Accordo sul clima: ecco perché Trump forse ci ripensa
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Accordo sul clima: ecco perché Trump forse ci ripensa

Potremmo considerare la partecipazione al patto, dice, rendendolo più equo, con target di emissioni "meno punitivi" per l'America

"È un accordo con il quale non ho alcun problema, ma avevo un problema con l'accordo che hanno firmato (leggi l'amministrazione Obama) perché, come al solito, hanno fatto un cattivo accordo. Quindi potremmo in teoria rientrare".

Hanno fatto scalpore le dichiarazioni del presidente americano Donald Trump durante una conferenza stampa congiunta con la prima ministra norvegese Erna Solberg tenutasi mercoledì, anche se nella sostanza non fa che confermare la sua posizione di qualche mese fa, quando dagli accordi di Parigi Trump annunciò il ritiro degli Usa.

L'accordo, lo ricordiamo, prevede l'impegno dei paesi aderenti a mantenere l'aumento delle temperature globali "ben al di sotto" dei 2 °C rispetto ai livelli dell'era preindustriale, idealmente al di sotto di 1,5 °C di aumento. Con l'uscita voluta da Trump, gli Stati Uniti sono rimasti l'unico paese fuori dal patto, suscitando un'ondata di sdegno in tutto il mondo e la rivolta pacifica di molti stati e città americane che hanno confermato il proprio impegno nel taglio alle emissioni, dando qualche motivo di speranza di poter contenere i danni causati dal voltafaccia del nuovo presidente rispetto alle politiche ambientali della precedente amministrazione.

Cosa è cambiato?

L'accordo di Parigi così come è stato firmato "era molto ingiusto con gli Stati Uniti" secondo il presidente. "Era penalizzante per noi e ci rendeva molto difficile fare business, ci privava di molti dei nostri asset. Siamo un paese ricco di gas e carbone e petrolio e molte altre cose. Secondo alcune stime avremmo visto la chiusura di molte imprese per poterci qualificare entro il 2025, mentre per esempio la Cina non comincia a impegnarsi fino al 2030".

Come è nello stile di The Donald il discorso resta sempre molto sul vago.

Di quali stime parla il presidente? E che ne è della crescita della green economy che accompagnerebbe di pari passo il tramonto dei combustibili fossili e la eventuale chiusura delle relative aziende? Secondo Trump l'accordo avrebbe tolto all'America il suo "vantaggio competitivo". Come se per gli altri paesi rinunciare a estrarre e bruciare petrolio e carbone fosse facile e non rappresentasse una sfida per l'innovazione.

Quello che Trump sembrava aver dimenticato è che l'accordo, proprio per volere di Obama, è, e per il momento resta volontario, e non legalmente vincolante
È più l'espressione della buona volontà dei circa 200 paesi che aderiscono che non un trattato formale con obblighi e sanzioni. Forse è proprio questo il nodo cruciale che potrebbe cambiare le cose. Rinegoziare l'intero accordo, che ha richiesto anni di incontri globali per essere redatto, per venire incontro alle richieste di Trump pare improbabile, ma il presidente americano consapevole che senza la partecipazione degli Usa è davvero difficile centrare l'obiettivo, potrebbe manovrare per ottenere target di emissioni meno "punitivi". Il suo "teoricamente potremmo rientrare" può rappresentare una mano tesa, un'apertura al dialogo. Certo è che uscire dall'accordo, come Trump ha annunciato di voler fare a giugno, non sarà comunque rapido né semplice.

Come la Norvegia

La vera novità che emerge dalle ultime dichiarazioni di Trump è però il suo lato ambientalista, che non avevamo ancora conosciuto. "Ho molto a cuore l'ambiente", ha dichiarato. "Vogliamo avere acqua pulita, aria pulita, ma vogliamo anche aziende in grado di competere". Come trovare la quadra? "Una delle grandi risorse della Norvegia è una cosa chiamata acqua", ha detto Trump. "Hanno un'enorme potenza idroelettrica, enorme, infatti la maggior parte dell'energia o dell'elettricità è prodotta dall'idroelettrico. Vorrei che potessimo fare qualcosa di simile".

"Non possiamo vivere di rendita grazie al petrolio", aveva dichiarato la premier (conservatrice) norvegese Erna Solberg qualche mese fa annunciando la necessità per il suo paese di reindustrializzarsi, puntando di più sull'economia reale, su internet e sull'ambiente.

Chissà che non sia stata proprio Solberg durante la sua visita negli Usa a sussurrare nell'orecchio di Trump l'idea che sia possibile abbandonare il petrolioin favore dell'energia verde come il paese scandinavo, principale produttore di petrolio d'Europa, sembra intenzionato a fare.

Per saperne di più

  • Fuori dall'accordo di Parigi Trump è sempre più solo


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Marta Buonadonna