Bullismo, ecco come sconfiggerlo
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Bullismo, ecco come sconfiggerlo

Fenomeno sempre più dilagante come dimostra l'episodio di Bollate. Gli esperti concordi: genitori e scuola devono vigilare di più

Quanto accaduto a Bollate (guarda il video ) non è purtroppo una novità, nemmeno l'eccezione.

Izzy era una ragazzina di 14 anni. Occhi celesti, piena di vita. Apparentemente senza problemi. L’hanno trovata morta a Londra. Si tratterebbe di suicidio, stando a quanto dicono i compagni, probabilmente dovuto al bullismo che subiva da tempo. Come quel quattordicenne che lo scorso 11 settembre si è gettato dal balcone a San Basilio, periferia est a Roma, perché accusato su un social network di presunta omosessualità. Ultimi casi, in ordine di tempo, di un fenomeno sempre più crescente e dilagante, anche a causa dei social network e della rete.

“Il bullismo è una forma di prepotenza ricorrente e continuativa: la vittima prova sentimenti dolorosi e angoscianti perché perseguitata da parte di uno o più compagni – spiega a Panorama.it Isabella Biondi , psicologa romana che si occupa di disagi dell’area relazionale, situazioni di disagio scolastico o lavorativo e disagi familiari - Oltre a vivere un drammatico senso di impotenza, poiché non sa come potersi difendere, il ragazzo subisce emarginazione da parte del gruppo dei coetanei”.

Significativi i dati di una ricerca europea finanziata dal progetto Daphne III e realizzata nel 2012, che ha coinvolto 16.227 giovani delle scuole superiori. All’indagine, realizzata in Italia da Telefono Azzurro, hanno partecipato oltre 5 mila studenti di età compresa tra i 12 e i 18 anni. Il 15 per cento degli intervistati ha dichiarato di essere stato vittima di bullismo o cyberbullismo. “Dalla ricerca emerge come la forma più comune di bullismo che gli studenti denunciano è l’uso di espressioni offensive e di prese in giro, il 58,3 per cento, che avvengono soprattutto in rete. Non è però da sottovalutare la percentuale di violenza fisica che raggiunge il 23,6 per cento – sottolinea a Panorama.it Ernesto Caffo, fondatore di Telefono Azzurro e docente di neuropsichiatria infantile all’Università di Modena e Reggio Emilia –. Nel 48 per cento dei casi le vittime appaiono irrimediabilmente sole e dichiarano di non avere un buon rapporto con i compagni di classe e dunque di non trovare facilmente aiuto da parte loro. Quasi il 50 per cento degli adolescenti testimoni di questi episodi, a scuola come online, dichiara di non essere intervenuto a favore della vittima, per paura delle conseguenze o per impotenza sul come poter essere d’aiuto”. 

SCUOLA E GENITORI PROTAGONISTI POSITIVI

Data questa tendenza al silenzio da parte dei ragazzi che sono vittime di bullismo, è importante che i genitori prestino attenzione ad alcuni campanelli di allarme. Se, per esempio, il ragazzo ha spesso vestiti stracciati o sgualciti, se ha lividi, ferite, tagli e graffi per i quali non riesce a fornire una spiegazione, se non invita a casa i compagni di classe o i coetanei e raramente trascorre del tempo con loro, se ha paura di andare a scuola, se la mattina ha spesso mal di stomaco o mal di testa e ha frequenti sbalzi di umore, irritazione o scatti di ira.

La strategia migliore per combattere il bullismo, nelle scuole e online, è la prevenzione, alla base della quale c’è la promozione di un clima emotivo, sociale e culturale in grado di scoraggiare sul nascere i comportamenti di prevaricazione, prepotenza e denuncia – aggiunge Caffo -. Contro il bullismo si dovrebbero attivare sia la scuola che la famiglia: è importante che genitori e insegnanti comunichino tra loro, e si metta in atto un intervento condiviso e coerente. Se un genitore ha il sospetto che il proprio figlio sia vittima o autore di episodi di bullismo a scuola, la prima cosa da fare è parlare e confrontarsi con gli insegnanti. Viceversa, se è un insegnante ad accorgersi di atti di bullismo, dovrebbe individuare insieme ai genitori una strategia condivisa per porre fine alle prevaricazioni”.

“Il contesto terapeutico familiare è spesso molto utile in questi casi – evidenzia la psicologa -. La terapia familiare sarà orientata a sostenere i genitori nell’aiutare i propri figli in questo particolare momento della loro crescita, a lavorare sul riconoscimento delle emozioni proprie ed altrui e ad aiutare il ragazzo vittima di prevaricazioni ad elaborare i propri vissuti”.

