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Calcio

Napoli, ricorso respinto: giustizia sportiva è fatta

Resta la sconfitta a tavolino con penalizzazione. Motivazioni durissime contro il club di De Laurentiis: per i giudici cercava alibi per non giocare la partita

La Corte d'Appello della Federcalcio ha respinto il ricorso del Napoli contro lo 0-3 a tavolino (con punto di penalizzazione) per non essersi presentato a giocare la partita contro la Juventus. Sconfitta su tutta la linea la difesa partenopea, ma quello che sorprende del dispositivo firmato dal presidente Sandulli è la durezza delle motivazioni. Sei pagine nelle quali l'atteggiamento del Napoli nelle ore calde di inizio ottobre viene definito, senza troppi giri di parole, "teso a precostituirsi un alibi per non giocare quella partita", colpevole di "dolo di preordinazione" e "non rispettoso" nei confronti degli altri. Prima fra tutti la Juventus che a Torino aspettava l'avversario e che nelle stesse ore si trovava a gestire una situazione simile di contagio da Covid all'interno del proprio staff. Rispettando il protocollo, le sue regole e le sue limitazioni.

Non c'è stato spazio alcuno alla comprensione delle tesi difensive della società e del presidente De Laurentiis. Nulla. Una durezza senza precedenti anche nel dettagliare i motivi di respingimento del ricorso senza quasi entrare nel merito, così come già aveva fatto il Giudice sportivo in primo grado, del conflitto tra poteri: autorità sanitarie locali contro ordinamento sportivo. Ha prevalso la tutela del secondo, unico baluardo insieme alle regole scritte nel protocollo Figc per cercare di tenere vivo il campionato e con esso un sistema sull'orlo del baratro.

Scrivono i giudici dell'appello: "La ragione per la quale una Società di calcio professionistico", dunque ben strutturata al suo interno, "debba chiedere lumi" sull'applicazione dei protocolli federali "è difficile da comprendere" e non si può spiegare se non con la "volontà di preordinarsi una giustificazione" per non scendere in campo. Se possibile, una motivazione ancor più dura di quella già scritta in primo grado e che inchiodava il Napoli alla responsabilità della gestione delle ore successiva la comunicazione della positività di Zielinski ed Elmas.

Gli avvocati di De Laurentiis e lo stesso numero uno partenopeo avevano giocato la carta dell'impossibilità sopravvenuta per l'opposizione delle Asl napoletane alla partenza del charter. Respinti con perdite e con una spiegazione che diventa la stella polare di come il sistema calcio stia cercando faticosamente di difendere il proprio fortino. Condividere quella tesi, infatti, "porterebbe inevitabilmente a frustrare, totalmente, la motivazione posta a fondamento dei protocolli federali" e cioè "consentire, seppure nella criticità della situazione, di svolgere e portare a termine il campionato".

Impedendo ai suoi giocatori di andare a Torino a sfidare la Juventus, De Laurentiis si è messo fuori dal sistema. Per questo, è la sintesi del no al ricorso, il Napoli deve perdere a tavolino quella partita e subire un punto di penalizzazione. Giustizia (sportiva) è fatta. Non poteva essere diversamente e non è un caso che ADL non abbia raccolto solidarietà all'interno del mondo del calcio e dello sport italiano. L'interesse superiore vorrebbe che la vicenda si chiudesse qui, senza code ulteriori. Difficile che avvenga. Ma dall'inizio di questa storia è apparso chiaro - così certificano i giudici dell'appello - che non tutti hanno perseguito il bene comune.

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Giovanni Capuano