"Io, anti euro per salvare l'Europa"
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"Io, anti euro per salvare l'Europa"

L'ex presidente di Confindustria tedesca, Hans-Olaf Henkel, non crede a Merkel e a Renzi, si fida degli italiani ma non dei francesi ("non hanno fatto niente", dice). E soprattutto non vuole più l'euro

Il curriculum parla da sè: dopo una carriera in Ibm (di cui è stato numero uno per Europa, Africa e Medio oriente) Hans-Olaf Henkel ha passato cinque anni alla presidenza della Confindustria tedesca, dal 1995 al 2000. È stato nel consiglio di sorveglianza di Bayer, Continental, DaimlerChrysler Aerospace e Ringier. Ha lavorato come consulente per Bank of America. Poi, nel 2014, insieme a un professore di Economia (Bernd Lucke, uscito in polemica dalla Cdu) ha fondato il primo e unico partito euroscettico tedesco: Alternative für Deutschland.

Cosa la porta in politica?
La delusione che mi hanno dato i politici. La Germania era l’unico paese dell’Ue in cui non c’era nemmeno un parlamentare che esprimesse dubbi sull’euro. Mi sembrava una cosa pazzesca e visto che nessun politico dimostrava coraggio ho deciso di diventare un politico io stesso, fondando un partito.

L’Unione Europea fa bene all’Europa?
Sì, senza l’Ue non avremmo avuto il successo che abbiamo avuto negli ultimi decenni. Credo in un’Ue democratica, ma non credo in un’Ue armonizzata a forza, con poca democrazia.

Ma l’euro non dà vantaggi eccessivi a voi tedeschi?
L’euro sta danneggiando sia l’Italia che la Germania: è una moneta troppo forte per l’Italia (rende difficile la vita di chi esporta) e troppo debole per la Germania (soffriamo per colpa dei tassi d’interesse molto bassi). Questa moneta è come un vestito in taglia unica, che è troppo largo per l’Italia e troppo stretto per la Germania.

C’è una qualche ragione per cui dovremmo restare insieme nell’euro?
Nessuna. Gli euro-romantici stanno cercando di cambiare i diversi sistemi fiscali e le diverse culture economiche per adattarle a una moneta unica. Il mio partito pensa l’opposto: è la moneta che deve piegarsi alla realtà economica di un paese.

Come possiamo rispettare limiti come quelli imposti dal Fiscal compact quando paesi come la Francia non li rispettano?
Il Fiscal compact è morto, così come il Trattato di Maastricht. È vero, la Francia non l’ha rispettato, ma il governo italiano non farà lo stesso? Non conosco nessun economista in Germania che sia disposto a credere a Matteo Renzi quando dice che rispetterà i limiti del Fiscal compact.

Lei è stato un grande manager. Se dovesse fondare una piccola o media impresa in Europa oggi, che paese sceglierebbe?
Fosse per me non investirei in nessun paese dell’Eurozona. Andrei in Polonia, Repubblica Ceca, Danimarca, Svezia, Gran Bretagna o Svizzera.

Perché?
Perché questi paesi hanno mantenuto il controllo della loro moneta. Non sono soggetti a costanti lezioni su cosa devono fare da parte della Germania, della Commissione Ue o della Troika.

A noi sembra che siate voi tedeschi a controllare l’euro.
Capisco la vostra prospettiva e me ne dispiace. È una conseguenza logica della moneta unica, perché Merkel e Schauble sono i rappresentanti dei paesi potenzialmente creditori, che si sentono in dovere di dire a tutti gli altri cosa fare. Non è una cosa buona che la Germania voglia immischiarsi costantemente nella politica italiana.

A che paesi si riferisce?
Germania, Austria, Finlandia e Olanda.

Cosa avete fatto voi tedeschi che noi non abbiamo fatto?
Non credo che la Germania sia necessariamente meglio dell’Italia. Mi ricordo bene com’erano le cose negli anni Novanta, prima dell’euro: eravate un concorrente formidabile per l’industria tedesca. Quando perdevate in competitività potevate svalutare la vostra moneta, una cosa che oggi non potete fare. Oggi lavorate in una condizione svantaggiosa e ingiusta: l’euro è troppo forte per voi.

Lei è mai stato favorevole all’euro?
Ho perso il mio entusiasmo in fretta, ma ho cambiato davvero idea sull’euro solo dopo il salvataggio della Grecia. È stata una violazione palese dei Trattati di Maastricht, che proibiscono che un paese sia diretto da un altro.

La Grecia è tornata a emettere bond sul mercato. Significa che il salvataggio, alla fine, ha funzionato?
No, è solo propaganda da parte del governo tedesco e dell’Ue. Basta guardare ai numeri: il debito totale della Grecia è più grosso di quanto non fosse prima del salvataggio. Sono sicuro che dopo le elezioni si parlerà di un ulteriore salvataggio della Grecia. Ci stanno già lavorando. So che sul tavolo c’è un prestito a 50 anni con un tasso d’interesse dell’1 per cento: non è un presito, è un regalo.  

