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Calcio

Qatar, il Mondiale sbagliato

Scatta l'edizione più contestata della Coppa del Mondo. La sua assegnazione ha portato alla fine dell'era Blatter, disturba i club ma porta il calcio in uno dei mercati più ricchi della Terra. E segna un punto di non ritorno per il pallone

L'ultima pietra dello scandalo è stato il divieto, confermato, di bere birra alcolica all'interno degli stadi. Una grana prevedibile per la FIFA e per il contratto multimilionario con Budweiser che dovrà accontentarsi della bevanda analcolica, a conferma che il pallone sarà accolto a braccia aperte in Qatar ma non a sufficienza per cambiarne usi e costumi. Nulla in confronto con le questioni vere che dal 2010, da quando Blatter ufficializzò l'assegnazione di questa edizione firmando la sua condanna (le inchieste dell'FBI lo hanno costretto al passo indietro), tengono banco. Ora che gli occhi del mondo saranno su Doha e dintorni per un mese esatto è possibile che molto venga dimenticato, sacrificandolo nel nome del divertimento e della voglia di esserci.

Inizia un Mondiale mai visto prima. Non è una frase fatta. Non è mai successo che si giocasse d'inverno, non nel senso meteorologico, viste le temperature del posto, ma della stagione interrotta a metà e che riprenderà a inizio gennaio con una volata fino a giugno. Avrà un peso sul livello delle nazionali? Favorirà qualcuno per sfavorire altri? Di sicuro è costato la presenza a molti top player, appiedati dagli infortuni: Pogba, Nkunku, Kanté, Mané, Correa, Maignan solo per citarne alcuni in ordine sparso.

Non è mai accaduto che si disputasse un Mondiale in un fazzoletto di terra, con gli stadi raggiungibili in metropolitana dopo le immense distanze di Brasile 2014 e Russia 2018: logisticamente sarà meno sfibrante di quelli che l'hanno preceduto, ma è facile immaginare che le squadre vivranno come dentro una bolla in cui non sarà semplice respirare passioni ed entusiasmo. Ci saranno i tifosi? Le prime cronache sono sconfortanti, con comparse pagate mandate in strada a fare un po' di colore; un mese, però, è lungo e si scommette sulla presenza delle torcida anche dai luoghi più lontani.

Sarà un Mondiale senza Italia e sta diventando purtroppo un'abitudine. E' la terza volta che accade dopo il 1958 e lo sciagurato 2018 di Ventura. Un tradimento per chi meno di sedici mesi fa stava festeggiando da campione d'Europa. E' possibile che il pubblico italiano trascorra comunque le sue serate davanti alla tv ad osservare gli altri (la Rai si è tenuta i diritti dopo averli strapagati 200 milioni di euro nella convinzione che ci sarebbero stati gli azzurri), è certo che mancherà del tutto il rito collettivo che accompagna le nostre notti magiche. Colpa nostra, ma non solo. L'Europa conta sempre meno nello scacchiere della politica calcistica e il prossimo allargamento a 48 squadre aggraverà la situazione, premiando altri mondi rispetto al nostro: sarà il caso di farci l'abitudine.

Tutte ottime ragioni per definire Qatar 2022 il Mondiale sbagliato. Un giorno qualcuno metterà ordine sul numero di vittime della sua lunga fase di gestazione - alcune stime si spingono oltre quota 6.500 lavoratori morti nei cantieri - e sui costi esorbitanti che hanno consentito all'emirato di costruire stadi, strade, metropolitane e infrastrutture assenti nel 2010 e senza le quali sarebbe stato impossibile organizzare una Coppa del Mondo. Oggi si va avanti navigando a vista. La FIFA ha chiesto a federazioni e nazionali di concentrarsi solo sul campo, Gianni Infantino è alla vigilia della rielezione per acclamazione a numero uno del pallone mondiale ed entrerà nell'ultimo mandato della sua carriera come uomo forte, sostenuto dal nuovo asse di maggioranza che parte dal Nord America, transita per l'Africa e arriva fino ad Asia e Medio Oriente con Europa e Sud America in posizione subalterna.

Poi c'è il campo e qui il discorso cambia. Qatar 2022 rischia di diventare uno dei Mondiali più interessanti di sempre, anche perché collocato in un momento della stagione in cui i calciatori hanno ancora benzina nelle gambe e nella testa. Siamo in una fase di transizione: Messi e Ronaldo, i simboli degli anni Duemila, toccano quota cinque partecipazioni e chiudono qui. Alle loro spalle premono i giovani, anche se il vichingo Haaland mancherà perché la Norvegia non gli ha garantito il pass.

Ci sarà da divertirsi, non c'è dubbio. Quattro anni dopo il Var, la FIFA userà il Qatar per presentare al mondo altre innovazioni tecnologiche, dal fuorigioco semiautomatico alle metriche e grafiche di racconto televisivo. Si va verso un calcio sempre più digitale e sempre meno passione e sudore. Forse. Qatar 2022 rappresenterà un laboratorio interessante e chiarirà a tutti quanto convenga investire su questa area del mondo, ricchissima grazie alle risorse naturali che possiede, lontana dalla nostra cultura, storicamente assente dal panorama del pallone. Non è la prima volta che il Mondiale diventa strumento di colonizzazione. Non sempre l'obiettivo è stato raggiunto. Anzi.

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Giovanni Capuano