Brasile, verso l'impeachment di Dilma Rousseff: tutte le tappe
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Brasile, verso l'impeachment di Dilma Rousseff: tutte le tappe

Il Senato ha a favore del procedimento di destituzione. Se anche il Parlamento darà l'ok, perderà i diritti politici per 8 anni

Il senato brasiliano ha votato a favore del procedimento di impeachment contro la presidente Dilma Rousseff, sospesa dalle funzioni per 180 giorni a partire dal 12 maggio scorso. Il via libera è arrivato dopo un lungo dibattito che si è concluso durante la notte con 59 voti a favore e 21 contrari. Rousseff è ora quindi considerata responsabile delle accuse di pratiche contabili illegali che le vengono rivolte e sarà sottoposta al voto finale del Parlamento, che dovrebbe avvenire il prossimo 25 o 26 agosto. Con l'ok del parlamento, sancire bbe la sua destituzione dalla carica di Presidente.

Già il 4 agosto scorso la commissione speciale del Senato sull'impeachment della presidente brasiliana aveva approvato il rapporto del relatore Antonio Anastasia, esprimendosi a favore della prosecuzione del processo contro il capo di Stato. Il Senato aveva approvato l'apertura del procedimento di impeachment nei confronti della prima presidente donna del Brasile nel maggio scorso, di fatto interrompendo bruscamente - dopo oltre 13 anni - la leadership del Partito dei lavoratori fondato dall'ex presidente Lula e travolto dalle ultime inchieste giudiziarie.

Le accuse

Rousseff negli ultimi mesi ha definito "fraudolento" il procedimento di impeachment, paragonandolo a "un vero golpe". La presidente è accusata dalle opposizioni di non aver saputo fronteggiare la grave crisi economica, di aver sperperato risorse pubbliche per programmi sociali e di aver gettato discredito sulle istituzioni. Ad incrinare l'immagine dell'ex guerrigliera marxista di origine bulgara anche gli scandali di corruzione che hanno decapitato i vertici del suo Partito dei lavoratori ed hanno coinvolto anche l'ex presidente Lula.

Il precedente

L'impeachment della presidente Rousseff ha un solo precedente nella storia del Brasile post dittatura, quello di Fernando Collor de Mello, che si dimise prima del voto del Senato travolto dalle accuse di corruzione. Dimissioni escluse, almeno per il momento, da Rousseff, che ha annunciato l'intenzione di volersi battere ''con tutte le forze'' contro quello che definisce ''un golpe contro il governo democraticamente eletto''.

Le colpe

Dilma, come ha ammesso anche il leader dell'opposizione, Aecio Neves, da lei sconfitto alla presidenziali del 2014, paga soprattutto "per la sua incapacità di governare il Paese", alle prese con una grave crisi economica che lo ha portato alla recessione. Ad incrinare l'immagine dell'ex guerrigliera marxista di origine bulgara anche gli scandali di corruzione che hanno decapitato i vertici del suo Partito dei lavoratori ed hanno coinvolto direttamente anche l'ex presidente Lula, suo mentore politico. Due fattori che hanno convinto gli alleati centristi a voltarle le spalle e a stringere accordi con la destra per governare il Paese. Un golpe bianco, secondo Dilma.

Le possibili elezioni anticipate

Il vice presidente Temer, che ha assunto la guida del paese ad interim, rischia anch'egli una analoga procedura, che spianerebbe la strada al presidente della Camera, Eduardo Cunha, che Dilma ritiene essere il suo vero sicario politico. Cunha è coinvolto in numerosi procedimenti giudiziari per presunta corruzione e un suo governo, hanno messo in guardia sindacati e movimenti sociali, innescherebbe forti tensioni sociali nel Paese. Per questo motivo, il Pt sta cercando di raccogliere il maggior numero di adesioni alla proposta di elezioni anticipate, che comincia ad essere vista con favore anche da alcuni dei 25 partiti presenti in parlamento 

EPA/IANO ANDRADE

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Redazione