Net neutrality: quali rischi per l’Europa (e per l’Italia)
E quali invece le opportunità
In attesa di capire quali ripercussioni concrete avrà negli Stati Uniti l’aboragazione della Net Neutrality, sono in molti a chiedersi se anche in Europa c’è il rischio che - prima o poi - gli Internet Provider possano avere la facoltà di decidere se e come gestire la qualità del proprio traffico di rete in relazione ai contenuti passanti.
In gioco, come è stato più volte sottolineato, non c’è un cavillo tecnico, ma un principio fondamentale di Internet per come lo abbiamo inteso finora. Perché è evidente: un conto è fare della Rete un’autostrada più o meno veloce (in base alla larghezza di banda) ma nella quale sia garantito un accesso paritario a tutte le varie "strutture" presenti lungo il percorso (che siano siti, applicazioni, servizi, social network), altra cosa è invece lasciare agli operatori la facoltà di stabilire priorità (di velocità e traffico) su questo o quel contenuto sulla base degli accordi sottoscritti con i singoli content provider.
La situazione in Europa
L’Europa dei 27, lo ricordiamo, ha approvato nel 2015 un regolamento che stabilisce un principio fondamentale in totale antitesi a quello appena approvato dalla FCC sotto l’amministrazione Trump. E cioè che he gli operatori non possono in alcun modo discriminare il traffico, il che significa garantire equità nel trattamento delle comunicazioni e della discriminazione del traffico.
L’unica deroga alla regola è quella relativa ai cosiddetti servizi speciali, come quelli riguardanti la telemedicina e le auto che si guidano da sole, che in futuro necessiteranno di un altissima qualità di banda.
Le prospettive
Tuttavia sono in molti a pensare che quello che è successo negli Stati Uniti finirà per avere conseguenze anche nel Vecchio Continente. Sia perché il partito di coloro che si oppongono alla neutralità della rete ha molti proseliti anche dalle nostre parti, sia perché - bisogna dirlo - sul tema l'Europa non ha mai maturato una consapevolezza granitica.
Lo stesso regolamento del 2015, un testo a onor del vero piuttosto vago e generico, fu approvato solo dopo la decisione americana del 2015. "Ora che gli Stati Uniti tornano indietro", ha commentato il commisario Agcom Antonio Nicita, "c'è il rischio che gli avversari della net neutrality tornino alla carica formulando l'argomento che in questo momento sulla net neutrality siamo rimasti solo noi europei".
A un bivio
I prossimi mesi saranno quindi decisivi. L’Europa è attesa a un esame molto importante: dovrà decidere se fare della net neutrality un’assoluta regola aurea, un principio che abbia un valore costituzionale, e che di conseguenza sia rispettato come tale, o se invece piegarsi al volere dell’industria delle telecomunicazioni.
“Si mettono in discussione anche la libertà di innovare e di scegliere liberamente i servizi che vogliamo utilizzare”, commenta Fabiano Lazzarini, Country Manager italiano di Qwant, motore di ricerca alternativo a Google orientato a garantire il miglior livello di privacy degli utenti. "Se un domani i già ricchi protagonisti, che sono in una posizione dominante, potranno garantirsi una qualità di servizio privilegiata sulla Rete, le alternative e i nuovi servizi ne risentiranno". Con un evidente danno per le start-up e per tutte quelle nuove realtà emergenti che, seppure con proposte di altissimo valore, non potranno mai raggiungere il livello di accessibilità dei servizi che viaggeranno su una corsia preferenziale.