si tratta, a detta della ministra Iris Valera, dei "difensori della rivoluzione". E infatti difendono: a colpi di pistola e fucile, appoggiati dalla complicità della Guardia nazionale, sparano.

La situazione è grave e può solo peggiorare. Studenti disarmati contro vere e proprie bande criminali che scorrazzano in moto seminando il panico tra i civili. Sparano anche alle finestre se qualcuno "osa" protestare.

Ci sono violazioni dei diritti umani sia nelle manifestazioni, nel modo in cui vengono attaccate e represse con le armi, sia nelle stazioni di polizia a danno degli arrestati e fermati. Si segnalano casi di tortura.

In tutto questo il governo prepara le celebrazioni per il Carnevale. 14 morti e si fa festa quando qualsiasi Paese normale proclamerebbe il lutto nazionale.

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Anna Mazzone