Aung San Suu Kyi e la Birmania
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Aung San Suu Kyi e la Birmania

Dalla separazione dall'India Britannica alla giunta militare e ai colpi di stato, la lunga strada verso la democrazia

In attesa di conferme della vittoria dell'entità della vittoria di Aung San Suu Kyi e del suo partito, la Lega nazionale per la democrazia, e soprattutto degli sviluppi politici di questa svolta storica, vediamo la storia della leader premio Nobel per la pace nel 1991, nel flusso della storia del Myanmar.

Nel 1937 la Birmania viene separata dall'India Britannica, assumendo lo status di colonia della Corona inglese. Durante la guerra è invasa dai Giapponesi nel 1942 con l'aiuto di parte dell'esercito birmano. Saranno gli stessi militari con un rovesciamento di fronte a portare alla resa giapponese in supporto agli Inglesi nel 1945, anno di nascita di Aung San Suu Kyi.

L'esercito Antifascista Birmano (AFPFL) era guidato dal padre di Aung Suu Kyi, il generale Aung San. Nel 1947 Quando Suu Kyi ha appena due anni, il padre viene assassinato dall'opposizione nazionalista che porta la Birmania all'indipendenza dalla Gran Bretagna già privata di ogni forma di democrazia e caratterizzata sin dall'inizio dalla frammentazione e dall'instabilità del governo militare. 

La piccola Aung San Suu Kyi lascia la Birmania assieme alla madre intellettuale e diplomatica per l'India e quindi per la Gran Bretagna dove si laureerà ad Oxford nel 1967. Negli anni della sua assenza di Suu Kyi dalla sua terra, la Birmania vede susseguirsi trame di palazzo all'interno della giunta militare fino ad un primo vero colpo di stato che porta al potere il Generale Ne Win, che inaugura la "via birmana al socialismo", eliminando ogni forma di opposizione.

Nei primi anni '80 il paese è segnato da una continua ondata di proteste, regolarmente represse nel sangue. 

Aung San Suu Kyi torna in Birmania nel 1988, proprio durante la fase più cruenta dell'azione della giunta militare. Poco dopo è posta dai militari agli arresti domiciliari. Nonostante l'opposizione democratica avesse vinto le elezioni-farsa del 1990, la giunta ignora il risultato di fronte agli occhi del mondo. Mentre la leader dell'opposizione democratica è agli arresti, le viene conferito il Premio Nobel per la Pace nel 1991, che potrà ritirare solo più di vent'anni dopo. La pressione internazionale obbliga la giunta ad una prima liberazione di Aung San Suu Kyi nel 1995.

La liberazione è un fuoco fatuo, mentre il governo continua nelle azioni repressive contro gli oppositori del Partito Democratico (NLD). La leader è nuovamente posta ai domiciliari mentre il paese si avvia al terzo millennio in piena crisi economica e con gravi tensioni militari al confine tailandese. Mentre Suu Kyi è nuovamente in arresto, un tentativo di democratizzazione è fermato nuovamente dalle trame degli alti comandi militari che non si fermano neppure di fronte alle minacce dell'ONU, aiutati in questo caso dal veto della Russia e della Cina. 

Nel 2007 è la crisi economica che genera una nuova grande ondata di protesta popolare, dovuta all'aumento dei prezzi dei combustibili. Alle manifestazioni si uniscono i monaci buddisti. Ad Aung San Suu Kyi è permesso di incontrare i monaci dopo oltre 4 anni di reclusione. Nel 2008 è la volta di una serie di attentati in tutto il paese. Le bombe sono attribuite dal governo all'opposizione. Nonostante la concessione di una riforma elettorale, Aung San Suu Kyi è bandita da ogni forma di partecipazione alle cariche politiche in Birmania. Nel maggio dello stesso anno un terribile ciclone devasta il Paese, generando una grave crisi umanitaria e la morte di oltre 130.000 persone. La giunta non cede sulla liberazione della leader democratica, che resta confinata.

Nonostante l'inasprimento delle sanzioni economiche già in atto dal 2006, nel maggio 2009 inizia il processo alla leader Suu Kyi con un pretesto: quello di aver violato gli arresti ricevendo la visita di un cittadino Usa. La giunta promette parallelamente un'ennesima legge elettorale-farsa, con la commissione di controllo di nomina diretta da parte dei militari. Il Partito Democratico invita al boicottaggio. Le elezioni sono caratterizzati dai brogli della giunta nelle prime elezioni dopo 20 anni.

Il nuovo presidente della giunta, Thein Sein, manda segni distensivi allentando la morsa con Aung San Suu Kyi ed incontrandola. Il regime birmano si avvicina alla fine, lacerato dagli scontri etnico-religiosi con le fazioni musulmane e dall'isolamento politico. Nel 2012 il presidente Thein Sein dichiara l'accettazione di Suu Kyi in caso di vittoria alle elezioni. Nell'agosto del 2015 Thein Sein rassegna le dimissioni.

L'8 novembre 2015 Aung San Suu Kyi trionfa nelle elezioni politiche con oltre il 70% di voti.


Imperial War Museum
L'esercito giapponese invade e occupa la Birmania nel 1942.

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Edoardo Frittoli