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Calcio

Gravina, il Re del calcio e la sfida più difficile

Rieletto con il massimo consenso (ma la base dei dilettanti contro), il numero uno della Figc dovrà fare riforme e traghettare il pallone fuori dalla crisi senza scontentare nessuno dei suoi elettori

Nel giorno della rielezione più ampia possibile, Gabriele Gravina ha dato inizio al mandato in cui dovrà traghettare il calcio italiano fuori dalla crisi, possibilmente riformato e rimettendo insieme anche i cocci (minoritari) rimasti per terra in una campagna elettorale che è stata rapida e trionfale. Dicono che si sia guadagnato il secondo mandato sul campo la scorsa primavera, quando in piena pandemia è riuscito a rimettere il pallone in campo almeno per la Serie A evitando il crac di tutto il sistema. Anche per questo in tanti hanno indicato nella continuità la strada maestra, preferendo lui a Cosimo Sibilia che correva in rappresentanza dei dilettanti, ovvero della corrente più pesante nella cabina ma stretta all'opposizione non essendo riuscita a pescare altro consenso al di fuori di se stessa.

Anzi. Il 73,75% con cui Gravina ha vinto indica come nel fronte di Sibilia i franchi tiratori non siano mancati. Il che rende Gravina più forte, ma lo costringe anche ad adoperarsi rapidamente per ricucire i rapporti personali e politici. La rielezione del numero uno non è praticamente mai stata in discussione, ma i veleni nella marcia di avvicinamento all'assemblea romana non sono mancati tra cambi di progetto, ruolo e denuncia di accordi non rispettati compreso quello che avrebbe impegnato lo stesso Gravina a una staffetta con Sibilia.

Il fronte avverso al presidente aveva capito tutto per tempo, almeno dal giorno del ritorno in campo dell'immarcescibile Carlo Tavecchio come nuova guida del comitato dilettanti della Lombardia. "Incursioni nella base dei dilettanti" vengono definite. Azioni di disturbo che da oggi devono, però, appartenere al passato perché proprio dalla base della piramide la Figc deve ripartire se non vuole mettere a rischio la tenuta stessa del sistema. Che sia un patto di belligeranza (offerto nelle dichiarazioni post voto), oppure una forma di risarcimento con ruolo e carica, sarà materia delle prossime settimane.

Di sicuro per Gravina il compito non sarà semplice, perché oltre a rispondere alle istanze che il movimento porterà subito al primo consiglio Figc (ristori, impianti chiusi, ripartenza del calcio di base e soldi), l'attesa per il secondo mandato che ha scadenza 2024 è in gran parte concentrata intorno al tema delle riforme. Non sarà facile, ad esempio, provare a ridurre l'area del professionismo. Tagliare la Serie A da 20 a 18 squadre? A parole piace a tutti, nei fatti la Lega Serie A sta chiudendo la cessione dei diritti tv per il prossimo triennio con un format che prevede 380 partite. Non una di meno.

E lo stesso vale per la Serie B su due livelli e 40 squadre complessive. O per playoff e playout che rappresentano da sempre una tentazione per Gravina, ma che sono stati sempre respinti. E poi ci sarà da fare spazio agli appetiti dei grandi club, alla incombente riforma della Champions League, all'allargamento del calendario internazionale e alla compressione fatale di quello interno. Tutto da fare cercando di scontentare meno persone possibile. Perché l'altra grande realtà è che un presidente sostenuto da A, B, Lega Pro, Assocalciatori e Assoallenatori non si era mai visto, ma adesso la sfida diventa tenere insieme le istanze di tutti.

Poi ci saranno le scommesse più visibili agli occhi dei tifosi: il comportamento della nazionale all'Europeo e il cammino verso il Mondiale, il nodo del contratto del ct Roberto Mancini, il dossier di Euro2020 da non vedersi sfuggire causa Covid (c'è il governo da convincere sulla possibilità di ospitare tifosi all'Olimpico) e i tanti progetti per stadi che languiscono, rallentati da questioni burocratiche. La Figc sta per mandare il suo capo Procura Giuseppe Chiné a fare il capo gabinetto del Mef del neonato esecutivo Draghi: potrebbe essere una sponda interessante. A patto di fare in fretta, perché di tempo se n'è perso anche troppo.

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Giovanni Capuano