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Calcio

Caro sindaco Sala, giù le mani da Milan e Inter

Prima gli 'scoop' su Elliott, ora i dubbi su Suning: così la politica milanese (in piena campagna elettorale) sta affossando il progetto nuovo stadio. Rischiando di condannare i club al declino

Il botta e risposta durissimo tra il sindaco di Milano Beppe Sala e l'Inter ha tolto il velo su uno scontro che da mesi si va consumando a proposito dei progetti per il nuovo stadio San Siro. Nulla di sorprendente seguendo la traiettoria della politica milanese, impegnata in una lunga campagna elettorale che ha visto il primo cittadino riposizionarsi nell'area dei Verdi proprio pochi giorni prima dell'intemerata che ha scatenato la replica della proprietà cinese del club nerazzurro.

Ha detto Sala, formalmente inattaccabile: "Ci saranno 5-6 anni di lavoro, io non posso affidare un quartiere per un così lungo periodo di tempo a realtà di cui non è certa la proprietà futura". Gettando ombre sul Gruppo Suning che dal 2016 ha investito nell'Inter oltre 700 milioni di euro e che sta attraversando un delicato passaggio tra ristrutturazione dei propri debiti - calcistici e non - e tentazione di cedere parte o tutte le quote a un nuovo proprietario. Una frenata decisa in un momento in cui chi ha progettato di mettere 1,2 miliardi di euro sul progetto e sulla città di Milano, metà dei quali destinati alla costruzione del nuovo stadio e il resto sul distretto che deve sorgergli intorno, attendono da Palazzo Marino l'ultimo passo formale per avere il via libera alle carte.

TUTTO FERMO A UN PASSO DAL VIA LIBERA

Mancava solo l'ok della Giunta, dopo mesi di trattative su volumetrie e salvaguardia del vecchio San Siro. Ma da mesi Inter e Milan respiravano un'aria diversa, molto meno collaborativa da parte delle istituzioni milanesi, buona parte delle quali contraria all'idea di abbattere il Meazza e dare corso al maxi intervento. Di sicuro contraria era e resta l'area di nuovo riferimento del sindaco, che in autunno correrà per rinnovare la sua carica. Il momento difficile di Suning ha fornito l'assist perfetto, dopo che in autunno settimane era state spese inseguendo le carte lussemburghesi sulla proprietà del Milan, in mano ad Elliott ma messa in discussione al grido "non si può affidare un pezzo di Milan a un fondo di cui non si conosce l'origine".

Lo schema si ripete adesso. Con l'aggravante del tempo che passa (ormai due anni) e di quello che separa Milano dalle Olimpiadi invernali del 2026 entro le quali, se nuovo stadio deve essere, i lavori dovranno essere completati. La partita in gioco è, però, più complessa e delicata dei semplici equilibri della politica milanese e delle convenienze elettorali dei diversi schieramenti.

LA VERA POSTA IN GIOCO: IL FUTURO DI MILAN E INTER

Sul tavolo c'è il futuro di Inter e Milan che hanno una grande storia alle spalle, ma che necessitano di infrastrutture e nuove fonti di ricavo per sperare di avere un futuro all'altezza. Senza nuovo stadio, senza distretto e senza opportunità di diversificazione e sviluppo delle fonti di ricavo, sono destinate a un declino anche sportivo. Il resto d'Europa è già avanti di almeno vent'anni rispetto al calcio italiano e a quello milanese in particolare. Aver snellito leggi e burocrazia pare non essere stato sufficiente.

A Roma il progetto nuovo stadio è stato definitivamente cancellato dopo nove anni di melina e rimpallo tra club, proprietà e politica. A Firenze c'è un magnate americano, Rocco Commisso, che comincia ad comprendere cosa significa avere a che fare con la palude italiana: niente stadio nuovo di proprietà e problemi anche per il Viola Park già pronto a partire a Bagno a Ripoli. Investitori e investimenti in fuga o, nella migliore delle ipotesi, messi a rischio.

Ora anche Milano, un tempo capitale economica d'Italia. Una volta città capace di dare il meglio di sé distinguendosi da altre realtà dove l'intreccio tra politica ed economia rendeva impossibile il cambiamento. Un tempo lontano. Sul dossier San Siro il calcio milanese si giocano una fetta importante di futuro: giù le mani dai loro destini. Basta alla continua ricerca di appigli per rallentare e fermare progetti già legittimamente discussi, modificati e adeguati alle esigenze della città. A meno che il sindaco Sala non voglia passare alla storia come il sindaco che certificò la condanna al lento oblio di quella che fino all'inizio degli anni Duemila è stata una delle grandi capitali del calcio europeo.

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Giovanni Capuano