Oggi le forme di violenza sono cambiate, sulla scia dei mutamenti radicali del sistema sociale, e sempre più spesso passano attraverso Internet e la rete. Cyberbullismo e sexting ne sono solo i fenomeni più recenti, sebbene già molto diffusi e con conseguenze potenzialmente gravissime, come evidenziano i casi di cronaca che tutti i giorni sentiamo. Da una recente indagine (2013) di Telefono Azzurro ed Eurispes, il 12,4 per cento dei bambini riferisce di aver trovato online sue foto private che non aveva condiviso o sue foto che lo mettevano in imbarazzo per il 10,8 per cento. L’8,3 per cento ha visto pubblicati in rete video privati, il 7,1 per cento rivelazioni su propri fatti personali, il 6,7 per cento video in cui egli stesso era presente che lo hanno imbarazzato.

“I fattori sono molteplici. Il primo è la ancora poca dimestichezza di molti genitori non tanto sulle modalità di utilizzo della rete quanto sulla consapevolezza di come i loro figli si comportano, non solo online ma anche offline – dichiara il presidente di telefono Azzurro -. La seconda è il poco dialogo che esiste sul fenomeno tra genitori e figli. Dalla medesima indagine emerge che nell’ultimo anno il 21,6 per cento dei ragazzi intervistati ha ricevuto offese immotivate, ma i genitori ne sono consapevoli solo nel 14,2 per cento dei casi”.

“Una volta che persecutori e vittime si sono insediati nel loro ruolo, non è facile uscirne. È molto frequente invece che continuino a recitare la stessa parte all’infinito, pena la perdita della propria identità. Bullo e vittima sono posti in una forte asimmetria di potere. La vittima apparentemente non fa nulla per provocare l’aggressore che invece la ricerca attivamente. Il comportamento si ripete nel tempo.”, evidenzia la Biondi. Gli fa eco il professor Caffo: “Per le vittime il rischio è quello di manifestare il disagio innanzitutto attraverso sintomi fisici o psicologici, associati ad una riluttanza nel frequentare i luoghi in cui questi episodi si verificano. In caso di prevaricazioni protratte nel tempo, le vittime mostrano una svalutazione di sé e delle proprie capacità, insicurezza, difficoltà relazionali, fino a manifestare, in alcuni casi, veri e propri disturbi psicologici, tra cui quelli d’ansia o depressivi. I bulli possono presentare un calo nel rendimento scolastico, difficoltà relazionali, disturbi della condotta. L’incapacità di rispettare le regole può portare, nel lungo periodo, a veri e propri comportamenti antisociali e devianti o ad agire comportamenti aggressivi e violenti in famiglia e sul lavoro”.

LE INIZIATIVE PER LA LOTTA AL BULLISMO

Per favorire un dialogo più aperto legato alla rete tra genitori e figli Telefono Azzurro, insieme a Google, ha presentato il progetto “PlayTech”, nato con lo scopo di coinvolgere due generazioni, ragazzi e genitori, in un confronto aperto e una formazione reciproca sulle nuove tecnologie. Nei suoi laboratori formativi , rivolti alle scuole primarie e secondarie, Telefono Azzurro aiuta inoltre i ragazzi a sviluppare una maggiore consapevolezza, capacità di riconoscimento e comprensione del bullismo e trova con loro modalità di reagire in maniera positiva in difesa della vittima.

Per garantire che internet sia un luogo sempre più sicuro, anche in Italia è stato istituito il Safe internet center, progetto coordinato dal ministero della Pubblica istruzione, finalizzato a rendere internet un “luogo più sicuro per gli utenti più giovani e co-finanziato dalla Commissione europea nell’ambito del programma “Safer Internet”.

Un progetto molto interessante è “Sbullona...ti, liberiamoci dal bullismo ”, promosso dalla Onlus “L’Albero della Vita”, un’organizzazione che opera su tutto il territorio nazionale e in alcuni paesi in via di sviluppo promuovendo servizi per la tutela dei minori in condizioni di disagio. Il progetto raggiungerà 1300 ragazzi delle scuole medie di Roma, Catanzaro e Lamezia Terme, zone molto colpite dal fenomeno. Si punterà su un approccio innovativo, basato su un percorso di educazione socio-affettiva per i giovani e per le figure che vi hanno a che fare. Gli studenti saranno anche coinvolti in una campagna di sensibilizzazione pensata e lanciata da loro stessi, per essere promossa attraverso un sito internet e i social media.

 

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Marino Petrelli

Ho studiato comunicazione all'Università La Sapienza a Roma e mi sono specializzato in nuovi media e tecnologie digitali. Scrivo principalmente di scienze, temi green e farmaci, ma mi occupo anche di comunicazione politico istituzionale e di organizzazione di campagne elettorali. Ho una grande passione per il basket e sono il responsabile di Supporter's Magazine, rivista ufficiale legata alla New Basket Brindisi.

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