Il salvataggio della Grecia ha almeno messo al riparo i risparmi dei cittadini tedeschi?
È quello che dice il governo tedesco, che ormai è abituato a fare errori gravi e poi non volerli ammettere. È ovvio: il salvataggio della Grecia non è servito alla Grecia né alle sue banche, ma a quelle francesi. La Francia era la più esposta rispetto alla Grecia, furono il presidente Sarkozy, insieme alla sua ministra delle Finanze Christine Lagarde e all’allora presidente del Fmi Strauss-Kahn a premere su Merkel per intervenire. Dovevano salvare la banche francesi.

Merkel e Sarkozy impedirono un referendum in Grecia, che permettesse ai greci di dire se volevano essere salvati alle condizioni della Troika. Perché ai greci abbiamo concesso meno diritti che agli altri europei?
Ho imparato una cosa, durante questa crisi: è molto meglio chiedere alla gente. Pensiamo alla Danimarca o alla Svezia: la gente era contro l’euro, mentre l’industria lo voleva a tutti i costi. Oggi, il 73 per cento dei manager svedesi è contro la moneta unica. Se avessimo chiesto ai tedeschi se volevano rinunciare al marco la storia sarebbe diversa. L’euro è un progetto voluto dai politici, non dalla gente. Il fatto che Merkel abbia vietato un referendum in Grecia è il segno che l’Unione Europea è sempre di più antidemocratica.

La gente cosa dice del suo partito?
Quest’autunno, alle elezioni politiche tedesche, ci siamo fermati al 4,7 per cento. Ora i sondaggi ci danno tra il 6 e l’8 per cento. Entreremo nel Parlamento europeo, perciò veda lei.

Vede potenziali alleati nel Parlamento europeo?
Non abbiamo avuto discussioni con partiti italiani, abbiamo avuto qualche contatto con altri. Sappiamo con chi non vogliamo allearci: Le Pen, Wilders, Ukip, Lega Nord. Ma ci sono altri potenziali alleati: i conservatori inglesi e i diversi partiti dei paesi che non hanno l’euro e non lo vogliono (dei 9 paesi che sono nell’Ue ma non nell’Eurozona, solo la Romania ancora vuole l’euro).

Cosa pensa quando la paragonano alla Lega Nord e a Le Pen?
È un vecchio trucco, in Germania: spingere l’avversario nell’angolo, a destra. Vista la nostra storia, basta far dire ai giornali che sei di estrema destra e vieni subito screditato. Noi invece siamo di centro.

Lei si fida di Matteo Renzi?
Bisogna dare una chance a tutti e devo dire che Renzi ha portato una ventata d’aria nuova nella politica italiana. Mi disturba e mi sorprende l’ingenuità che dimostra. Ha molto da imparare, ancora. Non credo alle sue promesse economiche, trovo che ci sia troppa opposizione alle riforme che vuole fare. È comunque improbabile che riesca a rispettare i limiti europei, anche se riuscisse a relizzarle tutte (e in fretta).

Secondo lei l’Italia mette a rischio la tenuta dell’Ue?
Assolutamente no. Ho una grande fiducia nell’impreditoria italiana, specialmente in quella del nord che è sempre stata produttiva e creativa. Spero di non essere frainteso: le statistiche non tengono conto dell’economia sommersa che c’è in Italia. Non voglio certo dire che va tollerata, ma voglio dire: il solo fatto che c’è è che è vasta dimostra che il paese è più in salute di quanto non dicono le statistiche ufficiali. La vera minaccia è la Francia.

Perché?
È la seconda economia dell’Eurozona e, al contrario di Grecia, Portogallo, Irlanda e Spagna, che stanno facendo riforme dure e serie, la Francia non ha fatto niente. L’approccio francese è totalmente sbagliato: invece di liberalizzare il proprio sistema economico stanno aumentando l’interventismo statale. Loro ci chiedono di ridurre le nostre esportazioni o di aumentare i nostri salari, per far abbassare la competitività tedesca. È una richiesta assurda, ma che a loro appare logica: visto che non sanno fare niente per diventare più competitivi, si aspettano che noi gli andiamo incontro. È pura follia.

Può esistere un’Ue senza Gran Bretagna?
No, sarebbe un disastro. Cameron chiederà ai suoi cittadini se vogliono restare nell’Ue o no e cosa vuole che rispondano? Per tenere insieme l’Eurozona si è abbandonata la ricerca della competitività e ci si è dati all’armonizzazione, la sussidiarietà è stata sostituita dalla centralizzazione, l’idea che ogni paese fosse responsabile del proprio debito è stata sostituita dalla socializzazione dei debiti. Non è quello che gli inglesi vogliono. La Gran Bretagna è l’ultima nazione nell’Ue in cui i politici non hanno perso il buonsenso.

C’è chi dice che un addio all’euro metterebbe in pericolo la stabilità dell’Ue, che è stata costruita per mantenere la pace. Che ne pensa?
È ridicolo. Prima della crisi, la Germania era il paese più apprezzato in Grecia, ora quando Merkel va ad Atene deve essere protetta da migliaia di poliziotti. È questa pace?

Magari è un momento di transizione.
No, sta peggiorando. Guardi, se abbiamo avuto la pace in Europa per gli ultimi 70 anni non è grazie alla democrazia, non alla moneta unica. Se continuiamo a litigare per colpa dell’euro e a violare gli accordi che abbiamo preso sarà l’euro a portarci al conflitto, altroché.

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Marco Pedersini

Giornalista. Si occupa di esteri. Talvolta di musica. 

Journalist. Based in Milan. Reporting on foreign affairs (and music, too). 

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