OMICIDIO DI BUDRIO
ANSA/GIORGIO BENVENUTI
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Budrio e gli altri casi di criminali braccati dalla Polizia

Dal killer del barista nel bolognese all'evaso dal carcere di Gallarate, ecco casi più eclatanti che hanno impegnato le Forze dell'ordine

Igor Vaclavic alias Norbert Feher, il killer di Budrio, a sfidato le forze dell’ordine fino al 15 dicembre. Il giorno del suo arresto. Nei luoghi in cui si erano concentrate le ricerche del serbo, indagato anche per l’omicidio di Portomaggiore, era scomparsa una piccola imbarcazione, poco più che una zattera.

La barchetta era di un contadino e la sparizione è emersa proprio durante il perlustramento in corso da parte delle squadre di carabinieri dei Reparti speciali del Gis e del Tuscania nei casolari della zona. La piccola imbarcazione era utilizzata dal proprietario per i brevi spostamenti nel dedalo di canali e acquitrini dell'area non bonificata, dove erano in corso, da aprile, le ricerche dell’uomo che braccato è stato arrestato in Spagna dopo un conflitto a fuoco.

Ma assieme a Igor Vaclavic, in passato, altri killer hanno provato a sfidare le forze dell’ordine ma la loro fuga, più o meno lunga è finita con una cattura o la morte.

Le ricerche a Varese di Cutrì
Proprio gli uomini dei carabinieri del Gis mettono, nel 2014, la parola fine alla lunga fuga durata sei giorni, di Domenico Cutrì, ergastolano evaso dal carcere di Gallarate in un modo spettacolare, per quanto sanguinoso, dove persero la vita anche degli agenti della polizia penitenziaria. 

I carabinieri del Gis, che fanno irruzione in un casolare di Inveruno, sorprendono Cutrì mentre stava dormendo con accanto una pistola con un colpo in canna. Non ha neanche fatto in tempo a prenderla, che già era braccato. Con lui i militari trovarono Luca Greco, pregiudicato 35enne che aveva preso parte alla spedizione per liberarlo. Le sue serrate ricerche tra boschi, campagne e casolari durò quasi una settimana.

Lo spietato Liboni
Luciano Liboni, detto il Lupo, divenne uno dei più noti criminali italiani per il modo spettacolare in cui avvenne la fine della sua lunga latitanza, che segnò anche l'epilogo della sua vita, quando, nell'estate 2004, si rese protagonista di una fuga disperata per l'Italia centrale

Il 21 luglio 2004 Liboni viene ricoverato all'ospedale di San Piero in Bagno con un documento falso che reca il nome di Franco Franchini. Ha una frattura del setto nasale ed è ferito alla mano. Dichiara di essersi procurato queste lesioni in un incidente di moto presso Sarsina.

Dopo una notte di degenza, si fa dimettere e si reca a Pereto di Sant'Agata Feltria, fermandosi in un bar dal quale telefona verso lo Sri Lanka. Nell'esercizio, però, entra per caso l'appuntato scelto dei Carabinieri Alessandro Giorgioni, che gli chiede i documenti. Per tutta risposta, il Lupo lo attira fuori dal bar e lo uccide a sangue freddo sparandogli al collo e al cuore.

Fuggendo, Liboni imbocca la Tiberina in direzione sud, verso l'Umbria. Viene avvistato in un'area di servizio presso Canili di Verghereto.
Le ricerche investono molte regioni dell'Italia centrale, soprattutto Umbria, Lazio e Abruzzo.

Liboni è segnalato a Roma, dove anche alla stazione Termini spara contro alcuni agenti di polizia. Dopo lo scontro a fuoco, commette un nuovo sequestro e scompare di nuovo. Il prefetto, all'epoca, Achille Serra avverte che si tratta di un uomo particolarmente pericoloso perché disperato, consapevole di essere malato di AIDS, prossimo a morte e sembra aver iniziato a uccidere proprio dopo averlo appreso.

A Roma, al Circo Massimo, sentendosi ormai in trappola, il Lupo prende in ostaggio una turista francese e apre nuovamente il fuoco sui carabinieri. I militari rispondono e lo feriscono gravemente al capo, poi lo ammanettano. Liboni però non sembra voler arrendersi, al punto che tenta di recuperare la pistola e mena calci contro i soccorritori durante il trasporto all'Ospedale San Giovanni. Quando l'ambulanza giunge in ospedale, Liboni è già morto.

Ricerche serrate in Valnerina
Il 15 ottobre 1998, invece, i militari dell’Arma, nella Valnerina, sono impegnati nelle ricerche di Fortunato Ottaviani, 62anni. Braccato da giorni da trecento uomini armati, l’uomo mette paura. Ha ucciso due persone. A bruciapelo. E potrebbe uccidere ancora. Vecchi rancori sopiti e poi esplosi di colpo in una sorta di sfida, progettata con cura.

Il fuggitivo è armato: nella sua corsa disperata si è portato dietro un fucile, una pistola calibro 22 e molte munizioni.

La sua latitanza dura diversi giorni, poi i carabinieri dei reparti speciali ritrovano, non lontano dal luogo del secondo omicidio, a Preci, il cadavere di Ottaviani, morto suicida.

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Nadia Francalacci